F1 Ungheria 2013: le curiosità del GP di Budapest

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Paolo Ciccarone
Tutte le curiosità del GP di Ungheria, dai raggiratori dietro ogni angolo ai più stravaganti ristoranti locali | <i>P. Ciccarone, Budapest</i>
24 luglio 2013

E’ stata la corsa storica della F.1: quando nel 1986 il circo sbarcò sul circuito di Godollo, a una ventina di chilometri da Budapest, il crollo del muro di Berlino fu anticipato di tre anni.

La F1 e la storia

Era la prima gara di F.1 oltrecortina ed era l’occasione perfetta per scoprire un nuovo mondo e nuovi mercati. Sembrava una cosa occasionale, invece sono trascorsi quasi vent’anni e la F.1 oltre al circuito ungherese ha scoperto anche un pilota magiaro, Zolts Baumgartner che correva con la Minardi.

Scoprire Budapest è stata una sorpresa, perché si ha sempre l’idea, quando si parla di città dell’est europeo, di posti cupi, scuri e tristi. Invece Budapest si adagia sul Danubio con il fascino discreto di una signora di classe, memore dei trascorsi dell’impero austro-ungarico e con palazzi e architettura dell’epoca, ricche di fascino, storia e bellezza.

Dalle Trabant alle vetture premium

E’ stato un colpo bello e buono scoprire l’altra faccia dell’Europa, ma soprattutto è stato un colpo vedere il parco macchine cambiare nel corso degli anni. Dalla prima volta in cui circolavano solo delle Trabant, vetturette dal fumo pestilenziale, quasi sempre ferme per guasti, oggi il parco macchine di Budapest è cambiato totalmente: le maggiori Case costruttrici hanno invaso l’Ungheria e le ammiraglie impazzano.

Mercedes, BMW, Volvo, Audi, Porsche: in pochi anni è cambiato il panorama e secondo gli ungheresi cambierà ancora. A Budapest sono concentrati il 90 per cento dei ricchi di tutta l’Ungheria, nelle campagne ormai c’è rimasto ben poco. Logico che il parco macchine, ma anche alberghi, ristoranti e negozi, siano adeguati al nuovo tenore di vita.

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E’ stato un colpo bello e buono scoprire l’altra faccia dell’Europa, ma soprattutto è stato un colpo vedere il parco macchine cambiare nel corso degli anni. Dalla prima volta in cui circolavano solo delle Trabant, vetturette dal fumo pestilenziale, quasi sempre ferme per guasti, oggi il parco macchine di Budapest è cambiato totalmente

I tempi cambiano

Piombare nella crisi attuale, rivedere alcune scelte politiche e soffrire come avevano dimenticato negli ultimi decenni di crescita, è stato uno choc terribile per alcuni. Nei primi anni attorno agli hotel del centro, nella zona del ponte delle catene, si concentravano le ragazze e le signore che dalla campagna portavano le tovaglie, i ricambi e i piccoli oggetti di artigianato da vendere ai turisti.

Con pochi Forint, la moneta locale, si potevano fare buoni acquisti. Oggi le cose sono cambiate e i prezzi sono saliti, ma soprattutto sono scomparse le signore che dalla campagna, indossando gli abiti tradizionali, vendevano il frutto della loro abilità manuale nel ricamo.

Attenti alle fregature

Oggi la fauna locale è composta da meretrici o da butta dentro, ovvero figure assoldate da alcuni locali notturni per attirare i clienti. Un esempio? Nel 2001, finita la gara, passeggiando per il centro con un collega fummo avvicinati da due ragazze che parlavano perfettamente italiano. Una sigaretta, poi l’offerta: “Perché non andiamo al bar a bere qualcosa?”. La cosa puzzava troppo per essere spontanea, ma per non deludere il collega accettammo l’invito.

Quando entrammo nel bar e scoprimmo l’arcano, era troppo tardi per uscirne senza danni. Camerieri enormi in divisa nera e rigonfiamento sotto alla giacca, sintomo della presenza di armi, e un menù con una lista da paura: una Coca Cola l’equivalente di 50 mila lire (leggi 25 Euro), uno champagne, bottiglietta piccola, 200 mila (altri 100 Euro). Alla fine, per ridurre i danni, fummo costretti a bere due Coca Cola e due cocktail per le signorine.

Quando una di esse si alzò per andare in bagno, probabilmente per prendere la percentuale dell’incasso, il collega bevve il cocktail spacciato per champagne e scoprì che era succo di limone. Nemmeno il tempo di finire la bevanda, pagammo e ce ne andammo maledicendo la dabbenaggine: ci costò l’equivalente di 375 mila lire (195 Euro) ma il collega volle pagare tutto lui dicendo che la colpa era sua perché era cascato nella trappola. Lo consolai, promettendo di rimborsarlo e adesso che ci penso non gli ho ancora dato la mia parte…

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La fregatura a Budapest è in agguato ovunque. E’ un peccato che in una città così bella ci si debba difendere da certi episodi. Nel 90, appena arrivato a casa, scoprii che all’aeroporto avevano manomesso la borsa e rubato tutti gli oggetti per la pulizia, spazzolino da denti compreso oltre a una sveglia da camera in plastica

Trappole in agguato ovunque

La fregatura a Budapest è in agguato ovunque. E’ un peccato che in una città così bella ci si debba difendere da certi episodi. Nel 90, appena arrivato a casa, scoprii che all’aeroporto avevano manomesso la borsa e rubato tutti gli oggetti per la pulizia, spazzolino da denti compreso oltre a una sveglia da camera in plastica.

