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Protagonista del video è Vittorio Codeluppi, neo presidente di Sal – Società Acqua Lodigiana ed ex assessore alle attività produttive nella giunta Pd a Lodi, ripreso mentre guida una Porsche a 260 km/h in autostrada. Nelle immagini si vede il tachimetro salire ben oltre i limiti consentiti in Italia, con la clip che ha immediatamente fatto il giro del web.
Le reazioni non si sono fatte attendere: la sezione lodigiana della Lega ha chiesto le dimissioni immediate di Codeluppi, sottolineando il “messaggio diseducativo” e il contrasto con i doveri di chi guida un’azienda pubblica che gestisce un bene primario come l’acqua. Critiche sono arrivate anche da Fratelli d’Italia, con la capogruppo Giulia Baggi che ha parlato di “comportamento sbagliato e pericoloso da mostrare ai cittadini”.
Dal canto suo, Codeluppi si è difeso affermando di essere stato in Germania, nei pressi di Stoccarda, “dove in alcuni tratti non ci sono limiti di velocità”. Una giustificazione che però non ha placato le polemiche, soprattutto per il ruolo pubblico che ricopre.
Il caso Codeluppi ha riacceso il dibattito sulle velocità folli in autostrada, ma i 260 km/h della sua Porsche non rappresentano affatto un primato. Pochi giorni prima, infatti, la polizia tedesca aveva fermato un automobilista sull’autostrada A2 vicino a Burg, nei pressi di Berlino, sorpreso a sfrecciare a 321 km/h.
Si tratta della velocità più alta mai registrata su una strada pubblica in Germania, ben 199 km/h oltre il limite massimo previsto e, nonostante la gravità del gesto, il conducente se l’è cavata con una multa da 900 euro, la sospensione della patente per tre mesi e la perdita di due punti. Una sanzione che molti hanno giudicato troppo blanda, considerando i rischi enormi per la sicurezza stradale.
Ogni volta che casi come questi emergono, si innesca una narrazione ambigua: da un lato l’indignazione per la pericolosità, dall’altro una sorta di mitizzazione del “recordman” al volante. Il problema, però, resta sempre lo stesso: trasformare l’autostrada in una pista da corsa significa mettere a rischio la vita propria e quella degli altri.
Che sia un ex assessore con Porsche a 260 km/h o un anonimo automobilista a 321 km/h, la sostanza non cambia: velocità simili non hanno nulla a che fare con la normale circolazione. E ogni episodio diventa un campanello d’allarme sulle conseguenze — troppo spesso sottovalutate — di chi scambia la strada per un cronometro personale.