F1, GP Abu Dhabi: Fernando Alonso, finisce l'avventura

F1, GP Abu Dhabi: Fernando Alonso, finisce l'avventura
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Paolo Ciccarone
Il Gran Premio di Abu Dhabi sarà l'ultima gara in carriera in Formula 1 per Fernando Alonso. Il nostro Paolo Ciccarone ne ripercorre le fasi
24 novembre 2018

E' finita l'avventura di Fernando Alonso in F.1, comincia la seconda parte della sua carriera. Dopo aver vinto 2 titoli mondiali e averne sfiorati altri 3, il palmares del pilota spagnolo offre meno di quello che avrebbe potuto. Nella sua ultima gara molte le occasioni per celebrarlo, dalle parole di Ecclestone, Montezemolo e Domenicali, alla McLaren colorata appositamente oltre alla tuta speciale fornita dalla Sparco per l'evento. Ma chi è stato Fernando Alonso in F.1? Proviamo a ripercorrere la sua carriera degli inizi, quella dell'arrivo nel paddock timido ragazzino di Oviedo con un potenziale da sviluppare e un carattere da formare.Fernando Alonso è uno di poche parole. A prima vista sembra un freddo. In realtà è tale solo quando sale in macchina e pensa a farla andare il più forte possibile. Per il resto non era raro vederlo scherzare a pochi minuti dalla gara. Oppure nei box quando faceva le imitazioni dei manager o dei tecnici. Se non addirittura del Re di Spagna. Alla Minardi ricordano ancora quando, imitando Gustav Brunner, si fece preparare via radio la macchina ai box, lasciando a piedi il compagno di squadra o come quando imitava Briatore chiedendo modifiche varie. Alonso è il mix perfetto fra cuore e cervello. Uno al quale il rispetto ti viene spontaneo darlo. Ad esempio, a chi gli chiedeva perché in Brasile nel 2003 non avesse rallentato quando Webber è uscito di pista e c’erano rottami dappertutto, Fernando rispose serafico: “Volevo vincere, la macchina andava bene”. Vabbè, ma potevi farti male… “Ho rallentato ma si vede che non l’ho fatto abbastanza”. 

Alonso in Brasile nel 2003 dopo l'incidente
Alonso in Brasile nel 2003 dopo l'incidente

Sceso dalla macchina, trasportato in ospedale con diverse contusioni, Alonso è stato il primo pilota della storia della F.1 ad aver ricevuto il trofeo a letto, fra radiografie e dottori. Ed era solo il 2003, ovvero due anni prima della conquista del primo titolo mondiale di F.1. Segno che i caratteri del campione c’erano tutti. Che il ragazzino andasse forte, lo si è capito subito. Appena Cesare Fiorio, all’epoca DS della Minardi, lo fece provare a Jerez. Fine anno 2000. Tempo da lupi, pioggia a catinelle e Fernando che va come una scheggia: “Fatelo rientrare che questo si ammazza” disse Fiorio ai meccanici. E una volta ai box lo rimproverò per essere andato troppo forte. “Ma veramente stavo scaldando la macchina” disse Alonso. Quando poi lo lasciarono fare, scoprirono che diceva la verità e che aveva ancora margine…

Per capire la personalità di Fernando Alonso vale la pena ricordarne le origini. Il padre, a Oviedo, nelle Asturie, fino a qualche anno fa si guadagnava da vivere lavorando esplosivi per le cave di pietra della zona e per i fuochi d’artificio delle feste patronali. Una vita pericolosa e di stenti. La mamma faceva la commessa ai grandi magazzini “El Corte Ingles”. Una vita da gente povera in cui, però, non mancava niente e la passione per i motori nasceva nel piccolo Fernando fino a farlo salire sui kart. Con la complicità del padre, ex pilota turismo con la voglia di trasferire nel figlio la passione per le corse. Poi sono arrivati i primi soldi, quelli del trofeo Open Nissan e Alonso senior ha cominciato a lavorare con Adrian Campos, primo manager di Fernando.

