Mobilità, inquinamento, nuove tecnologie: quattro chiacchiere con l’Enea

Mobilità, inquinamento, nuove tecnologie: quattro chiacchiere con l’Enea
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Ambiente, mobilità, emissioni inquinanti: su questi tre cardini ruota la discussione legata alla soluzione del problema incombente dell’inquinamento. Sul tema abbiamo ascoltato il parere di due rappresentanti del più importante Ente di ricerca italiano
  • Alfonso Rago
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31 maggio 2019

Anche il più distratto degli abitanti di questo Paese, anche il meno attento e meno interessato alle preoccupazioni di Greta (vedi qui) , di fronte ad una primavera che somiglia all’autunno ed a un clima che pare rovesciato, qualche domanda se la sarà posta.

Della questione, si sono occupati diffusamente e in maniera straordinariamente approfondita alcuni dei massimi esperti mondiali riuniti nel Living Planet Symposium, l'evento che l'Esa, l'Agenzia Spaziale Europea, ha organizzato a Milano a metà di questo mese.

Qui, come nelle parole dell'uomo della strada, sono emersi sono interrogativi seri, per i quali c’è un continuo bisogno di ascoltare voci e opinioni sempre nuove e diverse: a questi stessi punti di domanda, abbiamo voluto provare a rispondere anche noi, attraverso la voce dell'Enea il principale ente nazionale di ricerca, specializzato nel campo delle nuove tecnologie, dell’energia e dello sviluppo sostenibile.

Nel suo Centro di Casaccia, a circa 25 da Roma sul lago di Bracciano, circa 1.000 persone sono impegnate sui temi legati ad efficienza energetica, fonti rinnovabili, fissione nucleare, ambiente e clima, sicurezza e salute, nuove tecnologie.

Abbiamo sottoposto la questione a due illustri interlocutori, ciascuno per le aree di propria competenza: Gabriele Zanini, responsabile della Divisione Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali, e Antonino Genovese, responsabile del Laboratorio sistemi e tecnologie per la mobilità e l’accumulo.

Effetto serra: chi lo provoca davvero

Professor Zanini, le variazioni climatiche (vedi qui) sono un tema all'ordine del giorno: difficile negare che il fenomeno non esista. Quali sono le principali cause che l'hanno prodotto?
«Senz’altro la crescente concentrazione di gas serra in atmosfera che altera il naturale equilibrio fra radiazione solare in arrivo e radiazione emessa dalla Terra. Non solo CO2 ma anche Metano e Ossido di diazoto, emessi in quantità minore rispetto alla CO2 ma con un potenziale “serra” molto elevato». 

Ma l’anidride carbonica è emessa sì dall’uomo, ma anche da fonti naturali…
«E' indubbio che, dal 1870, la concentrazione di CO2 atmosferica sia salita vertiginosamente e in modo inarrestabile. Da 288 ppm nel 1870, siamo arrivati a 425 ppm ai giorni nostri, a causa dell’utilizzo di combustibili fossili. Carbone, petrolio, gas, industria del cemento hanno contribuito ad aumentare le concentrazioni rispettivamente di 95 ppm, 72 ppm, 31 ppm e 5 ppm. Anche il suolo emette e incorpora CO2 in modo quasi paritetico. Senza le foreste e l’assorbimento della CO2 negli oceani, poi, la concentrazione attuale sarebbe di gran lunga più elevata».

Sul banco degli imputati ci sono le emissioni allo scarico delle vetture, soprattutto diesel (vedi qui): è corretto indicarle come “killer“ dell'ecosistema, anche in considerazione delle grandi migliorie apportate negli ultimi anni?
«Se si considerano le emissioni di CO2, ciò che importa è il consumo di carburante più che il tipo. Il consumo di un litro di gasolio produce più CO2 rispetto al consumo della stessa quantità di benzina. La differenza tuttavia è di poco superiore al 10%. Quindi, a parità di percorso, un veicolo alimentato a gasolio che consumi meno carburante di uno a benzina tendenzialmente emetterà meno CO2».

