Dakar 2016. La regolazione del minimo

Dakar 2016. La regolazione del minimo
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Si dice che i preliminari sono la rovina dell’effettività. Certo, tre giorni di operazioni preliminari quando si scalpita per la Dakar sono una bella prova per la psiche. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, naturalmente
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
2 gennaio 2015

Buenos Aires, 1° gennaio 2016. Con tutta l’ansia da prestazione che ispira la Dakar, starsene tre o quattro giorni attorno al Parco del Bicentenario, a Tecnopolis per assolvere alle operazioni burocratiche della corsa è uno stillicidio. E più lo è, più ogni anno c’è quel piccolo dettaglio in più che è progettato per farti saltare i nervi. Ma il Dakariano ha i nervi d’acciaio, e gli fa un baffo. Comunque è una noia mortale, costellata di anda e rianda da una postazione all’altra, dal veicolo di assistenza all’edificio delle verifiche, chilometri, dal proprio mezzo da corsa all’assistenza, e così via. Se poi non ti va uno stop, alla fine del calvario di ore passate a tentare di convincere il commissario che è un guasto passeggero, come è successo a Manuel Lucchese, devi tornare il giorno dopo, e quello successivo fino allo scadere del tempo massimo consentito, gettando la moto in parco chiuso all’ultimo tuffo.

Scorci di Buenos Aires
Scorci di Buenos Aires

 

L’incubo vero è la richiesta e il passaggio in rassegna delle carte di credito. Finora al massimo serviva da garanzia per le cose materiali, che so, un GPS tracker Tripy che compri con duecento euri “coperto” da un’assicurazione sul tuo numero per un importo cinque volte superiore. Adesso te la chiedono anche per la salute, per garantirsi che, se hai un incidente importante, e dal punto di vista dei costi sono importanti anche i raffreddori, ormai, tu sia in grado di pagarti il conto della sfiga. A farti saltare i nervi ci si mettono anche le banche. Quando ti iscrivi stai a ore sul tuo “dossier” virtuale sul sito ufficiale delle iscrizioni. Dentro pdf, numeri, conoscenti e amici, telefoni e conti correnti. Quando finalmente ti sei iscritto, magari scopri che lo hai fatto per il 2019 o che hai iscritto il tuo peggior nemico. No, non si arriva a tanto, ma una cosa è quasi certa. Tu ordini il bonifico, e stampi la comprovante, ma quando arrivi alla fila del banco contabilità, la più lunga e lenta, scopri che quel certificato sancisce che il bonifico è partito, ma non che è arrivato. E quasi sempre, se non l’hai ordinato a primavera, non è arrivato. Provi a chiamare, ma sai già che il 31 dicembre non risponde neanche la segreteria automatica. I più attenti ed esperti ormai lo sanno, un bonifico via internet non è istantaneo come si potrebbe supporre anche al più basso livello di ragionevolezza, ma è lento quasi come una barca a vela… veloce. Per fare i diecimila chilometri tra Europa e Sud America gli ci vogliono venti giorni. Il bello è che è tutto collaudato alla perfezione, perché alla fine tutti i birilli vanno giù e sei autorizzato a partire, ma te la fanno penare.
Alcuni piloti ufficiali impegnati in una conferenza stampa
Alcuni piloti ufficiali impegnati in una conferenza stampa

