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C’è un’immagine che racchiude tutto: un bambino con un foglio bianco e una scatola di colori. Quando gli chiedi di disegnare un’auto, senza pensarci la fa rossa. Quella non è solo un’auto. È un sogno. Il sogno di un uomo che ha passato una vita intera a trasformarlo in realtà: Enzo Ferrari.
Il Drake, come lo chiamavano, aveva un motto semplice ma potente: “Se lo puoi immaginare, lo puoi fare”. Non erano solo parole. Erano un impegno, inciso oggi a caratteri cubitali all’ingresso dello store di Maranello, di fronte alla Gestione Sportiva. Un monito per chiunque varchi quella soglia: qui non basta la tecnica. Serve il cuore. Serve la dedizione. Serve la stessa ostinazione che portò Enzo a muovere mari e monti pur di vedere il suo sogno correre su quattro ruote.
La sua vita scorreva tra Modena, Maranello e, di tanto in tanto, Viserba. Un’infanzia segnata dalla perdita del padre e del fratello durante la Prima Guerra Mondiale, e poi la sfida di costruire qualcosa che ancora non esisteva. Non solo auto: simboli del Made in Italy, capolavori di meccanica e di stile, ambasciatori di un modo di vivere. Lo stile Ferrari.
Eppure, Enzo non era un uomo da lontananze. Non amava viaggiare, non amava le ferie. “Non ho mai fatto un viaggio turistico in vita mia. Le vacanze più belle? Restare in officina quando ci sono pochi collaboratori”, diceva. Anche nei giorni di riposo voleva sapere tutto, essere aggiornato su ogni dettaglio. Ferragosto compreso.
Il destino, con la sua ironia amara, decise di portarlo via proprio alla vigilia di Ferragosto, in quell’estate torrida del 1988. Lo fece in silenzio, come lui aveva voluto, tra gli affetti più vicini. La notizia arrivò solo due giorni dopo, quando Enzo riposava già accanto a Dino, il figlio che aveva perso troppo presto. Quel dolore non lo aveva mai lasciato. “Mi ha deluso l’impotenza a difendere la vita di mio figlio, che mi è stato strappato, giorno dopo giorno, per 24 anni”.
Gli occhiali scuri che portava sempre erano un’armatura. “Non voglio che gli altri capiscano come sono fatto dentro”, diceva. Toglierli significava concedere un frammento di sé, un gesto raro, riservato solo a chi aveva dimostrato rispetto assoluto. Eppure, guardava avanti: “Un giorno non ci sarò più. Spero che le vetture che portano il mio nome continueranno a esserci e a farsi onore in tutto il mondo”. Oggi, Commendatore, il suo desiderio è più vivo che mai. Le Rosse continuano a correre, a vincere, a far battere i cuori, in pista e sulle strade di tutto il mondo.
Ogni volta che a Maranello nasce un nuovo modello, ogni volta che la Ferrari vince in pista o che un nuovo progetto prende vita nella fabbrica di Marabello, la domanda è sempre la stessa: “Che cosa direbbe Enzo se fosse qui?”. Dal 14 agosto 1988, ogni passo è stato compiuto con la sua lezione in mente. È come se la Ferrari camminasse ancora sotto la sua ombra, protetta e guidata da quell’uomo che non si è mai arreso.
Un video, oggi, lo ricorda: immagini, traguardi, nuovi sogni… e, sullo sfondo, il volto del Drake. Come a dire: “Io sono ancora qui. E finché ci saranno le Rosse, ci sarò sempre”. E seguendo la sua filosofia: “Quale sarà la prossima sfida da perseguire?”.