Gabriele Zanini, responsabile della Divisione Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali
Gabriele Zanini, responsabile della Divisione Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali

Diverso è il tema delle emissioni degli inquinanti atmosferici.
«Anche qui per fare confronti occorrerebbe esaminare la situazione nel dettaglio. In generale, sulle emissioni diesel si sono fatti errori di valutazione in buona fede, come la sottostima delle emissioni di ossidi di azoto, e si sono perpetrate vere e proprie truffe, come nel caso dello scandalo delle emissioni truccate, esploso nel 2015. In realtà, per le classi Euro 5 ed 6 il fattore di emissione del PM10 non è molto diverso fra l’alimentazione a benzina e diesel, mentre l’emissione di ossidi di azoto è superiore per quest’ultima. Ma ci sono altri ambiti della nostra società, come il riscaldamento delle abitazioni, che andrebbero modificati? In questo campo esistono problemi che vanno contestualizzati e la mia impressione è che su tali temi non esista, ancor oggi, un ragionamento sereno ed organico».

Si riferisce forse alle tante bufale che continuano a circolare e a diffondersi?
«Sì, per esempio quella che i motori a benzina non producano particolato o il tentativo di ridurre le emissioni inquinanti aggiungendo olio vegetale al gasolio nel serbatoio; poi la colpa è stata degli autobus troppo vecchi ed ora del riscaldamento domestico. La crisi economica e la promozione delle biomasse come fonte rinnovabile hanno fatto aumentare l’impiego della legna anche nelle aree urbane, ma i problemi derivano maggiormente dall’impiego di stufe di vecchia concezione o peggio di camini più o meno aperti o di essenze non certificate a basso costo».

In ogni caso, l’imputato maggiore resta il traffico veicolare, che assedia le città (vedi qui) e contro il quale sono prese misure di contrasto la cui efficacia appare purtroppo ancora relativa: qual è la sua opinione in proposito?
«Quello che rimane insostenibile è la mobilità delle merci, quasi totalmente su gomma e quella nelle nostre aree urbane. Il Paese conta un rapporto popolazione/vetture pari a 1.57, con 64 auto ogni 100 persone, la maggior parte degli spostamenti casa-lavoro avviene in un raggio di pochi km che potrebbero essere affrontati in bici se solo ci fosse una diversa cultura e più sicurezza per i ciclisti».

Che, però, si costruisce in anni di scelte coerenti…
«Occorre fare molto di più per favorire il trasporto pubblico e le reti di piste ciclabili si costruiscono con pazienza, strappando spazi alle auto e con un’attenta programmazione urbanistica. Altro settore troppo spesso trascurato riguarda le emissioni dall’agricoltura e dall’allevamento, dove esiste un fortissimo potenziale per l’innovazione delle pratiche che può portare alla riduzione delle emissioni di composti azotati e ammoniaca, elementi protagonisti del ciclo di produzione del particolato secondario fine».

Mobilità elettrica, alternativa credibile?

Professor Genovese, quali direttrici state operando, con la prospettiva di migliorare l'esistente, per esempio con diesel più puliti, o sviluppando nuove forme di mobilità?
«Per il trasporto personale, lo sviluppo del motore a combustione interna, o endotermico, è stato importante e ha prodotto mutamenti enormi nel modo di vivere quotidiano. Dalla sua invenzione, ha continuato a evolvere tecnicamente per adeguarsi ai sempre più stringenti limiti emissivi e alle richieste di maggiore efficienza energetica. Esistono ancora margini di sviluppo per il motore diesel, come il recupero dei gas esausti (EGR), il controllo delle valvole, la disattivazione dei cilindri a bassi carichi o il recupero del calore dei gas esausti, che potrebbero sostenere soluzioni di trasporto non ancora sostituibili in altro modo».

