WRC23 Rally Italia Sardegna. Antonio Turitto, il “Comandante” della Divisione RIS

Pubblicità
Piero Batini
  • di Piero Batini
Voce a Antonio Turitto, Direttore del RIS. La forza di una Squadra che lavora sul più bel Rally del Mondiale in chiave di futuro. Ovvero sulla “formazione”, sulle nuove tecnologie, sul come mantenere viva la visione originale
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
9 giugno 2023
Antonio Turitto, Francesco Marrone, unico Pilota di 20 RIS, Lucio De Mori DdG
Antonio Turitto, Francesco Marrone, unico Pilota di 20 RIS, Lucio De Mori DdG

Olbia, 5 giugno 2023. “Il vero “comandante” non è colui che dispensa ordini, bensì il condottiero che riesce ad attivare la creatività dei suoi uomini nella realizzazione di grandi imprese”.

20 anni di RIS. Rally Italia Sardegna. Se esiste in questa configurazione così speciale lo dobbiamo, in misura che non sta a noi precisare, a Antonio Turitto. Direttore del Rally Italia Sardegna per conto di ACI Sport, Turitto dirige una grande Squadra, attraverso la quale si realizza la magia del Rally. Oggi stiamo ancora celebrando la 20ma edizione della Prova italiana di Campionato del Mondo. Una volta di più, il Rally ha prodotto uno scenario agonistico di enorme e inusuale intensità, enfatizzando la grande espressione dello spettacolo della disciplina. È stata un’edizione decisamente forte alla quale la variabilità meteo ha impresso un’accelerazione incredibile in termini di pathos, di fatto scombinando ancora di più le carte del suo sviluppo, mai prevedibile, arduo da interpretare e difficilissimo da vincere. Non ha vinto il Pilota più spettacolare nel modo in cui ci si aspetta in Sardegna, ma anche questo, di tanto in tanto, fornisce una chiave di lettura diversa e interessante del fenomeno del Rally dell’Isola. A dire il vero, anche le carte della città che l’ha ospitato sono andate un po’ gambe all’aria. Olbia, assediata dai tifosi, è rimasta per tre giorni prigioniera della passione (certo, creando anche qualche difficoltà, strettamente dipendente dalla straordinaria invasione). Ma in fondo una piccola critica alle dinamiche, come un piccolo difetto nella persona, è quella cosa che umanizza la grande bellezza.

In Sardegna si è vista la Grande Squadra al lavoro. Non è un gioco. 800 uomini ben organizzati, efficienti, mai il dubbio di perdere il controllo della situazione. Ci sono i soldati e i generali, ma le gerarchie sono rese invisibili dall’omogeneità di efficacia. È un grande, complesso lavoro di impostazione e di progetto, evoluto in vent’anni di successi. Non solo successi sportivi e di spettacolo, ma anche di efficienza, ovvero di risultati.

Antonio Turitto, quali sono i punti cospicui di vent’anni di successo del “RIS”?

Antonio Turitto. “Sicuramente dobbiamo partire dal gruppo di lavoro. Un gruppo di persone amiche e che ha una visione. È lì che abbiamo cercato di portare le nostre sensazioni, le nostre emozioni, in un progetto di lavoro che è anche un progetto di vita. Tutto quello che abbiamo fatto è stato quindi proiettato nel chiederci: che cosa vorrebbe il nostro spettatore, quello spettatore che ha le nostre stesse passioni? La risposta è che vorrebbe sempre un grande spettacolo, prove speciali altamente tecniche e competitive, in grado di rappresentare l’epicità di un’impresa. Perché è un fatto: non tutti possono guidare quelle macchine per così tanti chilometri e su quel tipo di strade. Quindi spetta a noi consentire che si possa realizzare, e quindi vivere e raccontare, un’impresa. Poi, noi sappiamo che il territorio della Sardegna è così vasto, e così bello, così scenografico da poter essere considerato un set cinematografico. Lo vedete, ci sono immagini di auto in speciali gremite di pubblico e di bandiere che sembrano ricostruite in un set cinematografico. E invece è la Sardegna, sono gli appassionati, le bandiere dei tifosi. È tutto reale. È un’ambientazione fantastica, quell’ambiente che abbiamo sempre cercato di proteggere sin dall’inizio, a volte facendo scelte anche dolorose di rinuncia a prove speciali molto belle perché in zone di ambiente conteso. È un impegno che abbiamo preso con il territorio, perché pensiamo che nella vita tu vai in un posto e devi ascoltare quel posto, se hai sporcato devi pulire, e se ti è possibile devi lasciarlo più bello di come l’hai trovato. Questa è stata la visione che ci ha accompagnato in questi vent’anni. Dato che noi non lavoriamo in miniera, abbiamo pensato che dovevamo divertirci, che il nostro lavoro dovesse essere prima di tutto passione. Abbiamo cercato di tradurre in concreto questa aspirazione. Si badi, non è l’uso di un pluralis maiestatis, è un concetto che abbraccia tutte le persone. Da Tiziano a Lucio, a tutti quelli che sono entrati dopo. Sono tutte persone che hanno lo stesso filo conduttore, la visione.

