Sottrazione di cavalli!

Sottrazione di cavalli!
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Se è importante creare più potenza all’interno dei cilindri, è anche essenziale perderne meno, lungo la strada che porta alla trasmissione! | <i>di M. Clarke</i>
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
24 aprile 2012

Per aumentare le prestazioni è fondamentale lavorare in modo da migliorare la respirazione del motore e da incrementare la sua efficienza come trasformatore di energia. Occorre però intervenire anche a valle, in modo da limitare al minimo le perdite causate dall’attrito, dal pompaggio (lavoro passivo che si deve compiere per aspirare ed espellere i gas dai cilindri) e dal cosiddetto “freno olio”.

In altre parole, oltre ad aumentare i rendimenti volumetrico e termico, per incrementare l’"energeticità" delle singole fasi utili e quindi far crescere la coppia (e pertanto anche la potenza), è necessario anche ottenere un elevato rendimento meccanico, cioè fare in modo da perdere il minor numero di cavalli possibile, all’interno del motore.

Il rendimento termico e meccanico

Pure per ridurre al minimo i consumi è essenziale lavorare a livello di rendimenti termico e meccanico. Su questi ultimi pertanto negli ultimi anni si sono concentrate molte attenzioni da parte dei tecnici che operano nel settore delle auto di serie, per le quali tale voce ha da tempo una particolare importanza.


Ottenere un rendimento termico più alto significa trasformare in energia meccanica una percentuale maggiore del calore sviluppato dalla combustione. Il motore sfrutta meglio l’energia che gli viene fornita dal carburante! Il rendimento meccanico è costituito dal rapporto tra la potenza effettivamente inviata alla trasmissione e quella sviluppata nei cilindri, ovvero “raccolta” dai pistoni. In altre parole, si tratta del rapporto tra quella che si può realmente utilizzare e quella che teoricamente è disponibile. Le perdite sono dovute a due voci principali: l’attrito, che tende a “frenare” le parti mobili nella loro rotazione o nel loro spostamento rettilineo, e il pompaggio.

s 1000 rr
Il propulsore a quattro cilindri in linea della BMW S 1000 RR

Quest’ultimo è costituito dalla energia che si deve spendere per fare funzionare il motore come pompa, ovvero per richiamare nei cilindri la miscela aria-carburante (o la sola aria, se il motore è a iniezione diretta) e, successivamente, per espellere i gas combusti.

Può sembrare una voce di modesta rilevanza, ma in effetti ha una importanza considerevole, in particolare agli alti regimi e, ancora di più, ai carichi parziali, quando la valvola a farfalla non è spalancata e ostacola quindi la respirazione del motore. Poi ci sono le perdite dovute allo sbattimento (ovvero al “freno olio”) e alla ventilazione interna, che possono essere decisamente elevate, se il motore gira forte. Infine, c’è la potenza che viene utilizzata per azionare i dispositivi “accessori”.

Una percentuale che varia dal 14 al 20% della potenza viene persa per strada

In linea indicativa, il rendimento meccanico di un moderno motore a ciclo Otto, funzionante a pieno carico e al regime di potenza massima, è dell’ordine di 0,80 – 0,86. Questo significa che dal 14 al 20% della potenza sviluppata all’interno dei cilindri viene perso per la strada e non viene pertanto inviato alla frizione e al cambio.

f1 elf
Nei motori di Formula Uno l'interno del basamento è mantenuto in
depressione per ridurre le perdite per sbattimento


Sempre in linea di massima, dato che le cose possono cambiare anche in misura non trascurabile da caso a caso, per quanto riguarda la ripartizione delle perdite la situazione è all’incirca la seguente. La quota più cospicua spetta ai pistoni e ai segmenti; a loro è dovuto infatti qualcosa come il 44-48% del totale delle perdite meccaniche. I cuscinetti di banco “mangiano” il 10–12%  e quelli biella circa il 10%. L’assorbimento dovuto alla distribuzione varia abbastanza considerevolmente con il regime (e ci possono essere anche differenze significative da motore a motore); indicativamente è dell’ordine del 6-10%, ma alle basse velocità di rotazione può essere assai più elevato.


Per l’azionamento della pompa dell’olio se ne va dal 6 al 10% del totale. Il freno olio assorbe qualcosa come il 5-6% e il pompaggio attorno al 15-16% (la percentuale sale considerevolmente ai carichi parziali); nei motori ultraveloci, come quelli di Formula Uno e delle motoGP, quest’ultimo può incidere anche in misura superiore al 20%. Questi valori costituiscono la media tra più fonti, che comunque in linea di massima appaiono quasi tutte abbastanza d’accordo tra di loro.

throttle bmw
A farfalla parzializzata le perdite per pompaggio aumentano
molto

Il regime di rotazione del motore e le superfici di contatto influenzano le perdite di potenza

L’entità delle perdite può essere influenzata da vari fattori. Una notevole importanza ha il regime di rotazione, al crescere del quale esse tendono a diventare sempre più elevate. Nei motori ultraveloci è quindi particolarmente difficile ottenere un buon rendimento meccanico. Pure l’estensione delle superfici a contatto (con interposizione di un velo d’olio) ha una notevole importanza e questo contribuisce in misura fondamentale a spiegare perché nel corso degli anni si è assistito a una riduzione della altezza dei pistoni e dei segmenti.


