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Non c'è momento migliore della pausa estiva per tracciare un bilancio della prima parte della stagione 2025 di Formula 1. Andiamo a scoprire insieme i piloti top e i flop del campionato in corso.
George Russell sta disputando la sua miglior stagione in carriera per distacco. Le sue ottime performance in qualifica gli hanno permesso di tirare fuori il meglio da una macchina che post aggiornamenti di Imola era diventata imprevedibile. Se Antonelli si è perso per strada e lui no è merito della capacità e dell’esperienza che gli hanno consentito di compensare le limitazioni della macchina prima che in Mercedes decidessero di tornare sui propri passi, riabbracciando la vecchia sospensione posteriore. Qualche errore di valutazione nella lettura della gara c’è – come la scelta delle slick a inizio gara Silverstone – ma non ha mai guidato così bene e con così tanta costanza in carriera.
Nessuno si stupisce più del talento di Max Verstappen, ma per capire cosa sta facendo nel 2025 basta guardare ai suoi compagni di squadra, massacrati, sventrati da una monoposto che ha un picco di performance praticamente irraggiungibile. Gli aggiornamenti non l’hanno resa più governabile e Verstappen si limita – per così dire – a massimizzare il risultato. A parte qualche momento di scarsa lucidità – vedi Barcellona – pare quasi rassegnato. D’altronde sa che non è colpa sua. E che con tutta la calma del mondo potrebbe trovare un’altra collocazione per il 2027. Da non sottovalutare, poi, è la capacità di non farsi condizionare dai terremoti interni, culminati con il licenziamento di Christian Horner a luglio.
Pierre Gasly è probabilmente il miglior pilota in assoluto nella prima parte del 2025. Con la macchina peggiore del lotto, in certe circostanze inguidabile, lui riesce spesso nell’impresa, specialmente in qualifica. A Silverstone con il vento la A525 non stava in pista, e lui l’ha messa in Q3. Quando si è così indietro si è poco esposti, sia nel bene che nel male. Ma senza il riferimento di un compagno di squadra competitivo – spiace per Colapinto e Doohan, ma è così – è ancora più difficile spingersi verso l’eccellenza. Peccato che nessuno se ne accorga. Se l’Alpine dovesse mai staccarsi dall’ultimo posto del costruttori, sarebbe solo merito suo.
Charles Leclerc sta vivendo un’altra stagione tormentata, come è inevitabile che sia con una monoposto come la SF-25, con pesanti limitazioni che ne impediscono l’impiego nella finestra di utilizzo ideale. Ormai Charles è un pilota maturo, capace di essere costante in gara. Lo si è visto molto bene in una prima parte di stagione in cui ha dovuto impiegare un assetto aggressivo che lo penalizzava in qualifica, il suo terreno di caccia. Si è parlato tantissimo del tasso di conversione di pole in vittorie bassissimo, ma l’Ungheria è stata l’ennesima dimostrazione che non è colpa sua. È una magra consolazione, però, per un pilota che ha raccolto molto meno di quanto ci si potesse preventivare anni fa.
Qualche sbavatura qua e là c’è stata, ma Oscar Piastri sta dimostrando di meritarsi il mondiale che con tutta probabilità andrà a conquistare nella seconda parte della stagione. Freddo, razionale, Piastri ha la mentalità del campione, a differenza del suo compagno di squadra. Da certi punti di vista è ancora acerbo, ma ha mostrato una crescita invidiabile nella gestione della gara rispetto allo scorso anno. È il passo in avanti che gli serviva per poter essere costante e approfittare di una monoposto, la MCL39, che è sì imprevedibile quando è portata vicino al limite, ma risponde meglio al suo naturale stile di guida rispetto a quello di Norris. Che, a proposito, finisce di diritto tra i flop.
Lando Norris non è intimamente convinto di poter vincere, e finché non lo sarà, non riuscirà mai nel suo intento. Spiace dirlo, e non vogliamo usare la sua salute mentale come un’arma contro di lui, ma la mancanza di lucidità nel modo in cui corre è risultata evidente quest’anno. Non parliamo solo di errori macroscopici come il botto di Jeddah in qualifica e il contatto suicida con Piastri in Canada, ma di tante piccole sbavature che gli hanno complicato l’esistenza. È in F1 da troppi anni per farsi bagnare il naso da un compagno di squadra più giovane e più inesperto. Che, visto in pista, sembra il più navigato dei due.
Non facciamo un torto a Lewis Hamilton se ammettiamo che la sua stagione finora è decisamente sotto le aspettative nutrite da tutti sul suo approdo in Ferrari. È vero che è difficile adattarsi a un nuovo team, a una nuova power unit (vedi questione freno motore), a una cultura diversa come quella italiana, con un’emotività che va ad amplificare la sua, già di per sé spiccata. Ci sono stati dei barlumi di speranza – come la Sprint in Cina – che fanno capire che con la macchina giusta il vecchio Lewis da qualche parte c’è. Ma finché si lascia andare alla più cupa disperazione, definendosi inutile, c’è veramente poco da fare.
I numeri di Yuki Tsunoda in Red Bull parlano chiaro, e sono terrificanti. Quanto questo dica di Yuki e quanto dell’incapacità della scuderia di Milton Keynes di trovare un compromesso tra Verstappen e il suo compagno di squadra in termini di approccio alla guida è un altro discorso. Ma restano le fragilità di un pilota che ha sì mostrato qualche timido segnale di miglioramento negli ultimi tempi, ma è la nuova vittima di un sistema che fagocita i piloti e li sputa fuori. Forse l’arrivo di Laurent Mekies potrebbe aiutarlo a ritrovare la retta via. Forse.
Protagonista del passaggio inverso rispetto a Hamilton, dal motore Ferrari a quello Mercedes, Carlos Sainz finora ha avuto una stagione di alti e bassi. Surclassato dal compagno di squadra Albon in termini di punti conquistati, ha pagato lo scotto di un adattamento non semplice. Ma a volte si è anche complicato l’esistenza da solo, sporcando gare già compromesse all’atto della qualifica. Analitico e razionale com’è, oltre che fermamente convinto delle sue capacità, ha tutto quello che gli serve per trovare il bandolo della matassa.
Disastroso. Non ci sono altre parole per definire il povero Franco Colapinto, nonostante tutte le attenuanti del caso, a cominciare dalla macchina per continuare con l’assurdo modus operandi dell’Alpine, che lo conferma gara per gara. Gli ingredienti per l'incubo diurno c’erano tutti, ma Franco continua a mostrare i limiti che ha evidenziato con il passare dei weekend di gara con la Williams. Troppi, troppi errori per lui. Peggio del tanto vituperato Jack Doohan, condannato in partenza perché reo di essere stato scelto dalla gestione precedente.