Filosofia della tecnica. Vale più apparire che essere

Filosofia della tecnica. Vale più apparire che essere
Pubblicità
La paternità delle invenzioni è di solito riconosciuta dai brevetti. Ma è sempre così? Per la ruota c'è stata una registrazione molto singolare avvenuta in Australia
6 marzo 2014

Anche se tutti i più famosi filosofi degni di questo nome dicono il contrario, e così pure le religioni che perseguono la purezza dello spirito, alcuni proverbi affermano la convenienza di apparire, di venire considerati gli artefici di qualcosa di importante, piuttosto che esserne veramente gli autori.

Un esempio: 1200 anni prima di Cristo il faraone Ramesse II (quello di Mosé) battagliò con gli Ittiti di Mowatalli senza che nessuno ne uscisse vincitore. Però, tornati a casa, tutti e due si attribuirono la vittoria e la celebrarono trionfalmente ricavandone gloria quasi imperitura.

Brevetti che salvaguardano i diritti (?)

Nel campo delle invenzioni, a difendere i veri autori, a salvaguardarne i “diritti”, sono stati inventati i brevetti attorno ai quali non sono mancati e tuttora persistono litigi che si dilungano in cause e controcause che hanno come comun denominatore quello di essere costosissime e di dirimere con difficoltà i contrasti.

Emblematico, per descrivere la superficialità di certi “Uffici Brevetti”, il caso non lontano nel tempo (anno 2001) di un tal John Keogh, avvocato in pensione di Melbourne, che riuscì a brevettare in Australia la ruota come “dispositivo circolare con funzione di trasporto”.

Perché ciò sia potuto accadere occorrono tre condizioni: un elevato costo di registrazione (cioè un bell’incasso per l’Ufficio), la più spensierata determinazione di non eseguire alcun controllo o verifica (un timbro e via!) e l’assenza del vero inventore in vena di rivendicazioni.

ruota (2)
John Keogh, avvocato in pensione di Melbourne, ha nel 2001 registrato all'ufficio brevetti australiano il brevetto della ruota approfittando di una lacuna in termini di paternità

Si brevettano anche invenzioni altrui

In pratica voi brevettate quello che volete, pagate e sperate che nessuno vi contesti la paternità dell’invenzione. Da questo punto di vista la ruota è l’ideale perché i veri inventori risalgono a circa 7000 anni fa e peraltro non erano nemmeno australiani (gli aborigeni non conoscono la ruota) ma probabilmente mesopotamici, del popolo dei Sumeri.

L'evoluzione della ruota

In principio si trattava di un semplice disco di legno con un buco nel centro ove si infilava un perno. Naturalmente la necessità che la ruota fosse sempre più rotonda, leggera, resistente e in grado di assorbire gli urti ha portato alle tipologie che oggi ben conosciamo.

Tutte le soluzioni più recenti, specialmente quelle legate all’accoppiamento pneumatici-cerchi, sono protette da brevetti ben conosciuti e ben rivendicati, che scadono dopo 20 anni dalla registrazione. Una chiave di volta dell’argomento che trattiamo fu proprio la necessità di far coesistere l’integrità con il confort.

I primi "pneumatici"

Affinché le ruote non si consumassero irregolarmente e non si rompessero, esse venivano “cerchiate” con una banda metallica (ferro) inchiodata: questa era la parte che viaggiava direttamente a contatto col suolo e che si consumava solo dopo anni di rotolamento.

ruota (1)
Sulle strade sterrate l'unico mezzo di locomozione veloce era il cavallo che permetteva di trainare le diligenze

 

Esattamente come avviene per la “ferratura” dei piedi dei cavalli, che è fatta perché lo zoccolo non si consumi. Il confort di coloro che viaggiavano sulle carrozze era quindi totalmente affidato alle sospensioni, generalmente del tipo a balestra, le quali permettevano evidenti e pericolose oscillazioni laterali, come capita di notare nei classici film “western” dove, per via dei banditi o dei pellerossa che la inseguono, la diligenza va di fretta.

Sulle strade sterrate dell’epoca essa era il solo mezzo per spostarsi rapidamente, cioè con una ragionevole precisione di orari, avendo cura (“diligenza”) della premura dei passeggeri. Normalmente si utilizzavano quattro cavalli e in caso di salite impegnative anche sei cavalli.

La cerchiatura della ruota in ferro si può notare ancora su qualche vecchia carriola da cantiere dove usare un pneumatico farebbe correre frequenti rischi di foratura. Siamo in attesa che il signor Keogh, con la compiacenza dell’Ufficio Brevetti australiano, comunichi la registrazione dell’invenzione dell’acqua calda, come “trattamento termico di liquido potabile”.

Carlo Sidoli

Pubblicità