Anche le caratteristiche degli oli possono influenzare il rendimento meccanico. Passando da un SAE 15W-40 a un 5W-30 in un motore automobilistico di serie, a 100°C, le perdite per attrito sono diminuite di oltre il 20%. Anni fa in un motore di Formula Uno si passò da un olio SAE 40 racing a un sintetico 5W-50, ottenendo un aumento di potenza prossimo al 2,5%. Pure la temperatura dell’olio è importante, dato che influenza direttamente la viscosità.  

Le soluzioni dei progettisti per ottenere motori dai rendimenti sempre più alti

I progettisti di motori hanno lavorato in varie direzioni, al fine di contenere le perdite meccaniche. Per quanto riguarda la distribuzione, sui motori automobilistici di serie sono diventati di uso comune i bilancieri a dito muniti di rullo, al posto di quelli con pattino; la soluzione ha consentito una notevole diminuzione dell’attrito. Il conseguente miglioramento del consumo specifico è stato indicato da un noto costruttore tedesco in oltre il 2%.

Le molle delle valvole del tipo che i tecnici chiamano “beehive” (cilindriche fino a una certa altezza, dopo di che diventano troncoconiche) si sono diffuse in quanto, essendo minore il peso della parte mobile (pure lo scodellino è più piccolo e leggero), possono essere dotate di un carico inferiore, il che riduce l’assorbimento di potenza da parte della distribuzione.

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In campo auto hanno una grande diffusione le molle delle
valvole del tipo chiamato beehive


Nel corso degli anni i pistoni hanno visto ridursi l’estensione circonferenziale del loro mantello; inoltre la loro altezza, considerata in relazione al diametro, ha subito una progressiva diminuzione. Per quanto riguarda le auto, il rapporto altezza/diametro è passato da 1,2-1,0, tipico negli ani Cinquanta, a 0,65-0,75; nelle moderne moto sportive a quattro cilindri si è dalle parti di 0,50-0,56 (e nei motori di Formula Uno si scende addirittura dal di sotto di 0,35!).

Questo è stato vantaggioso in quanto da un lato ha permesso di ridurre la massa dei pistoni stessi (alla quale sono legati i carichi inerziali) e dall’altro ha consentito di diminuire le perdite per attrito tra il mantello e la canna del cilindro. Pure i segmenti hanno subito una evoluzione; la loro altezza è oggi molto inferiore rispetto a quella di una volta, senza che si sia rinunciato a nulla in termini di durata (il che costituisce un risultato straordinario), e questo ha dato un apprezzabile contributo alla riduzione delle perdite per attrito. Nei motori delle moto sportive l’altezza dei segmenti di tenuta è spesso inferiore al millimetro.

Nei motori da competizioni si possono adottare soluzioni più estreme

Risultati ancora migliori, in termini di diminuzione delle perdite si possono avere riducendo il numero dei segmenti da tre (due di tenuta più il raschiaolio) a due soltanto, e infatti questa è la soluzione che si adotta nei motori da competizione. Per le realizzazioni di serie però la cosa è inaccettabile, almeno allo stato attuale della tecnica, per ragioni legate alla necessità di contenere il trafilamento gassoso (blowby) e di ottenere una grande durata.


Durante il funzionamento del motore, i pistoni compiono un lavoro, di entità modesta ma non trascurabile, anche con la loro parte inferiore. Quando uno di essi scende verso il punto morto inferiore, l’aria sottostante viene espulsa da dove si trovava, mentre quando esso sale verso il punto morto superiore avviene il contrario: si crea uno spazio nel quale viene richiamata l’aria. Insomma, ha luogo una vera e propria azione di pompaggio alternato, che dà luogo a un assorbimento di energia.

ventil interna
Adeguate aperture nelle pareti del basamento possono ridurre
il lavoro compiuto dai pistoni per spostare i gas sotto di essi


Nei motori a quattro cilindri in linea (ma la soluzione si applica bene anche ad altre architetture), praticando delle aperture nelle cartelle dei supporti di banco si può agevolare il movimento dell’aria in questione, con conseguente riduzione delle perdite. Il guadagno, in termini di potenza, può essere dell’ordine del 2,0 – 2,5%. Questa soluzione viene diffusamente impiegata nei motori a quattro cilindri in linea delle moto ultrasportive. Per inciso, la prima casa a proporla è stata la Porsche una trentina di anni fa con il modello 944.

Anche la lubrificazione può comportare perdite di energia

Durante il funzionamento, le bielle, i contrappesi e i bracci di manovella dell’albero a gomiti devono fendere una fitta “nebbia” di aria e olio (ma non di rado si tratta di una vera e propria pioggia!). Il lubrificante viene emesso in quantità rilevante non solo dalle teste delle bielle, ma anche dai getti impiegati per il raffreddamento dei pistoni (nei motori moderni l’olio che scende dalla testa viene in genere fatto passare attraverso condotti esterni, che raggiungono direttamente la coppa, senza passare dalle camere di manovella, proprio per non peggiorare la situazione).


Ciò comporta un assorbimento di energia che agli alti regimi può essere di entità assai rilevante. Per migliorare le cose, nei motori da competizione, che di norma hanno un sistema di lubrificazione a carter secco, in genere si crea una depressione all’interno delle camere di manovella, adottando pompe di recupero dalla portata esuberante, in modo da far diminuire la densità della nebbia in questione. Riducendo la pressione fino a dimezzarla, rispetto a quella atmosferica, è possibile ottenere un incremento di potenza anche superiore al 4%, nei motori ultraveloci.  

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