Bus in Irpinia, revisione falsa: 3 arresti. E chi doveva controllare le barriere?

Bus in Irpinia, revisione falsa: 3 arresti. E chi doveva controllare le barriere?
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Matteo Valenti
  • di Matteo Valenti
Sono scattati tre arresti per la tragedia del bus in Irpinia. Oltre al proprietario dell'autobus, sono finiti in manette anche due dipendenti della motorizzazione, accusati di aver falsificato la revisione. Ma nessuno va a guardare chi doveva controllare lo stato di salute delle barriere?
  • Matteo Valenti
  • di Matteo Valenti
3 luglio 2014

Porta ai primi risultati il processo che sta accertando le responsabilità sul disastro avvenuto quasi un anno fa in Irpinia, dove un bus è precipitato da un cavalcavia autostradale provocando la morte di 40 persone.

Tre arresti: il proprietario del bus e due dipendenti della Motorizzazione

La polizia stradale di Avellino ha arrestato Gennaro Lametta (il proprietario della Mondo Travel e del bus che precipitò all'altezza di Monteforte Irpino, sulla A16), e due dipendenti della motorizzazione civile di Napoli. Sono il funzionario tecnico Vittorio Saulino e l'impiegata Antonietta Ceriola. Questi ultimi sono anche accusati di avere falsificato la revisione del pullman, accedendo alla banca dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

 

Per i tre, la Procura ipotizza i reati di disastro e omicidio colposo plurimo in concorso. Lametta, Saulino e Ceriola sono stati prelevati stamattina dalla Polstrada nelle rispettive abitazioni, intorno alle 7, portati nella sede della Polizia Stradale di Mercogliano (Avellino) e successivamente trasferiti nella casa circondariale di Bellizzi Irpino. Il Gip del Tribunale di Avellino, Antonio Sicuranza, ha accolto le richieste di custodia cautelare, avanzate dai pm della Procura Cecilia Annecchini e Armando Del Bene, coordinati dal procuratore Rosario Cantelmo.

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Nella tragedia del bus in Irpinia sono morte 40 persone

Revisione falsa

Secondo gli inquirenti, infatti, la revisione del bus sarebbe stata effettuata soltanto sulla carta nei giorni successivi all'incidente. Il Volvo B12/60 targato DH561ZJ risulta immatricolato, per la prima volta, in Umbria, nel 1998, immatricolato di nuovo nel 2008 e poi ha ottenuto i certificati di revisione nel 2013. Per superare la revisione, il bus avrebbe dovuto essere sottoposto a interventi per 15mila euro. Interventi che, invece, secondo l'accusa, non sarebbero mai avvenuti. Gennaro Lametta, che è anche presidente provinciale della Federnoleggio, ascoltato di recente, avrebbe dichiarato che delle revisioni dei bus si occupava il fratello Ciro, l'autista deceduto quella tragica sera di luglio, e un altro suo dipendente.

 

Al momento non si esclude, peraltro, che lo stesso "modus operandi" sarebbe stato usato per avere il nullaosta anche per un altro bus della Mondo Travel. Intanto, nell'ambito delle indagini, fa capolino anche l'ipotesi che esista un rodato "sistema" messo in piedi per ottenere i certificati di idoneità dei veicoli, evitando di sottoporli a interventi di manutenzione. Un'eventualità che porrebbe un quesito inquietante: quanti altri bus come il "pullman della morte" circolano sulla strade e autostrade della Campania? Non si esclude che le indagini possano essere presto approfondite per accertare altre eventuali responsabilità e scoprire eventuali falle nella concessione dei nullaosta.

Gli arresti di oggi «aprono uno spaccato raccapricciante, in particolare sui presunti comportamenti dei due funzionari della Motorizzazione Civile

 

Secondo il sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia, comune dove risiedeva la maggior parte delle 40 vittime della strage del bus di Monteforte Irpino, gli arresti di oggi «aprono uno spaccato raccapricciante, in particolare sui presunti comportamenti dei due funzionari della Motorizzazione Civile». In Campania la regolamentazione che disciplina i controlli è meno rigida di quella in vigore in altre regioni. L'ultimo atto in materia di controlli su veicoli adibiti al trasporto di persone risale al 2003: si tratta di un disegno di legge redatto dall'allora assessore regionale ai Trasporti Ennio Cascetta, non ancora sottoposto all'esame del Consiglio regionale.

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Se quelle barriere New Jersey non si fossero spostate quelle persone non sarebbero precipitate nel vuoto

Quelle barriere non dovevano cedere. Possibile che nessuno va a controllare?

Come abbiamo visto l'indagine in pratica continua a puntare il dito contro chi è accusato di aver falsificato la revisione, ma, a nostro avviso, si sta perdendo di vista un'latra questione fondamentale. Quella maledetta barriera New Jersey posizionata sul ciglio del cavalcavia Acqualonga non avrebbe dovuto mai cedere, ma nemmeno spostarsi di un millimetro. Per nulla al mondo, nemmeno se ad impattare fosse stato un tir da 10 tonnellate. Invece la barriera in cemento armato si è spostata eccome ed è scivolata via come burro al sole, visto che non era più ancorata all'asfalto, ma semplicemente appoggiata. Certo, al pullman non si sarebbero dovuti rompere i freni e la revisione non sarebbe dovuta essere falsa, non ci sono dubbi. Ma anche quella barriera non avrebbe dovuto spostarsi.

 

Del resto è lì apposta per proteggere veicoli dalla caduta in casi eccezionali o in incidenti particolarmente gravi. Come si sono trovati i presunti responsabili della falsa revisione, bisognerebbe andare a cercare anche chi avrebbe dovuto accertarsi dello stato di salute di quei New Jersey.

 

Ci sarà un responsabile che non si è occupato debitamente della manutenzione di quel tratto di strada. Se lo avesse fatto e quelle barriere fossero state efficienti, freni rotti o meno, quelle persone non sarebbero precipitate nel vuoto. Anche se la revisione fosse stata falsa. 

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