WRC16 Marziani in Paradiso. Volkswagen Motorsport e la Macchina del Tempo

WRC16 Marziani in Paradiso. Volkswagen Motorsport e la Macchina del Tempo
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Vincono da tre anni… and count. I segreti “visibili” sono una Macchina, Polo R WRC, e un Pilota, Sébastien Ogier, imbattibili. Ma quattro anni fa Volkswagen nei Rally non esisteva, e il Campione del Mondo non era ancora, ok più o meno, nessuno…
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
25 giugno 2016

Se qualcuno pensa ancora che, per vincere, basti schiacciare a fondo il pedale dell’acceleratore e tenersi forte, si sbaglia di grosso. Anche il piede più “pesante”, oggi, deve far funzionare la testa, e quasi sempre rispondere all’imperativo di riportare la macchina a casa. Non per una questione di costi, ma di ragione dell’”investimento”, di efficienza e di rispetto per il “materiale”. E poi una macchina che torna ai “box”, pur malconcia, porta sempre dei dati utili. Il primato, dunque, è il risultato di un delicatissimo equilibrio di comportamenti e di organizzazione, in cui ogni aspetto deve essere oggetto della massima considerazione. Il WRC è uno di quegli ambienti nei quali c’è una frase fatta che trova una chiarissima, indubitabile evidenza: il risultato lo ottiene il Team.

Prendiamo una Squadra “a caso” che partecipa al Mondiale, ad esempio il Team Volkswagen Ufficiale capitanato da Jost Capito. Il lavoro sul Rally, per esempio il Sardegna Italia di giugno, parte da lontano. Dalla preparazione specifica, certo, con gli studi del percorso e delle circostanze ambientali, della conformazione delle prove e dei fondi delle strade. Operazioni che possono risalire a mesi prima quando sono effettuati dei test specifici, e quindi più generalmente già incluse in una routine tecnica prestabilita. Ma la preparazione di base, che lega il successo alle scelte fondamentali, risale a molto tempo prima, a volte anni, e inizia con la stesura dei capitolati tecnici e logistici, e delle metodologie “anti-errore” che verranno adottate. Uno dei “segreti”, e comunque il modo migliore per andare a scovare i più piccoli problemi che possono insorgere, dall’allestimento del Team alla Vettura passando per l’impianto logistico, è quello di lavorare nel “pulito”, in modo che il “difetto” salti fuori evidente come elemento contrastante in un contesto perfetto.

È un altro dei casi chiari in cui alla base della riuscita c’è… l’organizzazione. Nel 2013 Volkswagen fece il suo ingresso nel Mondiale WRC e, al termine dell’anno, fu la prima Marca a conquistare entrambi i Titoli, Piloti e Marche, al debutto. Un’impresa sensazionale che è stata ripetuta, ogni anno incrementando il valore del record, anche nelle due stagioni successive, e niente lascia pensare che non si arrivi a quota quattro alla fine di quella in corso. Analogamente, Sébastien Ogier aveva fatto vedere qualcosa di “interessante”, per esempio ottenendo il terzo posto alla fine del Mondiale 2011, ma era ancora una bella promessa, tutta da mantenere. Nel 2012 Volkswagen e Ogier si incontrano, il Pilota corre con una Skoda Super 2000 e intanto il Reparto Motorsport sta sviluppando la Polo R WRC, un lavoro che richiederà 17 mesi e cento sessioni di test.

Il debutto al Montecarlo 2013 è accompagnato da miti dichiarazioni su sobri obiettivi, ma d’un colpo la Polo R e Ogier vincono la prima Prova Speciale. Finiranno il Rally al secondo posto, alle spalle del “dio” Loeb, ma di seguito, prima ancora che si riesca a crederci davvero, il “binomio” vince i tre successivi Rally, Svezia, Messico e Portogallo, ed entra nella storia dalla porta principale. Vincerà tre Mondiali consecutivamente fino a oggi, diventando una leggenda del presente. Per vincere tre volte di fila la Dakar, 2009, ‘10 e ‘11, con potenziali tecnico e economico analoghi, Volkswagen aveva impiegato ben cinque anni. Nel WRC non c’è stata attesa, solo il tempo di un esplosivo stupore. Ancora oggi c’è chi non si rende ben conto dell’accaduto, e chi cerca di carpirne la formula vincente. Organizzazione. Genio, organizzazione e cura maniacale, per definizione tedesca, del dettaglio. Ecco come funziona, in uno schema che definiremmo “tipo”.

Il dipartimento Volkswagen Motorsport, che ha sede a Hannover, conta 180 persone di almeno una ventina di differenti nazionalità. Non una “Nazionale”, dunque, i Cosmos di un tempo. 120 persone sono impegnate nello sviluppo dell’attività Rally, WRC in particolare, e circa due terzi di queste partecipano alle trasferte Mondiali. Numeri da capogiro, vero? Beh, chiedete a Ciccarone quello che accade in Formula 1!

