Tecnica e storia: l'evoluzione della distribuzione (Seconda parte)

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Lo schema ad aste e bilancieri ha dominato a lungo la scena per la sua semplicità
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
10 ottobre 2018

Il progresso tecnico con il passare del tempo ha reso possibili prestazioni sempre più elevate. Nei motori delle auto di serie si è passati a rapporti di compressione via via maggiori, a camere di combustione di forma più razionale e compatta e a condotti dall’andamento più vantaggioso ai fini della respirazione del motore. Ciò è stato possibile solo abbandonando le valvole laterali e passando a quelle in testa. Adottando questo tipo di distribuzione l’albero a camme rimaneva nella stessa posizione e ad azionare le valvole provvedevano aste (mosse dalle punterie, sulle quali agivano gli eccentrici) e bilancieri. I motori con uno o due alberi a camme in testa erano riservati alle auto da competizione o a pochi modelli di gran pregio.

Come nei motori a valvole laterali, in quelli ad aste e bilancieri l’albero a camme, piazzato nel basamento, veniva azionato da un corto giro di catena o da due (più raramente tre) ruote dentate. La soluzione si prestava assai bene ad essere impiegata quando i cilindri erano in linea, ed era addirittura ideale se essi erano a V. Con quest’ultima architettura infatti l’albero a camme poteva essere piazzato nella parte alta del basamento, al centro delle due bancate di cilindri. E infatti questo schema ha dominato per decenni la scena nei grossi V8 americani, e viene tuttora utilizzato. Nei motori a cilindri contrapposti invece se si impiegava un solo albero a camme (piazzato centralmente e di norma nella parte inferiore del basamento, dove poteva godere di una migliore lubrificazione) le aste risultavano di notevole lunghezza. Per migliorare la situazione in qualche caso sono stati adottati due alberi a camme, disposti in modo da poter utilizzare aste meno lunghe.

Le distribuzioni ad aste e bilancieri avevano i loro punti di forza nella semplicità e nel costo ridotto, ma d’altro canto avevano anche serie limitazioni. Anzi, comportavano svantaggi che per i motori di alte prestazioni erano decisamente sensibili. Le masse in moto alterno erano cospicue e quindi ostacolavano il raggiungimento di regimi di rotazione molto elevati e l’adozione di leggi del moto radicali. Inoltre, la flessibilità delle aste comportava una riduzione della rigidezza del sistema. Risultava quindi conveniente disporre l’albero a camme in una posizione che consentisse di ridurre al minimo la lunghezza delle aste stesse. Per questa ragione alcuni costruttori hanno piazzato l’albero a camme nella parte più alta del basamento, cosa che rispetto alla disposizione usuale consentiva di impiegare aste sensibilmente più corte.

Lo schema più semplice (ed economico!) prevedeva due valvole parallele per ogni cilindro e di conseguenza camere di combustione con una conformazione discoidale, impiegata spesso quando i rapporti di compressione erano molto modesti, e successivamente a a tetto, ovvero “a scatola di sardine”, come la chiamavano i tecnici italiani. Nella maggior parte dei casi i condotti di aspirazione e di scarico erano disposti dallo stesso lato della testa (soluzione “uniflow”).

L’alternativa, largamente adottata soprattutto negli USA, era quella di inclinare notevolmente rispetto all’asse del cilindro il piano sul quale giacevano le due valvole e fare assumere alla camera una forma a cuneo. In ogni caso col tempo, mentre aumentavano i rapporti di compressione, si sono affermati e intensificati gli studi e le sperimentazioni relative alla turbolenza della miscela aria-carburante all’interno del cilindro e alla sua influenza sulla resistenza alla detonazione.

La soluzione ottimale sotto l’aspetto del rendimento si ha con camere di forma emisferica, nelle quali è migliore il rapporto superficie/volume. In questo caso i condotti di aspirazione sono sempre disposti su di un lato della testa e quelli di scarico dall’altro (soluzione “crossflow”). Ovviamente quando si impiegano camere di questo tipo le valvole non sono parallele ma notevolmente inclinate l’una rispetto all’altra. Mantenendo un albero a camme, disposto su di un lato del basamento, il sistema di comando delle valvole diventa quindi più complesso e costoso. Qualcuno, come l’inglese Riley, ha pensato allora di impiegare un albero a camme su ciascun lato del basamento (uno di aspirazione e uno di scarico, quindi). La BMW invece nel suo motore M 328 apparso nel 1937 ed impiegato nel dopoguerra anche dalla inglese Bristol ha utilizzato uno schema ad aste e bilancieri con unico albero a camme laterale nel quale le valvole di aspirazione erano comandate in modo convenzionale. Ciascuna di quelle di scarico invece veniva mossa da un bilanciere azionato da una corta asta che attraversava la parte superiore della testa prendendo il moto da un bilanciere posto sull’altro lato e comandato nella maniera usuale.

Una interessante “variazione sul tema” è stata impiegata per circa vent’anni anni dalla Lancia nei motori di modelli famosi come l’Aurelia, la Flavia e la Flaminia. In questi casi le valvole di ogni bancata di cilindri, inclinate tra loro, non erano disposte trasversalmente ma giacevano tutte sullo stesso piano longitudinale. Le camere avevano una forma emisferica ma la geometria dei condotti non poteva certo essere definita ottimale.

In un certo senso intermedie tra le camere a scatola di sardine e quelle emisferiche sono state le camere polisferiche, come quelle impiegate sulle Fiat 1300 e 1500 dei primi anni Sessanta.

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