Nel frattempo, però, la mobilità elettrica sta acquisendo spazio, soprattutto in città (vedi qui), grazie alla diffusione di veicoli ibridi, elettrici o a fuel cell...
«In questo ambito, stiamo lavorando a soluzioni per la ricarica dei veicoli elettrici, come sistemi di ricarica wireless dinamica o sistemi di accumulo ibridi per il trasporto pubblico locale, con ricariche frequenti e ultrarapide durante le fermate. Parallelamente sono in atto mutamenti importanti nel sistema delle comunicazioni che stanno imponendo un nuovo concetto di mobilità personale».

Si riferisce alla percezione del veicolo come un qualcosa non più da possedere ma come uno strumento per soddisfare una domanda di trasporto?
«Sì, si va sempre di più verso una visione della mobilità come sistema integrato. Questo è possibile attraverso lo sviluppo di piattaforme telematiche, dove avviene l’integrazione virtuale con la scelta di modi e percorsi che prevedono un’unica soluzione di pagamento. In questo contesto di forte condivisione delle risorse, trovano spazio il car-bike-scooter sharing, il ride sharing, il servizio taxi, il trasporto pubblico collettivo».

La trazione elettrica può essere un'alternative credibile ai motori termici o non presenta anch'essa criticità, per quel che riguarda lo smaltimento delle batterie o le modalità di ricarica, che consigliano prudenza prima di indicarla come la panacea?
«Le transizioni tecnologiche offrono sempre motivo di incertezza, perché la loro carica di novità investe molti aspetti della vita quotidiana. La credibilità di una soluzione tecnologica, individuata come sostitutiva a una preesistente già largamente utilizzata, è misurabile attraverso una pluralità di criteri che profilano la tecnologia sotto diversi aspetti: energetico, ambientale, strategico, sociale ed economico».

Antonino Genovese, responsabile del Laboratorio sistemi e tecnologie per la mobilità e l’accumulo
Antonino Genovese, responsabile del Laboratorio sistemi e tecnologie per la mobilità e l’accumulo

Anche la mobilità elettrica non sfugge a questo rigore…
«Sì, se si desidera valutare globalmente l’impatto del passaggio alla mobilità elettrificata. Diversamente da quanto avvenuto in passato per lo sviluppo dei trasporti su base fossile, viviamo con maggiore consapevolezza gli impatti attesi e questo induce a riflessioni più attente».

Quali sono, dunque, i nodi che devono ancora essere sciolti lungo la via dell'elettrificazione del trasporto?
«In primis, il potenziamento infrastrutturale della rete di ricarica, e poi lo sviluppo di accumuli ulteriormente prestanti per le ricariche ad alta potenza, e le operazioni di implementazione di un ciclo virtuoso di riuso e riciclo delle batterie o l’adeguamento del sistema elettrico. D’altra parte, non possiamo non evidenziare i benefici ambientali che ne derivano sia sotto il profilo emissivo che energetico, specie se inseriti in un contesto di produzione elettrica rinnovabile. Inoltre, la mobilità elettrica è favorita nel ciclo virtuoso della sharing mobility: direi quindi che non rappresenta il rimedio universale in assoluto, ma è certo una buona medicina per alleviare lo stato di salute malconcio del nostro pianeta».

Azioni virtuose, cittadini consapevoli

Professor Zanini, il normale cittadino oggi ha molti motivi per sentirsi in colpa (vedi qui): usa l'auto, magari diesel perché il servizio pubblico non è efficiente, non riesce a fare la raccolta differenziata al 100%, consuma risorse ambientali oltre il necessario. Da uomo di scienza, può indicarci una serie di comportamenti virtuosi da adottare per invertire tale dinamica?
«Il senso di colpa, in questo ambito, non è un motore di cambiamento mentre lo sono la cultura, l’istruzione scolastica e la corretta informazione. E’ un cittadino consapevole con il senso della comunità che può intraprendere la riduzione dei consumi individuali e condurre uno stile di vita sobrio riducendo gli sprechi alimentari, il consumo della carne, i chilometri percorsi con l’auto e rendendo energeticamente efficiente la casa dove abita. Tuttavia, le misure più efficaci e rapide sono quelle decise dai Governi che devono senza indugio alcuno indirizzare le scelte, favorirle e scandire i tempi del cambiamento verso una società decarbonizzata».

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