Cross-Country Rally. Il Mitico Raly Dos Sertões e la nostra storia

Cross-Country Rally. Il Mitico Raly Dos Sertões e la nostra storia
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Pronto a festeggiare il quarto di secolo, il Sertões è un Rally speciale, il meglio delle atmosfere e delle ambientazioni brasiliane che si fondono in un clima, agonistico e umano, unico. Il Rally prepara un’edizione celebrativa da capogiro, e pensa al Mondiale
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
19 settembre 2016

Palmas (Tocantins), 19 settembre. “Sertão”, dicono, è la forma contratta del termine portoghese “desertao”, “desertone”, e i Sertões sono i deserti brasiliani.

Con una storia alle spalle, il Raly dos Sertões è da quasi un quarto di secolo il riferimento dei Rally sudamericani. L’edizione numero 24, appena conclusa, contava quasi 250 partecipanti, per una carovana di oltre 2.000 persone, distribuiti nelle categorie Moto, Auto, Quad e UTV. Il percorso del Rally, a quanto pare uno dei più duri che la storia ricordi, copriva 3.500 chilometri, di cui tre quarti di prove speciali, in 7 tappe attraverso gli stati brasiliani di Goias, Bahia e Tocantins. Partenza da Goiania, e arrivo a Palmas, nello stato di Tocantins, e concorrenti per la maggior parte brasiliani, ma con un buon numero di “stranieri”, sudafricani, uruguaiani e… italiani. Un solo Equipaggio italiano, per la verità, in corsa, quello formato da Roberto Camporese e Umberto Fiori con una Mitsubishi, in gara con una Mitsubishi, classificati al 31° posto assoluto ma con una rottura all’attivo.

In piena Amazzonia, il percorso è generalmente… difficile, indefinibile globalmente a causa della grande varietà di terreni e di paesaggi

In piena Amazzonia, il percorso è generalmente… difficile, indefinibile globalmente a causa della grande varietà di terreni e di paesaggi. Le lunghe volate sulle piste di terra rossa attraverso la giungla tropicale sono solo un esempio emblematico, ma i Concorrenti del Sertões trovano nei giorni dell’Avventura piste da trial, enduro a volontà, fiumi e letti sabbiosi, depressioni rigogliose e pietre a volontà sulle piste di montagna. La navigazione, “delicata”, può portare a conseguenze “drammatiche” se si sbaglia strada. Può capitare, infatti, di finire in zone molto difficili, nei labirinti inestricabili della boscaglia, in posti difficili e insidiosi. Non parliamo, naturalmente, di puma e di alligatori, quelli sono riservati ad altre, ancora più inesplorate zone ma, insomma, è conveniente avere sempre sotto controllo la situazione geografica. Vent’anni fa non erano situazioni da prendere sotto gamba. Oggi, con i più perfezionati sistemi di tracking e di controllo, è un’altra storia.

Comunque, a partire dall’atmosfera del tutto particolare di questo Rally, il Sertões ripropone ogni anno un evento sportivo di altissimo livello in cui confluiscono gli elementi di una occasione sempre speciale.

Rally incerto e combattuto e, infatti, i comunque difficilissimi pronostici non sono stati rispettati. Colpa dei… colpi di scena, e della complessità della Corsa. Ci si aspettava la settima vittoria del recordman Jean De Azevedo, sei vittorie all’attivo, ma l’idolo dei brasiliani ha rotto la catena della sua moto ed è rimasto un giorno fermo, e ad aggiudicarsi la 24ma edizione è stato un nome nuovo, quello di Gregorio Caselani. Non uno sconosciuto comunque, perché il 29enne di Caxias do Sul, in corsa con una Honda, aveva già vinto una categoria del Sertões ed è stato campione brasiliano di Enduro, Bajas e Cross-Country. Analogamente, la gara delle Auto ha premiato, in luogo dei ricorrenti Varela o Spinelli, l’Equipaggio composto da Cristian Baumgart e Beco Andreotti, due appassionati non professionisti con un prototipo Ford Ranger che inseguivano il sogno da 17 anni.