In questo interminabile “frattempo”, ti sembrerebbe giusto che quelle lunghe giornate fossero dedicate con la massima calma a rinsaldare le amicizie nate in seno all’enorme famiglia dei Dakariani. Vorresti salutare i Campioni che sono tuoi amici fraterni, i manager che ti hanno seguito all’inizio della carriera e che sono ancora lì, dedicare la massima disponibilità emotiva al fratello ritrovato che ti ha dato quel litro di benzina vent’anni fa nel deserto libico. Ma non è così, non per tutti. Gli incontri avvengono ma, salvo pochi casi, e Camelia Liparoti sembra essere uno di questi, i tre quarti dei partecipanti si sottrae al salotto perché ha la testa intrappolata nella tensione del regime di verifica. Non per tutti è così. Di solito lo è in maggior misura quanto più si tratta di concorrenti privat. Per gli ufficiali la vita ovviamente è tutta un’altra. Questi, sì, sono momenti di relax, un po’ noiosi, ma anche divertenti. Si passa da una conferenza all’altra, al drink organizzato dallo sponsor che fa sbadigliare mezzo team X-raid, ma non il nuovo arrivato Hirvonen, a guardarlo attentamente non del tutto tranquillo. C’è che è “costretto” al rito dell’autograph session, pile di manifesti della Macchina da firmare sorridendo. A Gianni con simpatia, a Rachele che è#1, a Beppe sportivamente. Il massimo che ti può capitare di seccante è che, a causa del gran caldo, tu debba interrompere anzitempo la firma dei poster perché, come è successo all’assaltato Team Peugeot Total, ti si è… seccato il pennarello.

I piloti Peugeot impegnati in una sessione di autografi
I piloti Peugeot impegnati in una sessione di autografi

Naturalmente tutto il relax dei Piloti e degli Equipaggi ufficiali hanno un prezzo, che si paga in due tranche. La prima è di competenza dei meccanici, che svolgono per i loro Ufficiali tutte le operazioni preliminari possibili. La seconda tocca poi ai Piloti e agli Equipaggi, e si paga in una valuta che si chiama pressione. Proprio così, finiti i giorni della spensieratezza di Tecnopolis, per gli Ufficiali arriva il momento del “dovere”! Le perle non mancano mai, e sono i tranquilli per natura, o quelli che ne hanno passate così tante che non è certo una due giorni di verifiche fitte che può togliere loro la massima serenità. Sono quelli che scherzano, che sdrammatizzano, e che contribuiscono a tenere alto il morale della truppa. Uno di questi è Matteo Casuccio. Doveva sparire dalla mappa della Dakar, perché aveva sofferto troppo per portare a termine l’impresa solitaria dell’anno passato. Poi aveva deciso di esserci, al posto di Lucchese come accompagnatore dei VIP. Infine appare serafico in qualità di guru, di guida spirituale dell’Equipaggio Marrini-Sinibaldi. Amici. Che ci sta a fare? A portare il contributo di allegria. Come? Sdrammatizzando, e insegnando come si deve fare a superare i momenti peggiori. E come si fa? È semplice, è una questione di attitudine.

Ogni Dakariano dovrebbe essere freddo, pronto e lucido come James Bond, e sapersi infilare, immediatamente e senza battere ciglio, nello smoking anche alle due di notte, solo perché è stato invitato da un’amica a bere qualcosa sulla terrazza dell’hotel. Invece, dice Casuccio, diventano tutti nervosi, isterici

Ecco, ogni Dakariano dovrebbe essere freddo, pronto e lucido come James Bond, e sapersi infilare, immediatamente e senza battere ciglio, nello smoking anche alle due di notte, solo perché è stato invitato da un’amica a bere qualcosa sulla terrazza dell’hotel. Invece, dice Casuccio, diventano tutti nervosi, isterici. Sono capaci di andare per ore alla ricerca di un meccanico che li aiuti a registrare il minimo del motore, e non si accorgono che sono proprio loro ad avere il minimo troppo alto. Bene, ormai è fatta. Quasi trecentocinquanta numeri di gara sono stati passati al setaccio della conformità al regolamento e alle norme sportive e tecniche. C’è tempo per il briefing, e immediatamente dopo si attacca dal prologo, 11 chilometri soltanto, e il trasferimento di quasi 350 sino a Rosario per il bivacco “light”. Poi 9.500 chilometri. Tanti, ma è ancora nulla rispetto a come questi chilometri verranno somministrati, giorno dopo giorno in dosi massicce, senza una regola o una consuetudine, un giorno diverso da quello che lo ha preceduto, quello successivo ancor avvolto nel più fitto mistero.

 

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