Quando era alla Minardi, prima stagione di F.1 nel 2001, i meccanici lo prendevano in giro perché diceva sempre che a 30 anni avrebbe smesso di correre dopo aver vinto tre mondiali e avrebbe scritto un libro sulle donne, che lui aveva capito subito. “Dai Alfonso, sali in macchina e spara meno cavolate” gli dicevano i meccanici. E lui: “Io me chiamo Alonso, non sono Alfonso, claro?”. E i meccanici: “Vabbè, Alfonso, salta in macchina e datti da fare che dobbiamo andare a mangiare”. Ma Alonso si era guadagnato la stima di tutti, anche se la griglia di partenza lo vedeva sempre in fondo. E tanto per fargli capire che si era meritato il rispetto della squadra, da Alfonso cominciarono a chiamarlo Fernandel, oppure Nando, così che la cosa fosse chiara per tutti.

Fernando Alonso nel 2001 con la Minardi
Fernando Alonso nel 2001 con la Minardi

Dopo una stagione di corse Flavio Briatore volle riprendersi il pilotino, ma in squadra non aveva posto dato che c’erano già Trulli e Button. Lo mise a fare i collaudi. Siccome provava poco e c’era spazio solo per i due titolari, ogni tanto il buon Fernando veniva utilizzato per altri servizi. Per esempio, dopo la corsa in Spagna faceva la spola dall’autodromo all’aeroporto, per portare Briatore o qualche tecnico che aveva fretta. Fernando non si è mai lamentato. Neanche quando nei test invernali erano finiti i biscotti secchi, che piacciono tanto a Jarno Trulli che li mette nelle enormi tazze di the caldo al limone. “Fernando, c’è da fare la spesa, mi raccomando i biscotti per Jarno; vai al supermercato qua vicino che ci servono subito”. Un altro avrebbe mandato a quel paese il cuoco e Jarno, Alonso invece si metteva in macchina e comprava diverse confezioni di biscotti: “Piacciono anche a me, meglio abbondare”. Un’altra volta la squadra doveva spostarsi da Barcellona a Valencia per i test, mentre i motor home dovevano andare in Inghilterra. Bisognava spostare un po’ di pentole, forchette e materiale vario per la cucina. “Nando, c’è da caricare le pentole” e lui tranquillo, a riempire il bagagliaio della macchina aiutando i cuochi a farci stare tutto. Una volta in pista dovette anche dare una mano in cucina alle ragazze del catering, ma non disse nulla e non protestò.la Renault

Dei tre titoli mondiali da vincere prima dei 30 anni, Alonso ne ha vinti due. Di libri, per adesso, non ne scrive, ma si può stare certi che da una mente come la sua qualcosa salterà fuori. Come la pantomima che fa ad ogni vittoria. Ultima in F.1, oltre cinque anni fa. Ora simulando un arciere, ora facendo il gabbiano. Una sorta di messaggio in codice per i suoi amici e meccanici, coi quali lega molto. E pensare che nel 2005 riuscì a vincere un mondiale battendo Kimi Raikkonen senza far capire le tensioni patite. Il capolavoro di quella stagione, però, fu la vittoria a Imola, davanti a Michael Schumacher. Gli ultimi giri di quella corsa furono esaltanti perché da una parte c’era il giovane campione, dall’altra il vecchio ed esperto. Fu un duello duro, ma corretto, senza esclusioni di colpi con Alonso che chiudeva tutte le traiettorie. E quando era il caso, frenava a metà curva. Proprio come faceva sempre Michael Schumacher. 

Fernando Alonso ai tempi dei successi con la Renault
Fernando Alonso ai tempi dei successi con la Renault

Nel 2006 la situazione si ribaltò. Stavolta fu il tedesco a vincere, controllando Alonso nello stesso modo in cui lo spagnolo aveva avuto ragione del tedesco l’anno prima. E miglior duello non poteva esserci: stessa pista, il Santerno, stesse macchine, Ferrari e Renault, stessi piloti. Il passaggio di consegne simbolico si può dire sia avvenuto proprio in quel frangente. La stagione 2006, però, al contrario di quella vittoriosa del 2005, ha visto lo scontro diretto fra Alonso e la Ferrari. Se nel 2005 la rossa non si è inserita nella lotta per il mondiale lasciandola a Raikkonen con la McLaren, nel 2006 il botta e risposta è stato diretto, duro e senza esclusioni di colpi. Sette vittorie per Alonso, come nel 2005, sette per Michael. La differenza l’hanno fatta i piazzamenti e la meccanica.