Ma veniamo a noi.

Vent’anni fa sono andato a seguire il Raly dos Sertões . Il Rally inventato da Dionisio Malheiros, personaggio incredibile e già vicino a Franco Acerbis in quella comunione di Geni che dette vita anche all’indimenticabile Lima-Rio, era passato nelle mani di un imprenditore super appassionato e competente, Marcos Ermirio Moraes. La nuova gestione si prefiggeva traguardi ambiziosi e senza compromessi e, sotto la guida e la debordante inventiva di Moraes, era nata una società finalizzata alla sua organizzazione, la Dunas Race. Il Sertões si apprestava a diventare, di lì a… subito, il Rally più lungo, difficile e importante che si era mai corso in un solo Paese. Quel Paese è il Brasile, e questo indizio già dovrebbe bastare per spiegare, se non il successo fulmineo dell’evento, frutto di molto lavoro, almeno le specialissime atmosfere create da una corsa che è stata ed è epica.

L’attraversamento di tre quarti del Brasile passando per regioni lontane, difficili e quasi misteriose, fu un’esperienza eccezionale e un’avventura indimenticabile. Avevo già una “guida”, un amico perpetuo che correva in Macchina e che produce caschi in Brasile, Oswaldo, ma sentivo di essere a casa mia e che non avrei potuto avere il minimo problema, la più piccola noia che potesse anche solo infastidirmi

Andò così. Fui accolto come un re, in dieci minuti avevo diecimila amici e in venti eravamo una “banda” pericolosa. Del resto si trattava, tutti insieme già quasi un migliaio, di uno Squadrone. Il rally partiva da Sao Paulo, e sarebbe finito sulla spiaggia dell'Atlantico a Natal, nel Nord-Est Brasiliano oltre i territori dei Cangaçeiros, i leggendari ribelli… quasi gentiluomini. L’attraversamento di tre quarti del Brasile passando per regioni lontane, difficili e quasi misteriose, fu un’esperienza eccezionale e un’avventura indimenticabile. Avevo già una “guida”, un amico perpetuo che correva in Macchina e che produce caschi in Brasile, Oswaldo, ma sentivo di essere a casa mia e che non avrei potuto avere il minimo problema, la più piccola noia che potesse anche solo infastidirmi.

Ma… un problema, all’inizio, ce l’avevo. La vita del Rally era un’autentica Avventura. Il percorso era difficile, impegnativo sotto tutti i punti di vista, quelli tecnico e fisico in prima fila, e ogni sera, al campo, il briefing serviva anche per stabilire il piano di battaglia del giorno sucessivo, che l’Organizzatore, Marcos, elaborava consultandosi “live” con i ricognitori. Erano questi che, per la prima volta, e talvolta per primi, avevano attraversato i territori sconfinati attraverso i quali si avventuravano i Concorrenti. Avventura, è la parola giusta.

Sembrava tutto difficile… e lo era. Si partiva, i “media” come i crono, i medici e gli assistenti, scalati a seconda dell’urgenza e della strada da fare, sempre in ogni caso a notte fonda, spesso sulle stesse piste della Gara, con le stesse incognite di terreno e di navigazione. Il problema non era la generale atmosfera di vita dura e di incertezza operativa, ogni Equipaggio aveva ben presto imparato a sollecitare le migliori qualità di ciascuno dei componenti, ma la quotidiana, istruttiva evidenza che si era tutt’altro che infallibili. Vent’anni fa nessuno aveva un cellulare fuori dalle città, e nessuno un telefono satellitare o un GPS in grado di “perforare” la giungla amazzonica!

