Come funzionano davvero i freni in Formula 1? I segreti degli impianti svelati da Brembo

Come funzionano davvero i freni in Formula 1? I segreti degli impianti svelati da Brembo
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Come funzionano i freni in Formula 1, quanto differiscono gli impianti da scuderia a scuderia e quanto è importante la frenata nello stile di guida di un pilota? Scopriamolo con l'aiuto di Brembo
16 settembre 2025

Non è raro sentire i piloti di Formula 1 discutere di freni nei loro concitati team radio durante i Gran Premi. Ma a che cosa si riferiscono davvero, e come funzionano davvero gli impianti frenanti in F1? Per scoprirlo, ci siamo rivolti ad Andrea Dellavedova, ingegnere di pista Brembo Racing per i team di F1. “Durante la decelerazione – spiega - oltre all’impianto frenante, entrano in gioco diversi aspetti della monoposto, dal carico di benzina a quello aerodinamico, passando per le gomme. Si tratta di aspetti che possono influenzare l’impianto e la sua gestione, visto che i nostri prodotti hanno delle finestre di utilizzo sia a livello di energie che di temperatura. Ai team forniamo degli specchietti – chiamati working map – per permettere loro di capire come muoversi per ottenere il massimo di performance dal nostro materiale”.

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È ovvio che i team debbano scendere anche a compromessi in termini di efficienza. Ad esempio, su circuiti dove si hanno generalmente delle temperature molto alte, servono delle prese d’aria ampie che vanno a discapito dell’efficienza aerodinamica. Sta al team decidere quanto sacrificarla o quanto uscire dalla finestra ottimale di utilizzo del carbonio. Con una presa d’aria più ampia mantengo il carbonio nel corretto range di temperature, mentre con una presa più piccola si sacrifica la performance in frenata, ma si trae vantaggio sul dritto”. Brembo, forte di un’esperienza nel mondo delle corse che dura da ben 50 anni, fornisce l’impianto frenante a diverse scuderie in Formula 1, tra cui la Ferrari. Ma che differenze ci sono tra i vari team?

Per quanto riguarda il materiale abbiamo delle piccole modifiche che offriamo a tutti i team, a livello di mescola, poi la geometria, il numero di fori, i diametri, gli spessori. Il design viene gestito a quattro mani con le scuderie, visto che devono integrare il disco e la pinza all’interno della parte aerodinamica di raffreddamento e dei flussi d’aria. Il carbonio, poi, è un materiale molto complesso, con diversi parametri a influenzarne la prestazione. Oltre a temperature ed energie, anche l’usura può cambiarne il comportamento. Il materiale fornito a ciascuna scuderia a livello macroscopico è identico. Ciascun team, però, può apportare leggere modifiche”.

Si tratta di cambiamenti che il pilota è in grado di percepire con il proprio corpo. “Il pilota ha una grossa sensibilità sulla frenata nelle sue diverse fasi – spiega Dellavedova -. A cominciare dal bite, il momento in cui interviene sul pedale del freno e percepisce la decelerazione della vettura e quanto sia preparato il materiale a frenare. Anche in questo caso entrano in gioco il carico aerodinamico, benzina e grip delle gomme, perché si tratta di una sensazione di decelerazione del corpo. L’impianto frenante può generare tutta la coppia possibile, ma se la monoposto non è in grado di gestirla non viene trasformata in frenata e quindi percepita dal pilota. Quando si passa alla fase di modulazione, vicino al punto di corda, nel momento in cui il pilota comincia a sollevare il piede dal freno, le temperature del materiale, dopo aver raggiunto il picco, iniziano a scendere. In questo frangente, l’attrito può essere più costante o meno”.

Grazie ai dati a loro disposizione, gli ingegneri di Brembo possono apprezzare anche la differenza a livello di stile di guida tra i piloti. L’approccio alla frenata, d’altronde, è uno dei tratti distintivi dei talenti del motorsport. “Il parametro principale riguarda i profili di pressione. Ci sono piloti più aggressivi, con uno spike iniziale molto più alto, che tendono successivamente a modulare molto. E c’è chi, invece, ha uno stile più arrotondato. La frenata è però macroscopicamente sempre data da una fase iniziale con un gradiente di pressione molto ripido, in cui il pilota a ingresso curva cerca di raggiungere subito la massima coppia frenante. Nella fase di percorrenza della curva, invece, si ha una pendenza meno marcata, più dolce, di rilascio della frenata. Vediamo anche le differenze nella frenata a ingresso curva. C’è chi porta la decelerazione leggermente più avanti rispetto al punto di corda e chi, invece, molla prima”.

Quanto è complesso il processo di adattamento a livello di impianto frenante per un pilota che passa da una scuderia a un’altra, come successo a Lewis Hamilton da Mercedes a Ferrari? “Molto, specie se si passa da una scuderia che utilizza un fornitore a un altro. È chiaro che i materiali abbiano dei comportamenti diversi. Può essere che in alcuni aspetti la concorrenza sia migliore di Brembo e in altri accada il contrario. Il pilota deve essere in grado di adattarsi a uno stile di frenata diverso. Ma oltre all’impianto di frenata c’è la gestione delle strategie di rigenerazione da parte di un team. Possono cambiare molto da scuderia a scuderia, visto che si tratta di tattiche che generano prestazione. Il pilota deve quindi rivisitare quantomeno leggermente il suo stile di guida, o semplicemente riadattarsi per cercare di estrarre il massimo potenziale della vettura”.

Ma a livello di feedback sui materiali che differenze ci sono tra i vari piloti? Cambia molto da weekend a weekend, a seconda delle caratteristiche della pista. Il Bahrain è uno dei circuiti più impegnativi dell’intero calendario dal punto di vista dell’impianto frenante, vista la concomitanza di alte temperature e alte energie. Ci sono grandi staccate in cui bisogna dissipare tanta energia dall’impianto, ma allo stesso tempo non si riesce a raffreddarlo. Il rischio, quindi, è che si lavori al limite delle temperature. A volte quello che si sente nei team radio è frutto della concitazione del momento. Ma nel corso della stagione i feedback hanno un saliscendi fatto di tanti alti e pochi bassi”.

Nel caso in cui un team si lamenti del comportamento dell’impianto frenante, come procede un fornitore come Brembo? “La prima cosa che facciamo è andare a verificare se il materiale è stato utilizzato all’interno della finestra di lavoro corretta. Se, ad esempio, le temperature sono molto basse, suggeriamo al team di chiudere la ventilazione per incrementarle. Se invece il materiale è impiegato nel range corretto, possiamo portarlo in fabbrica e analizzarlo, conducendo una serie di test che va dai controlli dimensionali a quelli delle proprietà del materiale, fino alla prova al banco dinamico per simulare la telemetria delle circostanze in cui il pilota si è lamentato. Conduciamo dei cicli particolari per verificare come si comporta il materiale e come cambia rispetto al funzionamento da nuovo”. Un lavoro di fino, condotto da un'azienda che ha fatto del motorsport uno dei suoi fiori all'occhiello.

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