Nel momento culminante della stagione, a Suzuka, Schumacher ha rotto un motore quando era saldamente in testa alla gara. Il mondiale a portata di mano quando il fumo bianco ha costretto il tedesco alla resa. In quel frangente, quando l’uomo non può nulla, non hai altra difesa. Alonso, però, non ha fatto rimpiangere i ferraristi, perché le origini agonistiche italiane (dapprima coi kart, poi con le F.Open Nissan) ne hanno fatto un pilota tricolore d’adozione. Uno che anche quando ti batte, non ti dà fastidio, perché sai che, in fondo, ha vinto il migliore. Un freddo dal cuore caldo chiamato Fernando Alonso. Questo però era ieri. L'oggi è fatto di una storia che non è finita come avrebbe potuto, di un mondiale mancato con la Ferrari e al quale Alonso ci teneva in modo incredibile, fino a quella stagione 2014 in cui si sono rotti i rapporti.

Alonso nel 2013 con la Ferrari
Alonso nel 2013 con la Ferrari

Anzi, a dire il vero la situazione era precipitata nel 2013, giorno del compleanno di Fernando. Quando a Budapest, durante la conferenza post gara, gli chiesero cosa avrebbe voluto per regalo e lui rispose: "Un'altra macchina più competitiva". Ovvero la Red Bull di Vettel. Lì qualcosa si è rotto, le discussioni a Maranello, le incomprensioni. Lui che si sentiva tradito dalla squadra e la squadra che si sentiva tradito dal pilota che stava cercando contatti con la Red Bull. Perché il problema era che Fernando non si sentiva inferiore a Vettel, voleva sfidarlo sulla stessa macchina. Visto che Vettel non veniva alla Ferrari, voleva andare lui alla Red Bull. Poi il 2014. Ferrari sbagliata, lui che ci prova in tutti i modi e Domenicali che se ne va. Arriva Mattiacci, primo discorso pubblico e Alonso capisce che in quella Ferrari non c'è più posto per lui: "Fino a Mattiacci tutti parlavano dicendo noi noi noi, arriva lui e parla dicendo io io io. Inutile stare qui".

E se ne andò alla McLaren per una sfida che sulla carta sembrava promettente. Impegno Honda, soldi (tanti) dei giapponesi. E altra delusione. Tre anni di inferno coi giapponesi, mastica amaro ma non molla. Poi un anno con motore Renault e altra delusione. A questo punto, con le porte dei top team chiuse, Fernando capisce che deve trovare altri stimoli, lascia la compagnia ma tiene una porta aperta. Non si sa mai. Intanto Vettel con la "sua" Ferrari non vince il mondiale per il quarto anno di fila. Un film già visto. Perché se quando andò via dalla rossa tutti lo criticarono perché avrebbe dovuto restare, è anche vero che la situazione ipotizzata da Fernando si è realizzata. Ovvero, con quella squadra da ricostruire per quattro o cinque anni non sarebbe cambiato nulla. Triste ma è quello che è successo. Solo che Vettel e la Ferrari hanno ancora la possibilità di farcela, lui ha chiuso. Ha divertito vederlo guidare, ha lottato, ha avuto tifosi e rivali, ha deluso alcuni che credevano in lui e tradito alcune aspettative. In fondo il Fernando Alonso della Minardi, ragazzino di talento, non è il Fernando Alonso che lascia il mondiale. In questo frattempo si è perso di vista qualcosa, lo stesso spirito di chi lo credeva amico e invece è stato emarginato. Il bilancio di una carriera lo dicono i numeri, per quello umano, beh è altra storia.

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