F1. È ora di smetterla di chiedersi come stia Michael Schumacher

F1. È ora di smetterla di chiedersi come stia Michael Schumacher
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Sono passati dieci anni dall'incidente sugli sci che ha cambiato la vita di Michael Schumacher. Ed è giunto il momento di non porsi più la domanda più dolorosa
28 dicembre 2023

Come sta Michael Schumacher? È la domanda che continua a rimbombare nella mente di chi lo ha adorato dal 29 dicembre del 2013, il giorno in cui la vita del Kaiser cambiò per sempre. È passato un decennio, ma è come se fosse successo ieri. La caduta sulle nevi di Méribel, in Francia. Le prime, febbrili, notizie sulle sue condizioni dopo l’impatto contro un sasso. Le operazioni per salvarlo, riducendo le emorragie celebrali generati da una dinamica banale, solo all’apparenza meno devastante di quella di tanti incidenti in Formula 1. Poi il silenzio, voluto dalla famiglia. Che da dieci anni lo protegge da occhi e orecchie indiscreti. 

Da quel momento, il poco che sappiamo è filtrato dalle aule dei tribunali a cui la famiglia si è dovuta rivolgere per porre fine a scellerate speculazioni. E dalle parole gentili di chi è rimasto nella cerchia che protegge Michael, come il suo grande amico Jean Todt. Non è più lui, ma cosa è diventato non ci è dato saperlo. Lo possiamo solo intuire da frasi dalla potenza devastante come quella pronunciata da suo figlio Mick nel documentario sulla vita del padre. “Darei qualsiasi cosa per poter parlare con lui di quello che sto vivendo”. Ma non può.

Non è difficile immaginarsi il perché della scelta di Corinna, la moglie di Michael. Schumacher nel corso della sua carriera ha difeso a spada tratta la sua vita privata, la sua vera essenza di uomo, celandola dietro una maschera di apparente imperturbabilità. Per chi è cresciuto vedendolo in TV, riesce difficile pensare che il fierissimo pilota capace di andare oltre il limite per vincere potesse essere un uomo generoso, simpatico, l’anima della festa. Eppure dai racconti di chi lo ha conosciuto davvero emerge proprio questo.

Michael Schumacher è sempre stato un uomo fieramente privato, pronto a difendere a qualsiasi costo la normalità della sua famiglia e quella sfera personale in cui poteva essere l’uomo dietro alla maschera. Non stupisce, dunque, che Corinna abbia deciso di proteggerlo così come lui aveva fatto con lei e i loro due figli, Gina Maria e Mick, cresciuti in un ambiente che li ha stimolati a diventare ciò che volevano veramente senza pressioni esterne. Come avrebbe potuto un uomo così geloso della sua sfera privata voler vedere sbattute in prima pagina le sue delicate condizioni di salute, le sue difficoltà?

Michael Schumacher, ancora prima di essere uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1, è il simbolo di un periodo lontano, analogico, felice. Rappresenta le domeniche di festa italiane, con la famiglia riunita davanti alla televisione per veder vincere una Ferrari imbattibile, fiera rappresentazione della migliore Italia possibile. Di successo, aspirazionale, mossa da un’emotività trasformata in carburante per la competizione. L’epoca d’oro di Schumacher è della Rossa è una capsula del tempo gelosamente custodita da chi quel periodo l’ha vissuto e inseguita da chi, perché troppo giovane, può solo immaginarselo.

Schumacher, però, non è solo il simbolo di un’Italia analogica, non ancora piegata dalla crisi, in cui le gare di Formula 1 si vedevano in chiaro. È prima di tutto un uomo, un figlio, un padre, un fratello. La famiglia di Michael non deve nulla al pubblico. Anzi, non divulgando i dettagli della sua condizione molto probabilmente fa un favore a chi se lo può ricordare ancora come il campione sorridente, vincente, dall’italiano stentato che abbiamo conosciuto. Dieci anni dopo il suo incidente, è arrivata l’ora di smetterla di chiederci come stia Michael Schumacher. Perché la verità è che lui avrebbe preferito così.

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