Si partiva, i “media” come i crono, i medici e gli assistenti, scalati a seconda dell’urgenza e della strada da fare, sempre in ogni caso a notte fonda, spesso sulle stesse piste della Gara, con le stesse incognite di terreno e di navigazione

Le comunicazioni, via radio con due aerei relais, erano prerogativa del team dell’organizzazione e della sicurezza, un vero e proprio esercito dotato di ogni tipo di mezzo. Parte integrante dell’Avventura, ogni persona impegnata nel Sertões faceva la sua corsa. Non solo i Piloti e i Navigatori iscritti al Rally. I più sacrificati erano senz’altro i cronometristi, costantemente a rischio, come noi ma più di noi, di arrivare in ritardo o di sbagliare il… waypoint della partenza o dell’arrivo. Una volta è successo, e la Prova Speciale è saltata, ma più comunemente succedeva che le classifiche uscivano con ritardi che potevano anche essere mostruosi. Ecco il mio problema.

Ero perseguitato dal pensiero di non riuscire a mettere insieme il materiale per le mie storie ogni giorno, e mi sconvolgeva che i concorrenti, arrivati alla destinazione di tappa, non si turbassero minimamente se non c’erano i risultati o se avevano fatto i 500 chilometri di una tappa annullata per niente. Peggio, sembravo essere il solo a preoccuparsi, sì, un poco gli organizzatori, e a chiedere, o a lamentarsi, ottenevo solo di essere preso per uno che aveva un problema tutto suo. Alla fine l’avevo capita. Ad ogni arrivo nessuno si sognava di andare in cerca del tabellone dei tempi o del PC Course, che nelle nostre gare e alla Dakar è perennemente sotto assedio. Le uniche urgenze avevano dei nomi in codice: Caipirinha, che veniva giù più copiosa delle piogge tropicali, e Churrasco, i cui fumi salivano dalle griglie in un’atmosfera di tentazioni irresistibili. Lì scattavano intolleranza e impazienza. Si dormiva in tenda, di rado in hotel, ma anche quello era un aspetto poco o punto stressante, perché a letto, giornalisti o concorrenti non importa, ci si andava tardi, oppure… tardissimo, mai prima e mai a metà della festa.

Ogni giorno una valanga di chilometri, ma trovavamo sempre il tempo per un diversivo, se ne valeva la pena, e il principio dell’Equipaggio era che non avremmo perso una sola occasione, se solo questa si fosse presentata a portata di mano

La giornata “tipo” del Rally dos Sertões era lunga, ma ne valeva la pena, e lo era ancora di più per i Piloti, a volte in piedi assai prima dell’alba per andare a scoprire come si erano piazzati il giorno precedente, e quale di conseguenza fosse il loro ordine di partenza. Se a quel punto a qualcuno fosse venuto il dubbio di aver subito un’”ingiustizia”, era tacito e accettato accordo che se ne sarebbe parlato alla fine della tappa. Dopo la caipirinha, per la lucidità necessaria alla discussione, e prima della festa, per non rimanere con qualcosa sullo stomaco. Varginha, Belo Horizonte, Montes Claros, Alto Paraiso de Goias, Barreiras, Petrolina, Garanhuns. Nei dieci giorni del 5° Rally dos Sertões attraversammo una serie di luoghi da capogiro, incontrando gente semplice e sempre allegra, cambiando scenario ogni giorno e vivendo un’esperienza di esplorazione e di conoscenza, oseremmo dire di vita, impareggiabile. Ogni giorno una valanga di chilometri, ma trovavamo sempre il tempo per un diversivo, se ne valeva la pena, e il principio dell’Equipaggio era che non avremmo perso una sola occasione, se solo questa si fosse presentata a portata di mano. Un bagno nella cascata, la grotta del lago Azzurro, la visita ai singolari tempietti della mitica cittadina alla stessa latitudine di Machu Pichu. Una volta ci perdemmo in una piantagione di canna da zucchero, ma ne facemmo fuori metà, e un’altra scovammo, in un villaggio dell’Amazzonia, un meccanico che aveva costruito un triciclo, mezza moto e mezza auto, con un motore V8 Chevrolet, mi pare. Perdemmo qualche ora anche lì per dei… test del formidabile veicolo.