In vent’anni la Squadra si evolve, matura, entrano nuove persone, alcune devono lasciare. Oggi solleciti l’introduzione nel Team di “under 30”, giovani, insomma. Vuol dire cercare lì gli appassionati? Formarli? Solo rinnovare un organico che inevitabilmente invecchia?

AT. “Sicuramente tutto quanto hai detto. In questa fase non è che abbiamo emesso un bando del tipo “accostatevi a noi”, anche perché noi lavoriamo per un Ente e in quel caso i bandi hanno il loro percorso burocratico e normativo. No, noi stiamo pensando a un rinnovamento andando a individuare nel settore quelle personalità, già formate, in formazione o addirittura da formare, al di sotto dei trent’anni. Perché questo? direi che è molto semplice: pensiamo al ricambio generazionale. Io penso che le persone, quando diventano grandi, tendono a alimentare uno spirito conservatore, a non modificare il loro status quo per habitus mentale, per comodità, e perché tutto sommato iniziano ad aver paura a cambiare la loro vita. Invece no. Il cambiamento, la modifica, l’innovazione, anche cambiare ogni giorno qualcosa è uno stimolo. Penso che dai giovani, i trent’anni non sono un confine, sono un’idea di persona intellettualmente giovane, possono arrivare nuovi stimoli al gruppo di lavoro, e certamente così operando si possono garantire quei ruoli che piano piano andranno sempre più… io prendo in giro i più anziani dei nostri perché dico che usciranno dalla nostra Squadra con i piedi in avanti, come da un saloon, prima di mollare. Loro sono consapevoli che devono trasferire ad altri le loro competenze.”

Sicurezza, è forse uno dei temi che più di altri evolve rapidamente dal punto di vista delle esigenze e al quale bisogna rispondere in modo tempestivo, compiuto. Hai parlato di benvenuto alle nuove tecnologie, e in particolare, in questo momento, di un sistema, sperimentale sulla 20ma edizione del RIS. Di che si tratta?

AT. “Sperimentale, sì. È l’anno zero di un sistema di monitoraggio del comportamento del pubblico attraverso l’utilizzo dei droni. Io mi ritengo una persona abbastanza caparbia. Considero questo anno zero come un anno di sperimentazione, e non mi faccio condizionare da un risultato eventualmente negativo. Perché nella sperimentazione il risultato negativo è una possibilità. Devo dire che ha funzionato. Guardavo le immagini e sono stato capace di riconoscere un fotografo. Questo vuol dire che, al di là di legittime tematiche sulla privacy, noi siamo in grado di disporre di immagini al solo scopo di elevare il livello della sicurezza del Rally nel rapporto con gli spettatori. Avere contezza di quello che sta accadendo sulla prova speciale immediatamente prima dell’avvio del primo concorrente, è molto importante per la gestione del movimento del pubblico. Direi che è essenziale per apparecchiare la tavola nel modo migliore possibile. Allora, soltanto questo tipo di tecnologia ci consente di avere così tanti occhi, e così attenti, sulle prove speciali. Quando abbiamo deciso di fare questo passo in avanti l’abbiamo fatto perché lo scorso anno, per una serie di contingenze, non abbiamo lavorato al nostro tradizionale livello. Abbiamo avuto delle pecche che hanno evidenziato come fosse fragile il sistema. Non è stata nostra totale responsabilità, però ci ha dato consapevolezza dei limiti del sistema. Così a luglio abbiamo avviato una serie di interlocuzioni con organizzatori di altre prove di Campionato del Mondo, per capire come affrontavano loro la problematica. Per la verità abbiamo scartato tutti i loro sistemi. Perché installare telecamere sulle vetture safety è condizionato dalla connettività e dal fatto che, una volta passate le safety, non sai più nulla. Un altro sistema è quello di mettere le telecamere sugli elicotteri, ma è estremamente costoso. Poi abbiamo pensato a delle telecamere fisse, istallate su pali, in alto e con grandangoli che potessero darci una rappresentazione utile. Abbiamo dovuto riconoscere che è un sistema meno costoso ma rigido, nel senso che le telecamere sono fisse ed è impossibile ottenere una copertura di visuale completa. Così abbiamo pensato ai droni.”

In che modo?