Sotto le “tende” del Team sono assistite tre Macchine, le Polo R WRC Campioni del Mondo, che fanno capo ai due Team Volkswagen Motorsport 1, Ogier-Ingrassia, Latvala-Anttila e VWMS2, Mikkelsen-Jaeger. Ogni macchina è assistita da 4 meccanici. Per regolamento ne sarebbero ammessi il doppio, ma per ragioni di “costi”, è stata scelta questa formula, più un motorista che è Jolly, più il Signor Willi, che è il “tutore” di tutti gli Equipaggi e che, oltre a fornire loro ogni tipo di servizio e di assistenza è in grado, vista la confidenza e l’universalità della funzione, di intervenire oltre che su caschi e integratori, per esempio, anche su eventuali “falle” psicologiche dell’Equipaggio. Un confidente.

Cinque persone più una, possono avvicinarsi, “toccare” le Macchine da Corsa. Non una di più, nessuna deroga. Poche persone, ma sono tutti Campioni del Mondo, scelti e preparati per primeggiare in ogni singola situazione, complessiva e di dettaglio, allenati per essere infallibili. Per sostituire un cambio ci vogliono 10-12 minuti, una turbina 8, per quattro ammortizzatori bastano due minuti. Il motore non si può sostituire, chiaro, nel caso si passa al regolamento Rally 2, si perde la giornata di gara e si riparte con una forte penalizzazione. Un bullone stretto male e la macchina può non andare neanche a punti. Ecco dove nasce la necessità di essere infallibili, e per allenarsi per una cosa che non è di questo mondo non resta che tendere, maniacalmente, alla perfezione. Dettagli.

Appena la Macchina entra ai “box”, per esempio per il flexi service di metà o fine giornata, viene agganciata a un cordone ombelicale elettronico, “bidirezionale”, che fornisce corrente alla batteria e “succhia” dati telemetrici. Il “cordone” finisce in un “TIR” che è il reparto tecnico del Team, inviolabile, e dove ingegneri e tecnici si occupano dei numeri inviati come input e generati come risposte dalla corsa della macchina. Immaginate la schermata di flusso di Matrix, e di capirci qualcosa. Meccanici attorno alla Macchina, Tecnici e Ingegneri in sala di controllo. In quella mezz’ora, o 45 minuti al massimo, gli Equipaggi vanno nel limbo tra corsa e pubbliche relazioni. Debriefing, mangiare, bere, cambiare abbigliamento, a disposizione di VIP e di rompiscatole, noi. La regola è il sorriso sulle labbra, il che stimola in noi la più spudorata invadenza. Ma non si scompongono, sono allenati anche per questo.

Le varie fasi si incrociano senza neanche sfiorarsi. C’è un posto per parlare, uno per mangiare, uno per le interviste, persino un corridoio invisibile per le visite guidate dei VIP, che passano convinti di accedere a tutto ma che sono sempre mantenuti a debita distanza da luoghi e momenti chiave. L’illusione di partecipare è totale. Le visite sono guidate da Luis Moya. Che diamine, in un Team dove tutti son Campioni del Mondo anche l’ambasciatore è Campione del Mondo. Anzi, lo è stato due volte, con Carlos Sainz. Luis naturalmente sa tutto, ha esperienza e carisma stellari. Ancora oggi, se incrociato per la strada in compagnia di Ogier, metà dei tifosi a caccia di autografi fermano l’ex Co-Pilota. Lo spartiacque è, naturalmente l’età. Solo i ragazzini non danno peso alla sua faccia, tutti gli altri sì. Beh, a Moya chiederemo se ha intenzione di accompagnare Sainz ancora una volta, alla Dakar, ma per il momento, la risposta è ancora “no”. Per il momento…

Le varie fasi si incrociano senza neanche sfiorarsi. C’è un posto per parlare, uno per mangiare, uno per le interviste, persino un corridoio invisibile per le visite guidate dei VIP, che passano convinti di accedere a tutto ma che sono sempre mantenuti a debita distanza da luoghi e momenti chiave. L’illusione di partecipare è totale

Un’idea della meticolosità della preparazione del Rally viene dal reparto pneumatici. Quando correva Moya, ogni macchina aveva a disposizione fino a mille gomme per Prova di Mondiale. Altri tempi, altri chilometraggi, altri regolamenti. Si poteva cambiare e scegliere ad ogni Speciale, e quindi il “service” gomme era un’operazione monumentale. Oggi si deve fare i conti con un regolamento ferreo. Questione di costi, economie, farsi belli e semplificare la vita… ai produttori, ma quale che sia la vera origine, la regola è sempre sportivamente stimolante. In Sardegna, per esempio, massimo 32 pneumatici. Ma è delirio ugualmente. La scelta è delicatissima, per esempio bisogna ricordarsi che perdono fino a dieci chili alla fine del giro, e che la Macchina, tirata al grammo non può scendere sotto i 1.200 chili. D’altra parte è un’operazione cruciale, perché una gomma sbagliata vuol dire perdere la “comunicazione” tra il potenziale della macchina e il terreno, che nella prestazione di un’automobile è tutto.

