F1, ecco cosa succede in un weekend di gara (fuori dalla pista)

Pubblicità
Siamo stati invitati da Verti a seguire un weekend di gara ospiti del team Renault, che ci ha portato in pitlane, box e Vip Village, tra simulatori, videogiochi, piatti stellati e massaggi alla testa con in sottofondo le Formula Uno. Incontrando, magari, Rosberg che si fa i video da solo per la sua pagina Instagram
17 ottobre 2018

È un po’ come svenire. Ti metti queste cuffie gialle e tutto diventa ovattato, senti una voce laggiù in fondo, meccanica, leggera, che dal profondo ti parla. È un po’ come svenire. Ma non sei in ospedale, in un’ambulanza, a terra con qualcuno che cerca di farti riprendere. Sei in un box, in un box di Formula Uno, in un box di Formula Uno a Monza. E quella voce lì è la voce della tua guida, che ti racconta quello che gli occhi possono vedere ma che la tua testa non può capire. O perlomeno, non può capire completamente. Perché davanti a te hai i meccanici del team Renault che stanno sistemando le monoposto dei piloti. Tu li osservi mentre fissano i bulloni delle ruote, osservi Carlos Sainz Jr. che è immobile dentro l’auto, tanto da sembrare quasi un manichino, con il casco che si intravede appena, ma non puoi comprendere fino in fondo cosa passa nella sua mente, né quanta maestria, quanto studio, quanta meticolosità ci può essere nei meccanici. E tutto assume un contorno teso. I meccanici danno il via, il motore si accende, tu hai le cuffie e lo percepisci appena, poi la Renault R.S.18 parte e iniziano le qualifiche. Prima della gara ad Austin vi raccontiamo come si vive all'interno del paddock di F1.

Storia di un ordinario sabato in circuito, ospite di Verti Assicurazioni, compagnia diretta del gruppo assicurativo globale MAPFRE, che sponsorizza il team Renault F1. Ecco cosa vede un profano delle corse in gita per un giorno nel paddock della Formula Uno. Prima cosa che si nota: l’esclusività. Se arrivi, per esempio, dal mondo moto e sei abituato ai paddock di Misano e Mugello non puoi non restare stupito davanti a cotanta differenza. In MotoGP ci sono le orde di persone, per i piloti la situazione è al limite della vivibilità, qua il paddock è poco trafficato, silenzioso, quasi surreale. Ma esclusivo, appunto. Vedi ex campioni come Rosberg che si riprende col cellulare mentre fa una diretta su Instagram, vedi le autorità che passeggiano beate, vedi Vettel che in un circuito italiano cammina e nessuno lo blocca o gli chiede un selfie, Hamilton pare un turista.

E poi noti il lusso. Le hospitality fanno impressione, e il Vip Village ti permette di non fermarti mai. Vuoi un vero simulatore? Ce l’hai. Vuoi un più tranquillo videogame? Ce l’hai. Vuoi un gelato artigianale? Lo puoi prendere. Vuoi un massaggio alla testa tra un turno libero e una qualifica? Non c’è problema, te lo offrono allo spazio de La Bioesthetique. Potevo rifiutarlo? Naaa. La GP3 (tra le altre categorie che gareggiano nel weekend di Monza) corre e io chiudo gli occhi mentre un francese imprime i suoi polpastrelli sulla nuca con insistenza e per dieci minuti buoni. C’è pure un finto podio con le repliche delle coppe che danno ai piloti. Tra le due coppe ce n’è un’altra intoccabile, ci dicono, perché è quella vera che daranno a chi vincerà il Mondiale costruttori. Nella zona riservata a Renault il buffet è da ristorante stellato, tonno alla crosta e tribuna privata.

Renault F1 a Monza
Renault F1 a Monza

Le ragazze del team ci portano in pitlane. Qui troviamo Simone Scacco, che per la Casa automobilistica francese cura i progetti speciali del team di Formula 1. Parte dall’inizio, Simone: “Vivo a Oxford perché la squadra corse è lì, come tutte le altre tranne Ferrari e Sauber”. Il motivo ce lo spiega lui: “La Formula Uno nasce in Inghilterra, nella zona dove prima si facevano aerei militari. Finita la guerra, con i materiali di scarto cominciarono a costruire auto da corsa e a sfidarsi tra di loro”. E molte cose si chiariscono: l’ingegnerizzazione estrema è nel DNA di queste auto, dall’inizio. E si capisce anche perché la Formula 1 conserva questo atteggiamento molto british da club esclusivo ancora oggi. Guardi le origini e tutto appare più chiaro, sempre.

Simone ci spiega il volante, nei dettagli: il pulsante della pitlane per non superare i 50 km orari, da inserire e disinserire ogni volta; quello per il DRS; quelli per impostare l’auto come suggerito dai box; Recharge per ricaricare le batterie: non si sente mai per radio ma l’ingegnere continua ogni giro a dire al pilota quando premerlo o no perché ci sono alcune curve dove le auto usano l’energia cinetica della frenata per ricaricarle; il Burn out per spinnare e scaldare le gomme prima della gara; quello per attivare il boost quando è il momento di superare; quello con una D sopra che sta per Drink per far bere i piloti durante la gara: loro lo toccano e una pompetta gli spara un rivolo di acqua tra le labbra in modo tale che non debbano succhiare ma che si riescano comunque a dissetare.

“Una volta, l’anno scorso, c’è stato un problema con Carlos Sainz Jr. - spiega Scacco - la pompetta si era rotta, lui continuava a bere ma non se ne accorgeva ed è arrivato a 3/4 di gara dove si è reso conto di avere la pancia gonfia e gli è venuta una nausea pazzesca”. Dopo il giro in pitlane si va nel box. Gomme, gomme ovunque. Ne fanno fuori 1.000 a weekend. Ci fermiamo davanti a un alettone. Sempre Simone spiega che per questo alettone ci sono 18 mesi di lavoro e ci lavorano più di 30 persone. Ci dice che tutto lo sforzo degli ingegneri è proteso a cercare un modo per direzionare il vento e migliorare l’aerodinamica di una macchina, e che tutti quei baffi su un alettone servono soprattutto per far sì che un’auto non si affatichi troppo quando è dietro a un’altra auto e vuole provare a superarla.

È un po’ come svenire. Ti metti queste cuffie gialle e tutto diventa ovattato, senti una voce laggiù in fondo, meccanica, leggera, che dal profondo ti parla

“Molte volte in tv si vede che per due tre giri qualche pilota è stato dietro a un altro, stava per superarlo ma a un certo punto ci rinuncia. Da casa ti arrabbi perché pensi che il pilota abbia mollato ma in realtà è costretto a farlo. Questo succede perché stare dietro a un’altra auto fa cambiare radicalmente le condizioni ambientali e stressa tantissimo qualsiasi aspetto tecnico, compresa la pressione delle gomme”. La conseguenza di un ragionamento del genere è semplice: gli ingegneri bravi sono decisivi, più del pilota. Nasce tutto da aeronautici che si annoiavano, non ce lo dimentichiamo. Poi però ti metti le cuffie, è un po’ come svenire ma non è quella cosa lì perché sei bello sano, in forma, lucido e stai vedendo Sainz Jr. che esce fuori dal box con un’auto gialla e la scritta Verti proprio sull’alettone e sta per cominciare le qualifiche. Sei nel posto dove le capacità tecniche ed emotive e umane devono trovarsi tutte insieme al livello più alto possibile. E tutto sommato stai bene, molto bene. Altro che sala d’ospedale...

Pubblicità