AT. “Abbiamo realizzato un progetto dedicato con il CNR, e abbiamo attivato un rapporto molto forte con ENAC, non c’è una normativa ancora molto chiara in questo senso. Il CNR elabora progetti ad ampio spettro, e ha l’intenzione di applicare questo genere di studi anche in sede di Protezione Civile. Il progetto prevede la guida dei droni da remoto, aspetto essenziale in ambito di Protezione Civile, dove in molti casi il primo problema è l’inaccessibilità dei luoghi con i mezzi tradizionali. Tuttavia, la normativa in evoluzione ancora non ammette questo tipo di guida, così ENAC ci ha consigliato di non esagerare, e per questa edizione del Rally i droni sono partiti e sono stati pilotati da terra sul luogo della sorveglianza. Il futuro è l’utilizzo di questa tecnologia in abbinamento con gli elicotteri, e noi dobbiamo arrivare al punto di avere un centro di controllo del volo nella nostra Direzione di Gara, in modo da poter governare l’attività dei droni, degli elicotteri, degli aerei in quota, tutto gestito da un tecnico di riferimento, penso all’ENAV. Avere un governo centrale dei vari livelli di volo è di fatto un’esigenza di sicurezza. Faccio un esempio: abbiamo raggiunto un punto di compromesso con i gestori della televisione, che avevano paura di interferenze tra i voli degli elicotteri TV e i droni alle basse quote di ripresa. Abbiamo risolto lavorando sui tempi di intervento dei due sistemi, quindi facendo uscire di scena i droni un attimo prima della partenza degli elicotteri.”

Questo progetto rappresenta il futuro del Rally Italia Sardegna?

AT. “Il futuro, anche in generale, è questo. Assemblare le operazioni, renderle sinergiche e tendere ad avere un controllo totale su quello che succede. Poi, certo, il controllo non necessariamente risolve i problemi, ti dice solo che esistono. Quindi si deve capire come risolverli. Un’altra innovazione: gli Steward. Anche in questo caso è l’anno zero. Abbiamo capito dalla sperimentazione quel che dobbiamo fare in futuro per arrivare ad avere persone più formate. Quest’anno abbiamo deciso che i commissari di percorso si occupano della parte sportiva, per la quale sono diventati commissari, mentre della sicurezza si occupano gli Steward. Come in un concerto, in uno stadio. È chiaro che abbiamo bisogno di tempo dedicato per reclutare e formare questi ragazzi giovani, per insegnare loro quel che devono fare e come farlo. Anche questo è futuro: figure professionali che, ricevuto l’input dalla Direzione di Gara, a sua volta allertata attraverso il sistema dei droni, sappiano entrare in azione in maniera rapida e effettiva. Due aspetti che vanno insieme, uno tecnologico e uno di modifica delle competenze sul terreno.”

© Immagini -Toyota TGR-DAM - Red Bull Content Pool – Hyundai Motorsport – Ford M-Sport – WRC.com

La scheda “tecnica”. Il Progetto di futuro di Antonio Turitto si chiama "Safety & Security Empowerment in WRC", ed è stato elaborato insieme al gruppo REMOTE del Consiglio Nazionale delle Ricerche, C.N.R. È finalizzato ad aumentare la sicurezza dell’evento sportivo grazie all’utilizzo di droni. Come funziona? Per l’esperimento nel RIS23 sono stati utilizzatii 6 droni, DJI Mavic 2 e DJI Matrice 210 dotato di camera Z30, di tipo commerciale per avere una procedura replicabile, caratterizzati da buona autonomia di volo e ottimale qualità di ripresa. I droni sono stati pilotati lungo il percorso di ogni prova speciale e hanno monitorato le zone maggiormente a rischio in relazione alla presenza di pubblico fuori dalle aree sicure. Per questo è stata creata una rete integrata mobile sulla quale hanno transitato in maniera sicura flussi video, dati telemetrici e comunicazioni tra operatori. Per ovviare alla mancanza di copertura GSM o di altre strutture di telecomunicazioni sono stati utilizzati anche link satellitari. I dati raccolti dai droni sono confluiti sui server CNR IIT di Pisa, e quindi “rimbalzati” a Olbia in Direzione di Gara. L’operatività è stata resa possibile dalla fattiva collaborazione dell’ENAC. L’operatività dei droni è stata coordinata da Andrea Berton e Marco Paterni, Remote-CNR

Marco Paterni. “Siamo grati al dottor Antonio Turitto per questa opportunità decisamente interessante, che non finisce con questo evento e la cui l’esperienza acquisita potrà permettere di sviluppare nuove tecnologie di sicurezza. Con questo sistema si potranno, oltre a segnalare la presenza di spettatori all’interno delle aree a rischio, implementare metodi automatici di segnalazione e supporto decisionale, riducendo ulteriormente le criticità, e operare in remoto direttamente dalla Direzione di Gara. I droni cambiano il punto di vista dell’osservatore, lo allargano e forniscono una interessante integrazione agli strumenti di sicurezza già utilizzati, lasciando aperti nuovi scenari per il futuro.”

Pubblicità