Una notte mi svegliano. Mi sono coricato da mezz’ora, non di più, e vaneggio. “Sveglia Abacate – mi chiamano così perché sono capace di mangiarmi una dozzina di avocado al giorno – dobbiamo andare!” I compagni di viaggio mi dicono che c’è un cambio di programma, bisogna partire subito. Neanche il tempo di smaltire... Mi vesto al volo, un bricco di caffè e partiamo. Non sono di turno alla guida, e quindi mi addormento. All’alba mi svegliano di nuovo, ed ecco la sorpresa. Tra Montes Claros e Alto Paraiso l’Equipaggio aveva deciso di deviare e, altri duecento chilometri oltre ai 700 in programma, di portarmi a Brasilia, dove avevo vissuto da bambino: “Dai, fuori l’indirizzo, andiamo a vedere dove sei cresciuto!” Un tuffo al cuore, l’indirizzo non l’avevo, ma un numero di telefono sì, e partimmo da lì per trovare, felicemente, il singolare, extra “waypoint”. Questi erano, e sono i brasiliani. Gente straordinaria, che ti lega per tutta la vita.

Il Raly dos Sertões sarebbe diventato l’Evento più famoso del Sudamerica con una sonora eco mondiale, e si misurava senza imbarazzi con la Dakar, che non era andata al tappeto e in quel periodo si stava riprendendo dal suo momento difficile

Quell’anno il Rally era decollato. Marcos Moraes aveva voluto fare del Rally rilevato da poco un evento internazionale, e non aveva risparmiato né in idee né in dollari. Tutto quanto di più moderno era a disposizione. Elicotteri, assistenza e strutture mediche, media e televisioni, per i 160 Equipaggi in gara c’erano, non vorrei sbagliare a ricordare, 400 persone dell’Organizzazione. Era solo l’inizio, il Raly dos Sertões sarebbe diventato l’Evento più famoso del Sudamerica con una sonora eco mondiale, e si misurava senza imbarazzi con la Dakar, che non era andata al tappeto e in quel periodo si stava riprendendo dal suo momento difficile.

Il Rally andava avanti, magnifico e con i suoi imprevisti, combattuto, avvincente, uno scontro tra gli Dei locali e gli ancora pochi rappresentanti stranieri in una scia di scoperta e di delirio popolare. Quell’anno la “vittima” designata dell’”ira dei sudamericani” fu Jordi Arcarons, e il “castigatore”, il mito dei brasiliani era, all’epoca, Joaquim Gouveia, detto niente meno che Juca “Bala”, Proiettile. Juca “Bala” aveva vinto due delle quattro edizioni precedenti, e si confrontava con l’ascesa del 23enne Jean Azevedo, che aveva già fatto la sua prima Dakar, in totale ne conta 11 con 3 settimi posti, e che sarebbe diventato il recordman del Sertões delle Moto con sei vittorie. A vincere, come quest’anno, non furono i favoriti, ma Juliano Sacioto al termine di una gara perfetta delle Moto e, tra le Auto, un equipaggio storico. Klever Kolberg e André Azevedo, fratello maggiore di Jean, infatti, erano stati i pionieri brasiliani della Dakar. Vi partecipavano dal 1988, Kolberg è tutt’ora il Pilota brasiliano che ha ottenuto il miglior risultato, quel 5° posto in moto nel 1993, e ne avrebbero sommate, in totale e correndo in Moto, in Auto e in Camion, una quarantina.