La scelta del pneumatico, così come la strategia legata al loro utilizzo è una scienza… non esatta. C’è uno studio infernale dietro, ma davanti resta sempre una dose d’incertezza. Temperature dell’asfalto o della terra, natura del fondo, più o meno abrasivo, più o meno duro, più o meno accidentato. Troppi più o meno, la scienza diventa filosofia del compromesso, ma pretende ancora una volta di tendere alla perfezione. Il Pilota, l’esperto della Marca produttrice, i Manager della Squadra, tutti sono coinvolti nella scelta, più o meno. Un ruolo importantissimo è quello dell’esperto meteorologo. Entra in scena Silke, guru meteo di non so quale televisione e di non so quali olimpiadi, ora con Volkswagen. Per il Rally Italia Sardegna Silke ha garantito: non pioverà. Il che semplifica di non poco le cose. Avrà ragione, Silke, ma solo per quanto riguarda le sue Macchine, più veloci della pioggia sulla Monti di Alà, che usciranno dalla Speciale un attimo prima dell’arrivo del temporale. Brava, brava davvero, millimetrica, la Silke, ma è chiaro che nessuno è in grado di offrire la certezza. Meno male, altrimenti addio all’incertezza, linfa appassionante dello Sport!

Box, ospitalità, ristoranti e bar, uffici stampa e bagni, reparti di controllo e di… svago, viaggiano trasportati da otto autotreni, e tutto viene montato accuratamente prima dell’arrivo della Squadra. Un piccolo villaggio completamente autosufficiente per il supporto ai tre Equipaggi e alle tre Polo R, che gira per l’Europa. Ma il “kit” è raddoppiato. Un secondo “set” viaggia a parte sulle rotte d’oltreoceano per i Rally di Messico, Argentina, Cina, Australia. Parte anzi tempo e resta fuori fino all’ultima trasferta, trasportando tutto quello che già a novembre si deve aver immaginato potrà servire per le quattro trasferte intercontinentali. Solo le Macchine viaggiano in aereo, e rientrano alla base dopo ogni Rally, per essere completamente smontate, cablaggi compresi, e rimontate esattamente come nuove. Un altro esempio di meticolosa organizzazione, di cura del dettaglio. Ogier “schiaccia” sull’acceleratore in Svezia, la carovana di TIR sta andando a sistemare il “Paddock” in Messico, e intanto un Team sta provando la Polo R WRC ’17 chissà dove, magari in Spagna.

Abbiamo visto che a monte del gesto sportivo le operazioni si moltiplicano, allargando quasi a dismisura le “dimensioni” del Team, della “Squadra senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile…” E non abbiamo parlato di un solo particolare strettamente tecnico, di come per esempio evolve in tutto questo tempo una mappatura di centralina, una mescola di attrito, la lunghezza di un braccetto o di un’articolazione di sospensione, un differenziale, che oggi è meccanico e domani sarà elettrico ma che nel frattempo è evoluto x volte passando sotto il telo blu top secret dal magazzino alla vettura, tutti lì intorno a guardare senza vedere o capire niente. Questa è un’altra materia, un’altra storia ancor più sbalorditiva. Basti, per ora, sapere che anche questa è asservita alle regole dell’organizzazione. E della cura del dettaglio.

Alla fine della giornata, del service, del Rally, uno dei meccanici si occupa della pulizia dei teli sui quali viene parcheggiata la Macchina. L’operazione è accuratissima e si porta via un sacco di tempo. L’addetto di turno non ha fretta, passa e ripassa, bagna, insapona, sciacqua, asciuga. Lustra, alla fine il telo è splendente. Il voler essere maniacali ha forse creato delle manie? No, ricordate? “Il difetto si vede più chiaramente se emerge evidente da un contesto perfetto!”. Cura del dettaglio.

Ah, un’ultima cosa. Abbiamo rivisto il concetto di Team, non più un ristretto nucleo operativo ma un’unità multifunzionale complessa, un’entità che non riesce a stare tutta in uno sguardo, in un luogo, in una circostanza temporale. La Squadra Volkswagen vince perché è riuscita a coordinare in modo perfetto genio tecnologico, capacità di realizzare “oggetti” performanti e competitivi, e una grande coscienza organizzativa. Manca la chiave di volta del sistema, il tocco che trasforma tutto questo nel successo, nella capacità di stravincere.

Il tocco necessario è quello del direttore d’orchestra, l’Uomo che unisce i suoni nella sinfonia. Jost Capito. Un’altra storia.

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