F1: Mercedes, è davvero possibile che sia bastato solo un nuovo motore per far volare Hamilton in Brasile?

F1: Mercedes, è davvero possibile che sia bastato solo un nuovo motore per far volare Hamilton in Brasile?
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La trascinante velocità sul dritto mostrata da Lewis Hamilton in Brasile ha fatto drizzare le antenne degli scettici, Red Bull in primis. Ma cosa si nasconde dietro la performance di Interlagos?
15 novembre 2021

Venerdì pomeriggio, all’annuncio dell’installazione del quinto motore endotermico stagionale sulla Mercedes W12 di Lewis Hamilton, molti avevano interpretato la notizia come una tegola sulle speranze mondiali dell’inglese. E invece è stata proprio questa mossa a innescare il trionfo nel Gran Premio del Brasile del sette volte campione del mondo, al termine di un weekend in salita a causa dell’estromissione dalle qualifiche per via dell’irregolarità riscontrata al DRS della sua monoposto. Ieri Hamilton ha guidato da campione qual è, e su questo non ci piove. Ma l’irresistibile performance sul dritto ha fatto drizzare le antenne degli scettici, che vedono del marcio in Danimarca. O, meglio, a Brixworth.

È davvero possibile che la Mercedes abbia perfezionato un salto prestazionale del genere solo montando un’ICE fresca sulla vettura di Hamilton, si chiedono? Per capirlo, bisogna partire proprio dalla power unit per la stagione 2021 della Mercedes. Non è un mistero che nel corso del campionato siano emersi dei problemi di affidabilità rilevanti, che hanno costretto la Mercedes ad un approccio conservativo a livello di mappatura. Ma c’è un altro nodo scottante, il decadimento prestazionale con l’uso prolungato, molto più spiccato rispetto alla controparte sviluppata da Honda. In soldoni, le power unit giapponesi non registrano, con il passare delle gare, un calo della performance spiccato come quello della Mercedes.

Le ambasce a livello di power unit della Mercedes potrebbero essere ricondotte a quello che, a ben vedere, appare il peccato originale della scuderia di Brackley: aver sottovalutato le potenzialità di sviluppo della Red Bull per la stagione 2021. La Mercedes era convinta di avere un vantaggio tale da potersi concentrare principalmente sul 2022, vivendo sostanzialmente di rendita quest’anno. Ma il taglio al fondo piatto e la volontà di Honda di dare tutto per vincere il mondiale prima dell’addio hanno portato spesso la Mercedes ad inseguire. E l’hanno resa vulnerabile, anche sul fronte della power unit, che fino allo scorso anno era parsa un gioiello della tecnica.

Queste difficoltà si sono tradotte in ripetute sostituzioni dei componenti della power unit, anche per i team clienti. Ma l’esperienza da cui la Mercedes sembra aver tratto ispirazione per il colpaccio messo a segno con Hamilton non arriva dalle altre scuderie motorizzate dalla Stella a tre punte, bensì da Valtteri Bottas. Il finlandese ha dovuto incassare, prima che lo facesse Hamilton, l’installazione della quarta e della quinta ICE stagionali. E la Mercedes, con questi intoppi, deve essersi resa conto di quanto fosse semplice rimediare a quella che di fatto è una piccola penalità.

Ai tempi in cui le power unit Honda e Renault erano decisamente poco affidabili, si era deciso di “calmierare” le sanzioni per la sostituzione dei componenti, dimezzandole dopo la prima allocazione fuori dal limite stagionale. Nel caso del motore endotermico si passa così da dieci a cinque posizioni. Poche, per un team come la Mercedes. E ancora meno rilevanti nel caso in cui l’endotermico fresco possa essere impiegato in una modalità aggressiva, proprio perché immacolato.

Ritrovatasi nella condizione di avere poco da perdere, la Mercedes ha deciso di puntare su una mappatura aggressiva, per sfruttare il potenziale inespresso finora a causa di un’affidabilità traballante. In F1 i team si devono muovere sul sottile filo che lega la performance alla tenuta dei motori, e farlo spezzare è più semplice di quanto si possa pensare. Ma a quattro gare dal termine, la Mercedes si è potuta concedere il lusso di smarcare un’altra ICE e spremerla al massimo. Soprattutto se, come nel caso di Interlagos, la sostituzione viene perfezionata su una pista su cui si può sorpassare. 

Ma la velocità sul dritto della Mercedes a Interlagos dipende anche da una caratteristica che, finora, si era dimostrata un punto debole della W12. La filosofia low-rake della monoposto della Mercedes, che, con la nuova normativa sul fondo piatto, non si è rivelata efficace, ma che stavolta ha giocato a suo favore, proprio grazie al motore spinto. Rispetto alla W12, la RB16B di casa Red Bull genera organicamente più downforce, come si è intuito dalle performance di Max Verstappen nel secondo settore – guidato – di Interlagos. Verstappen ha costruito con intelligenza la sua resistenza ad Hamilton puntando proprio sulla prestazione in quella parte di circuito.

Ma questa strategia aveva una controindicazione, il surriscaldamento delle gomme anteriori, di cui Verstappen ha sofferto in gara in Brasile. A livello di motore, la W12 è stata talmente implacabile da consentire ad Hamilton di controbilanciare la difesa di Verstappen, grazie a performance di livello negli altri settori, alimentate anche dalla filosofia low-rake della vettura. Hamilton era più veloce, soprattutto con le hard. Ed è riuscito a non distruggere le gomme prima del suo sorpasso ai danni del suo rivale per il titolo. Ma di quanto era più rapido Hamilton, a conti fatti? È difficile stabilirlo, perché il distacco rimediato da Verstappen nell’arco di pochi giri è una misura fallace.

Max, infatti, ha messo i remi in barca dopo il sorpasso, sapendo di non avere il passo per agguantare Lewis e, nel contempo, essendo sicuro che Bottas non lo avrebbe impensierito. Tanto valeva, a quel punto, cercare di non stressare eccessivamente il motore fino al termine della corsa. Tutto fa brodo, in questo mondiale, d’altronde. E la guerra politica tra Mercedes e Red Bull continua. Era impensabile, dopotutto, che non aleggiassero sospetti da parte del team di Milton Keynes sulla performance della scuderia rivale. 

Nel post gara, Horner si è detto stupito della capacità della Mercedes di essere così efficace sul dritto con un’ala posteriore che ha definito “alla Monaco”. E che i sospetti della Red Bull si concentrassero in questa zona lo ha dimostrato la palpatina di Verstappen alla monoposto di Hamilton, congiuntamente alla soffiata che ha portato all’individuazione di un’irregolarità al DRS che i commissari hanno ritenuto innocente, e non frutto di un dolo, sposando la tesi promulgata dalla Mercedes.

La squalifica, però, è arrivata lo stesso, ed era inevitabile che fosse così. Sebastian Vettel – vedi Ungheria 2021 - lo sa bene: la Federazione, con le irregolarità tecniche, è inflessibile. Ed è per questo che la Red Bull continuerà ad osservare con grande attenzione quanto accade in casa Mercedes. Con così poche gare a separarci dalla fine del mondiale, anche la lotta politica può risultare decisiva. E se c’è qualcosa che sappiamo della Red Bull e della Mercedes, è che sono perfettamente in grado di portare acqua al proprio mulino nel machiavellico dietro le quinte della Formula 1. 

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