Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Dopo l’uscita di scena dal Gruppo Renault, Luca De Meo è tornato a far sentire la propria voce con un’intervista ad Auto Motor und Sport che offre diversi spunti di riflessione sul presente e sul futuro dell’industria automobilistica europea. Al centro, ancora una volta, il tema delle fusioni tra grandi gruppi, spesso evocate come soluzione ai problemi strutturali del settore.
Secondo l’ex amministratore delegato di Renault, l’idea che un’ulteriore concentrazione possa rappresentare una risposta efficace è, nella migliore delle ipotesi, semplicistica. L’industria europea, sottolinea De Meo, è già fortemente consolidata: esistono pochi grandi poli – Volkswagen, Stellantis, Renault e i marchi premium – e ogni tentativo di fusione tra questi attori si scontra inevitabilmente con ostacoli regolatori e antitrust.
Ma il punto, per il manager milanese, è soprattutto culturale e industriale. I clienti chiedono varietà, identità e differenziazione. L’ipotesi di un mercato dominato da un unico prodotto o da un’unica filosofia, sintetizzata provocatoriamente con l’immagine di “tutti che viaggiano in Golf”, rischia di appiattire l’offerta e di distruggere valore anziché crearne.
Per De Meo, il settore automobilistico è troppo complesso perché il consolidamento possa essere considerato una sorta di panacea. Ogni marchio ha una storia, un pubblico e un posizionamento specifico, e non esiste una formula unica in grado di funzionare allo stesso modo per tutti. È una visione che riflette il percorso professionale dello stesso manager, segnato da esperienze molto diverse tra loro ma accomunate da una forte attenzione all’identità dei brand.
Emblematico, in questo senso, è il racconto della nascita di Cupra durante gli anni in Seat. De Meo ricorda come l’idea di creare un marchio sportivo autonomo sia nata quasi istintivamente, senza un piano industriale strutturato e senza passaggi formali.
Una Seat Ateca con un nuovo logo, un motore da 300 CV e dettagli in rame fu sufficiente per convincere il vertice del gruppo Volkswagen. Quella intuizione si è poi trasformata in uno dei casi di maggior successo degli ultimi anni nel panorama europeo, dimostrando come creatività e coraggio decisionale possano fare la differenza anche all’interno di grandi gruppi.
Un approccio simile, secondo De Meo, è stato alla base anche del rilancio di Renault. Quando arrivò nel 2020, il gruppo francese attraversava una delle fasi più difficili della sua storia, con perdite stimate in decine di milioni di euro al giorno. A distanza di pochi anni, Renault è tornata a essere uno dei costruttori più redditizi del continente. Un risultato che l’ex CEO attribuisce meno a colpi di genio e più a una combinazione di lavoro, buon senso e spirito di squadra.
Nell’intervista emerge anche una riflessione più ampia sul confronto tra modelli industriali. De Meo osserva come culture diverse affrontino i problemi in modo radicalmente differente, e invita l’Europa a interrogarsi su cosa possa imparare da realtà come quella cinese.
L’industria automobilistica della Cina, sostiene, ha compiuto in quindici anni un salto straordinario, passando da semplice base produttiva a protagonista dell’innovazione, anche grazie a un forte sostegno politico. In Europa, al contrario, il settore è più vincolato da regolamenti e pressioni finanziarie. La sfida, secondo De Meo, sarà giocata sull’efficienza: quanta energia, quante risorse e quanta tecnologia servono davvero per costruire un’auto elettrica competitiva.
Il messaggio di fondo resta coerente: più che inseguire fusioni salvifiche, l’industria europea deve puntare su identità chiare, efficienza e capacità di innovare. È questa, nella visione di Luca De Meo, la strada per restare rilevanti in un mercato globale sempre più complesso.