Taglio emissioni di CO2, attenzione anche ai danni ambientali della rottamazione

Taglio emissioni di CO2, attenzione anche ai danni ambientali della rottamazione
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Il nostro editorialista, Enrico De Vita, è intervenuto ai microfoni di Rai Radio 1 in merito ai blocchi alla circolazione dei diesel in diverse città italiane
5 ottobre 2018

Sono diverse le notizie arrivate negli ultimi giorni nell’ambito dell’inquinamento causato dalle vetture. Da un lato, ieri il Parlamento Europeo ha approvato il target della riduzione delle emissioni di CO2 delle auto e dei veicoli commerciali leggeri del 40% entro il 2030 e del 20% entro il 2025; dall’altro, in diverse regioni italiane sono entrati in vigore blocchi alla circolazione dei diesel. Il nostro editorialista, Enrico De Vita, è intervenuto ai microfoni di Giorgio Zanchini nella trasmissione “Radio Anch’io”, su Rai Radio 1.

Alla trasmissione ha partecipato anche l’eurodeputato Giovanni La Via, membro della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo. “Ho votato contro il provvedimento – ha spiegato – l’ambizione espressa è eccessiva, i target sono troppo alti per essere raggiunti a scadenza. Il parco auto è l’unico settore in cui emissioni sono ancora in aumento: la decarbonizzazione deve essere accelerata, ma sono necessarie tappe intermedie. Le case automobilistiche saranno responsabili del raggiungimento di questi obiettivi, ma rischiano il collasso, mettendo a repentaglio molti posti di lavoro”.

De Vita ha ribattuto in questo modo alle affermazioni di La Via: “Non risulta che le emissioni di CO2 del parco auto siano in aumento, basta contare i consumi totali di benzina e di gasolio per misurare le emissioni di CO2 dei trasporti. Solo nelle nazioni dell’Est dell’Europa il settore dell’autotrasporto e più in generale l’industria si sta sviluppando, aumentando così i consumi totali. Ma nelle nazioni avanzate, per esempio in Francia, in Italia e in Germania, non è così, le importazioni di petrolio e di altri combustibili fossili per il trasporto sono diminuite notevolmente. E la CO2 emessa è direttamente proporzionale ai consumi.”

Piuttosto facciamo rilevare che mentre l’Europa pone drastiche riduzioni alle emissioni di anidride carbonica, l’Europa stessa demonizza il diesel e in Italia si arriva addirittura a bandirlo, mentre è l’unico propulsore che garantisce sempre – anche in autostrada – una riduzione dal 25 al 30% delle emissioni di CO2.

“Rottamare dai 3 ai 3,5 milioni di veicoli leggeri Euro 3 – ha aggiunto De Vita – significa spendere molta CO2 per durante la fase di produzione delle nuove vetture che andranno a sostituire le vecchie, magari ancora in ottime condizioni. Parliamo di 25.000 kWh consumati in fabbrica per ogni nuova unità, che porterebbero a spendere 85 milioni di megawatt per la produzione totale, con relativa gigantesca immissione di anidride carbonica in atmosfera. L’effetto serra riguarda il Pianeta e non la nazione di provenienza della vettura. Di conseguenza, quando una vettura viene rottamata, si azzera il suo contenuto energetico di colpo e ne conseguono danni ambientali che nessuno valuta”.

“Nel 2003 fu adottato il filtro antiparticolato, che ha eliminato il problema del particolato alla radice nei motori diesel. Additare ancora oggi il particolato come un problema del diesel è una colpevole imprecisione. La decisione dell’Emilia-Romagna di bloccare anche i diesel Euro 4 è irragionevole, visto che si decide di eliminare un propulsore che scientificamente non provoca più gravi problemi ambientali ed ha addirittura il pregio di ridurre del 25% le emissioni di CO2”.  

L’altro ospite della trasmissione, Enrico Fontana, giornalista de La Nuova Ecologia, insiste sulla necessità di cambiamento della mobilità: “Dobbiamo abituarci ai limiti: dove c’è più mobilità elettrica e ci sono meno motori diesel si respira meglio”.

“Le polveri sottili non hanno mai ucciso nessuno – ribatte De Vita - basta essere informati e rilevare che a Milano, per esempio, le polveri sono scese a valori 4-5 volte inferiori negli ultimi 20 anni. Attualmente l’UE ci impone vincoli strettissimi per un gas quasi innocuo, il biossido di azoto. È una decisione che vuole scimmiottare i limiti Usa, che tuttavia sembrano adottati più come arma commerciale contro l’Europa che non per motivi ambientali, visto che le vetture diesel sono quasi assenti dal mercato americano. Non sempre è sacro o scientificamente giustificato ciò che Bruxelles impone: alcune disposizioni dell’Unione Europea sono addirittura ridicole – si pensi alla dimensione delle vongole – e impongono costi eccessivi all’utente finale o finiscono a imporre soluzioni tecniche che non rispettano il principio della neutralità. A bloccare i diesel in Italia - se fosse utile o necessario - dovrebbero essere il CNR e le Università, non le amministrazioni locali”.

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