Ayrton Senna: lo spartiacque della Formula 1 a trenta anni dal fatale incidente

 Ayrton Senna: lo spartiacque della Formula 1 a trenta anni dal fatale incidente
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Paolo Ciccarone
Il 1° maggio 2024 si celebrano i trenta anni dalla morte di Ayrton Senna. Ecco come è cambiata la Formula 1 da quel fatale incidente
30 aprile 2024

Ci sono date che fanno da spartiacque. Numeri che riportano alla mente situazioni, eventi, accadimenti, unici e che restano impressi nel calendario dei ricordi e delle emozioni. Se parli di 1° maggio 1994, la mente va a quanto accaduto a Imola. La morte di Ayrton Senna nel GP di San Marino fu lo spartiacque che divise il mondo in prima di Senna e dopo Senna. Nemmeno la scomparsa di Gilles Villeneuve, 12 anni prima, aveva avuto un impatto così forte anche se è un’altra data spartiacque. La differenza sostanziale fu che dopo la morte di Gilles, le regole e il mondo della F.1 restarono identici al prima. Con la morte di Senna niente fu come prima. L’impatto emotivo di quella Williams bianca e blu che sbatte contro il muro del Tamburello, come accaduto in passato a tanti altri, Berger, Alboreto, Guerra, Piquet, Patrese tanto per citarne alcuni, stavolta era diverso.

Quel casco giallo con le righe blu e verdi, bandiera brasiliana, che accenna a un leggero movimento e poi si ferma per l’eternità. L’attesa di un riscontro che non arrivava, il cuore e il silenzio che caddero sull’autodromo dopo l’urlo di gioia di un tifo bestiale che a Imola, ma anche a Monza, tifava contro ognuno che stesse davanti a una Ferrari. E l’uscita di pista del numero 1, del campione assoluto, avrebbe spianato la strada a un piazzamento del pilota del cuore. Nicola Larini, sostituto di Jean Alesi, infortunatosi al Mugello e in tribuna a guardare la gara. “Quel secondo posto con la Ferrari, in una gara italiana, per me ha rappresentato il massimo possibile – dice oggi il pilota toscano – poi appena arrivato al traguardo, mi dissero di Ayrton. Come avrei potuto celebrare un risultato inseguito da una vita quando un compagno da una vita ci aveva lasciato? Mi porterò per sempre dentro questo misto di sensazioni, ogni anno che arriva il 1° maggio e i ricordi vanno a quel giorno, metro per metro, che non scorderò mai”.

Ayrton Senna, il prima e il dopo. Sul prima sappiamo tutto, il dopo spesso lo dimentichiamo. Le vittorie, le pole position, numeri che basta cercare negli annali e li trovi tutti in fila. Ma le sensazioni di chi lo ha visto correre, ci ha parlato e lo guardava negli occhi, la sua rivalità con Prost, un gigante che in questa storia di odio e rispetto hanno reciprocamente ingrandito e ingigantito il rivale. Il dopo fu la rivoluzione. Quella rivoluzione che solo grandi avvenimenti possono portare. Se con la morte di Gilles Villeneuve il cambiamento riguardò la tecnica delle F.1, dall’effetto suolo al fondo piatto, ma nulla più, per Senna si cambiò con una frenesia mai vista prima. Eppure, di incidenti, morti, lutti, il mondo della F.1 ne aveva vissuti altri. Soltanto 24 ore prima a Imola era toccato a Roland Ratzenberger, il lungagnone austriaco che aveva coronato il sogno di arrivare in F.1, ma non lo ha mai goduto perché se ne è andato troppo presto. La morte è una livella, diceva Totò, ma la F.1 ha una sua graduatoria anche in questo. Ci sono morti di serie A, come era Gilles Villeneuve e Ayrton Senna, e morti di serie B, come fu nell’82 Riccardo Paletti, cui è dedicato l’autodromo di Varano De Melegari, e lo fu Roland Ratzenberger. Morti che non hanno cambiato la storia della F.1. Ayrton invece lo fece.

Cambiarono i circuiti, con vie di fuga enormi là dove di solito c’era un rail o un terrapieno. La frenesia colpì tutti gli autodromi, la paura di un altro morto in diretta TV aveva colpito la mente di chi gestiva la F.1, Max Mosley presidente della FIA e Bernie Ecclestone, patron della FOM che regolava la parte commerciale. E si videro cose oscene. Le chicane con le gomme in Spagna, teatro di un altro grave incidente a Montermini, Montecarlo con aumento delle vie di fuga dopo il drammatico incidente di Wendlinger. E poi Silverstone, con Pedro Lamy, scampato al disastro di Imola, finito in un sottopasso dietro a una tribuna. Gambe spezzate e fine della F.1. Ma almeno corre ancora. Un anno in cui i motori vennero “sfiatati” con aperture nelle prese d’aria, furono introdotte le protezioni per la testa, entrate in vigore nel 96, ma già dal 95 cambiarono le regole per i motori. Basta 12 cilindri, come il V12 Ferrari, tutti col V10 di 3 litri invece che 3500 e poi ancora riduzione a otto cilindri e 2400 Cv fino ai 1600 cc attuali turbo. Una frenesia che colpì i telai, rinforzati, lo spazio nell’abitacolo aumentato con misure minime, per impedire quanto accadde a Senna, abitacolo troppo stretto e poco spazio per muovere le mani. Gomme scanalate per ridurre le velocità in curva. Una corsa al rallentamento delle prestazioni con una riduzione dei controlli elettronici, circuiti con vie di fuga enorme, da piste aeroportuali e non tutti in grado di fare i lavori. Imola stravolta, con una chicane là dove c’era il curvone maledetto. Monza con un curvone avanzato e la scomparsa delle due di Lesmo come le ricordavamo e altro ancora.

Una F.1 in cui il motto più sicure di così si muore, da semplice teorema smentito da quanto visto a Imola quell’1° maggio, divenne la realtà delle F.1 di oggi, enormi, pesanti, con sistemi di sicurezza che derivano da quel GP. Come l’Halo, l’anello che protegge la testa del pilota. Forse sarebbe servito a Senna, con quel braccetto della sospensione che forò il casco provocando la ferita mortale, un evento che a ripeterlo mille volte non sarebbe mai accaduto come in quella occasione. E caschi rinforzati con visiere antiproiettile e rinforzo in Zylon proprio nella zona fatale a Senna. Sono passati 30 anni da quell’1° maggio, ma chi ha vissuto quel momento, in pista o a casa davanti alla TV, si ricorda perfettamente cosa stesse facendo, dove fosse e cosa pensò quando seppe di Ayrton. E oggi, 30 anni dopo, resta ancora impresso nella memoria collettiva, anche dei ragazzi nati dopo e che hanno vissuto sui libri la sua leggenda, invogliando qualcuno a scriverci anche un libro, senza aggiungere nulla di nuovo a quella storia unica, a quello spartiacque che ancora oggi, in F.1, fa dire prima di Senna e dopo Senna. Ovvero il nostro presente con quel ricordo del passato.

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