Il Raly dos Sertões ha continuato a progredire. È entrato nel Campionato del Mondo, ha conteso alla Dakar il record di partecipanti e di rally più difficile, ha promosso e realizzato una serie incredibile di azioni sociali e ambientali, alcune premiate dalle federazioni, e messo in campo tutte le applicazioni tecnologiche più aggiornate per il controllo e l’assistenza della corsa

Fu un evento straordinario, e da lì il Raly dos Sertões ha continuato a progredire. È entrato nel Campionato del Mondo, ha conteso alla Dakar il record di partecipanti e di rally più difficile, ha promosso e realizzato una serie incredibile di azioni sociali e ambientali, alcune premiate dalle federazioni, e messo in campo tutte le applicazioni tecnologiche più aggiornate per il controllo e l’assistenza della corsa. Nel corso degli anni i migliori specialisti del Rally-Raid e della Dakar hanno vissuto l’evento brasiliano come un’esperienza indimenticabile.

Il primo italiano a parteciparvi fu Edi Orioli, prima “star” planetaria della Dakar e unico temibile “straniero” dell’edizione 1995. Edi scese con il meccanico di fiducia, Mauro Sant, casco in cabina e sella, mousses e sospensioni nel bagaglio in stiva. La moto, una Husqvarna, era pronta per lui in Brasile. La moto grippò, ma Edi riuscì a finire quella che ricorda come una bellissima gara-vacanza. A rompere l’”egemonia” brasiliana fu, invece, Heinz Kinigadner, che vinse nel 1998. Paulo Gonçalves lo ha fatto nel 2013, Rafal Sonik nel 2010 nella gara dei Quad, e Cyril Despres e Marc Coma, per dieci anni eterni rivali, hanno pareggiato anche in questa circostanza e vinto due volte ciascuno. La gara delle auto, anch’essa generalmente dominio dei brasiliani, è stata “violata” dai maghi della Dakar Stephane Peterhansel, due volte, Carlos Sainz, Giniel De Villiers. I problemi della prima ora, naturalmente, non esistono più, e l’avventura purissima delle prime edizioni ha lasciato il posto, pian piano, a un’esperienza agonistica più raffinata, che conserva tuttavia quasi del tutto intatto il fascino dell’ambientazione e delle atmosfere del viaggio di esplorazione attraverso lo sterminato territorio brasiliano.

L’avventura purissima delle prime edizioni ha lasciato il posto, pian piano, a un’esperienza agonistica più raffinata, che conserva tuttavia quasi del tutto intatto il fascino dell’ambientazione e delle atmosfere del viaggio di esplorazione attraverso lo sterminato territorio brasiliano

A un certo punto, il successo del Sertões era tale che il confronto con la Dakar era inevitabile, si sparse la voce che Dunas Race, la società di Marcos Moraes, fosse pronta a comprare il Rally di ASO e a spostarlo in Brasile sulle orme del Sertões . Ma il trasferimento della Dakar in Sud America provocò un contraccolpo e il Sertões, lasciando sfogare l’entusiasmo esploso nel “Cono Sur” di Argentina e Cile, è tornato a una dimensione più “nazionale” non meno seguita e importante. Questo non toglie che, con 250 Equipaggi al via il Sertões resti il “peso massimo” di riferimento nel panorama dei Rally-Raid sudamericani, e suggerisce il motivo per cui Dunas Race abbia deciso di dare all’edizione del 2017, quella cioè del 25° anniversario del Rally, i toni di un Evento fuori dal comune, degno della storia e della ricorrenza. Dunas Race intende elaborare un Rally antologico per riproporre il meglio del Sertões e delle sue impareggiabili atmosfere. Il Rally dos Sertões #25, agosto 2017, partirà ancora da Goiania, ma arriverà a Bonitos, un paradiso naturale del Mato Grosso del Sul, ma già lo dice il nome, dirigendo la nuova avventura verso il Sud-Ovest brasiliano. C’è già chi ha prenotato, da tutto il Mondo, il suo numero di iscrizione.

Immagini: Ricardo Leizer, Marcelo Maragni, Victor Eleutério, Vinícius Branca, Gustavo Epifânio, Doni Castilho e Marcelo Machado de Melo/Fotop/Vipcomm

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