Il rapporto di compressione (quarta parte)

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Un nuovo capitolo nella evoluzione della tecnica motoristica
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
18 luglio 2018

Con il quattro cilindri VC-Turbo di 2 litri realizzato dalla Nissan e impiegato inizialmente sulla Infiniti QX50 è entrato in produzione di serie il primo motore con rapporto di compressione variabile. Sotto l’aspetto tecnico la cosa è semplicemente straordinaria. Si tratta di una tappa di grande importanza che probabilmente apre una nuova pagina nella storia del motore a combustione interna e che raggiunge un obiettivo non facile da conseguire.

Non è stato facile sviluppare questa soluzione in modo da poterla adottare su vetture di serie. Finora i motori con rapporto di compressione variabile, realizzati secondo differenti schemi, non erano usciti dallo stadio di prototipo. Diversi altri costruttori ci stanno lavorando da tempo e sembra imminente la comparsa di altre auto di serie munite di motori con soluzioni di questo tipo. La Nissan comunque è stata la prima, con il suo schema multi-link, al cui sviluppo ha iniziato a lavorare nel 1998. Gli anni che sono passati da allora, durante i quali sono stati coperti alcuni milioni di chilometri nelle prove su strada, oltre a circa 30.000 ore di test al banco, danno un’idea della complessità del lavoro svolto.

Il motore nel quale viene adottato questo sistema è di progettazione completamente nuova. Si tratta di un quadricilindrico in linea di 2 litri con distribuzione bialbero a 16 valvole dotato di un alesaggio di 84 mm e di una corsa che, nelle posizioni alle quali corrispondono i rapporti di compressione più alto e più basso, passa da 88,9 a 90,1 mm. Varia dunque leggermente anche la cilindrata (da 1970 a 1997 cm3). La potenza massima sulla QX50 è di 248 CV a 5600 giri/min e la coppia di 380 Nm. Il basamento è in lega di alluminio con un riporto a basso coefficiente di attrito depositato sulle canne dei cilindri con un procedimento al plasma; alla lubrificazione prevede una pompa a portata variabile (che assorbe meno potenza di quelle tradizionali e quindi contribuisce a migliorare il rendimento meccanico). Importante è anche l’adozione di un sistema di fasatura variabile della distribuzione, controllato dalla centralina elettronica.

Per ogni cilindro vi sono due iniettori, dei quali uno immette il carburante nei condotti di aspirazione e l’altro direttamente all’interno del cilindro stesso. Quando si adotta un rapporto di compressione elevato il motore è a iniezione diretta (soluzione vantaggiosa anche ai fini della resistenza alla detonazione, grazie a un miglior raffreddamento interno dovuto alla vaporizzazione del carburante dentro il cilindro); ai bassi carichi però è a iniezione indiretta. Quando si richiedono le massime prestazioni la benzina viene emessa da entrambi gli iniettori.

Il sistema che consente di variare il rapporto di compressione da 8 a 14 durante il funzionamento del motore è del tipo multi-link. Ogni biella è collegata non direttamente al perno di manovella dell’albero a gomiti ma a una estremità di un bilanciere a due bracci, fulcrato sul perno di manovella e con l’altra estremità vincolata al piede di una biella di regolazione, la cui testa è montata su un perno eccentrico dell’albero di controllo. Durante il funzionamento del motore quest’ultimo non è in rotazione ma, grazie a un’asta che lo collega a un attuatore con motore elettrico integrato (gestito dalla centralina elettronica), può variare la sua posizione angolare di 70°. Le bielle di regolazione (che sono quattro, ovvero una per ogni cilindro) si muovono invece continuamente. Variando la posizione della loro testa, cambia anche quella del piede; il bilanciere si muove in maniera diversa ed è differente anche la traiettoria che compie la testa delle bielle motrici (ossia collegate ai pistoni). Durante la corsa utile (cioè quella di espansione), queste ultime si inclinano assai meno di quanto farebbero se il manovellismo fosse di tipo convenzionale; grazie anche al disassamento della bancata dei cilindri e all’impiego di un rivestimento al plasma, ciò consente di ridurre in misura considerevole le perdite meccaniche dovute ai pistoni e ai segmenti.

Questo sistema multi-link influenza anche le modalità del movimento dei pistoni, che si avvicina maggiormente a un puro moto armonico (rappresentabile con un grafico dall’andamento sinusoidale) il che può offrire lievi ma non trascurabili vantaggi. Ciascun pistone si avvicina e si allontana meno velocemente dal punto morto, il che significa che la combustione avviene più a volume costante. Risultano inoltre drasticamente abbattute le vibrazioni (che nei motori a quattro cilindri in linea sono dovute alle forze del secondo ordine), il che rende superfluo l’impiego di alberi ausiliari di equilibratura.

Fin qui si è parlato dei vantaggi, ma esiste anche un rovescio della medaglia, costituito da una maggiore complessità costruttiva, con un numero di parti mobili nettamente superiore, e da un costo più elevato, rispetto a un tradizionale quadricilindrico di analoga cilindrata. Inoltre sono molte di più le articolazioni (ciascuna delle quali è dotata di una bronzina); questo causa maggiori perdite per attrito e quindi ha conseguenze negative sul rendimento meccanico. Ciò è controproducente ai fini dei consumi, ma evidentemente la somma dei vantaggi supera quella degli svantaggi, nel bilancio energetico totale.

La variazione del rapporto di compressione avviene in maniera continua e non a scatti; quello più elevato viene impiegato, unitamente a una bassa pressione di alimentazione, quando il carico è modesto. In tal modo si riducono al minimo i consumi (è infatti migliore il rendimento termico) senza il rischio che si verifichi la detonazione.

Il rapporto di compressione più basso viene utilizzato ai regimi di rotazione elevati e quando l’acceleratore è premuto a fondo (o quasi), ovvero quando il motore deve erogare le massime prestazioni. A questo punto si potrebbe obiettare che, siccome la potenza ottenibile da un motore aumenta al crescere del rapporto di compressione, riducendo quest’ultimo inevitabilmente essa diminuisce. Questo è perfettamente vero se il motore è aspirato o comunque se la pressione di alimentazione è costante. Il motore VC-Turbo però è sovralimentato e dispone di una wastegate a controllo elettronico, gestita dalla centralina. Quando il pilota desidera disporre della massima potenza, premendo con decisione l’acceleratore, la centralina (che ovviamente tiene conto anche del regime di rotazione) fa aumentare la pressione di alimentazione e contemporaneamente riduce il rapporto di compressione. In questo modo si può ottenere la massima potenza senza incappare nella detonazione.

Nel caso del VC-Turbo parlare solo dell’innovativo sistema multi-link che consente di variare il rapporto di compressione appare addirittura limitativo; in effetti si va verso il controllo totale del motore. Nel senso che la centralina elettronica, accuratamente informata da una serie di sensori, provvede a regolare non solo la dosatura della miscela aria-carburante e l’anticipo di accensione, ma anche la fasatura di distribuzione, la pressione di sovralimentazione e, appunto, il rapporto di compressione. In questo modo essa non solo ottimizza tali parametri, ma li “armonizza” anche tra loro, facendo sì che in qualunque condizione di funzionamento il risultato complessivo sia il migliore, in termini di comportamento del motore e di utilizzazione del carburante ad esso fornito.

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