Autoscuole, Unasca lancia l'allarme: 30.000 posti a rischio

Autoscuole, Unasca lancia l'allarme: 30.000 posti a rischio
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L'Unione Nazionale Autoscuole Studi Consulenza Automobilistica lancia l'allarme: l'emergenza a rischio sta mettendo a repentaglio 30.000 posti di lavoro. A pesare è l'incertezza sul futuro
24 aprile 2020

La pandemia di Coronavirus sta mettendo in ginocchio molti settori: tra questi, anche il comparto delle autoscuole, che in Italia conta 7.000 attività e 30.000 occupati. Unasca, l'Unione Nazionale Autoscuole Studi Consulenza Automobilistica, lancia l'allarme: «La chiusura ha pressoché azzerato gli incassi e le incertezze sul futuro rischiano di condizionare pesantemente queste attività», spiega il segretario nazionale dell'associazione, Emilio Patella. 

Visto che le attività didattiche sono sospese dai primi di marzo, allo stato attuale delle cose «a preoccuparci è l’incognita sulle tempistiche per la riapertura e la ripresa di tutte le attività - si legge in una nota diffusa alla stampa dall'Unasca -: sono infatti sospese tutte le pratiche inerenti il conseguimento delle patenti di guida per migliaia di utenti, e il rinnovo per gli autisti professionali della carta di qualificazione del conducente (cqc), documento essenziale per poter circolare».

Il fermo delle attività per via delle misure per il contenimento dei contagi da COVID-19 ha portato all'azzeramento dei ricavi, ma non dei costi. «E ad oggi –  puntualizza Patella - nessun titolare ha ancora percepito il bonus di 600 euro e nessun dipendente è stato beneficiato della cassa integrazione. Il pericolo è che si continui a pensare all’istruzione come una attività a rischio contagio e che pertanto anche per le autoscuole si pensi ad una ripresa dopo l’estate. Una scadenza temporale che non ci possiamo permettere».

«Molti colleghi sono già al limite, anche perché da gennaio alle patenti di categoria B è stata applicata l’Iva al 22% e questo ha rallentato la richiesta da parte di molti giovani. Chiediamo dunque al Governo che sia data attenzione alla nostra situazione. Vogliamo riprendere a lavorare appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno, adottando tutti i dispositivi di protezione che l’Istituto di Sanità riterrà opportuni».

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