Nel 91, per non ripetere la brutta esperienza, portai in aereo la borsa dando una botta in testa, per sbaglio, al povero Giancarlo Minardi che mi rimproverò: “Ma perché non hai imbarcato la valigia come tutti gli altri? Hai paura che te la fregano?”. Gli risposi di sì perché avevo già avuto una esperienza simile in passato. Appena atterrammo all’aeroporto di Bologna, e scaricate le valige dall’aereo, il povero Minardi scoprì che alla sua valigia e a quella di altri componenti la squadra, erano state rubate diverse cose. Lo salutai allegramente mentre lui era incavolato nero…

Nemmeno i fotografi erano immuni. A Godollo un gruppo di tre fotografi che lavoravano per Rombo e per altre agenzie, furono derubati di tutta l’attrezzatura mentre erano in camera. Uno era sotto la doccia e non sentì nulla, l’altro era alla reception a discutere di un fantomatico messaggio, il terzo dormiva sul letto con un sonno pesante che non riusciva a spiegarsi.

Sparirono macchine fotografiche, passaporti, telefoni cellulari e soldi. Ai meccanici della Minardi, invece, rubarono i passaporti e i soldi entrando in camera la notte e addormentando con gas soporiferi il cuoco e gli altri meccanici. A un fotografo di Bologna, Walter Lombardi, rubarono i soldi col sistema del cambio di moneta.

Un altro metodo per farsi fregare è quello di non fare attenzione ai taxi. Ci sono due sistemi paralleli di contatore. Uno, visibile, è tarato per cifre enormi con scatti frequenti, il secondo contatore, quello legale, è chiuso nel cassetto portaoggetti e rilascia la regolare ricevuta

Attenti ai taxi

Fu un modo molto abile di sottrarre soldi e ancora oggi si fatica a capire come fu possibile ritrovarsi con un mazzo di banconote fasulle al posto delle lire! Infine, un altro metodo per farsi fregare è quello di non fare attenzione ai taxi. Ci sono due sistemi paralleli di contatore. Uno, visibile, è tarato per cifre enormi con scatti frequenti, il secondo contatore, quello legale, è chiuso nel cassetto portaoggetti e rilascia la regolare ricevuta, uno scontrino fiscale che funge da controllo per la polizia e la finanza.

Agli stranieri, ovviamente, viene applicata sempre la tariffa più alta che compare sul display rosso. E’ un peccato che ci sia questa mentalità per cui accade che quando si arriva a Budapest, si pensa subito a una fregatura in agguato. Inutile rivolgersi alla polizia. E’ accaduto in passato che qualcuno avesse arrotondato lo stipendio con mance per niente spontanee.

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A Godollo un gruppo di tre fotografi che lavoravano per Rombo e per altre agenzie, furono derubati di tutta l’attrezzatura mentre erano in camera. Uno era sotto la doccia e non sentì nulla, l’altro era alla reception a discutere di un fantomatico messaggio, il terzo dormiva sul letto con un sonno pesante che non riusciva a spiegarsi

Non ci si può fidare nemmeno della polizia

Nel 2001 i colleghi di Radio Capital, Giuseppe Perrelli, e Radio Rai, Giulio Delfino, furono fermati dalla polizia per un controllo. Delfino capì subito dove voleva andare a parare l’agente di polizia e gli disse di fare attenzione, perché lui era un giornalista molto importante in contatto con l’ambasciata italiana. Quindi niente scherzi. A Perrelli, invece, volevano fare il test del palloncino, ma siccome Perrelli era astemio, non risultò niente.

A Budapest, però, il massimo lo fece un altro giornalista, Giampiero Agus della Gazzetta dello Sport. La strada principale che dal ponte delle catene portava all’autostrada M3, per andare all’autodromo, era chiusa per riasfaltatura. Agus, non volendo perdere tempo in una serie di giri per il centro di Budapest, tirò dritto e saltò i cartelli di divieto.

Due poliziotti in moto lo inseguirono e lo fermarono a metà del viale. Uno dei due mise la moto davanti al muso della macchina guidata da Agus che, per tutta risposta, investì il poliziotto, mandandolo a terra con la moto. “Ci siamo, da qua non ne usciamo vivi” disse con flemma l’altro collega della Gazzetta, Enrico Minazzi. Agus invece cominciò una animata discussione, inveì, fece dei nomi e mentre Minazzi diventava sempre più pallido e sprofondava nel sedile, Agus, piccolo di statura ma cattivo come un mastino arrabbiato, discuteva col poliziotto.

Stranamente i due giornalisti arrivarono in autodromo giusto in tempo per le prove, col povero Minazzi che continuava a ripetere: “Non so come ce l’abbia fatta, ha investito pure un poliziotto, eravamo contromano, eppure siamo qua”. Già, chissà come fece Giampiero Agus a convincere la polizia ungherese di avere ragione? “Devi saperci parlare con la polizia – disse un ristoratore italiano da anni residente a Budapest – se dici le parole giuste o fai capire che hai amicizie altolocate, te la cavi senza problemi”.

Amicizie altolocate

Agus probabilmente aveva parlato del primo ministro, incontrato a una partita di calcio a Parigi e il cui nome era stato tenuto a mente. Piuttosto, che ci fa un italiano con un ristorante a Budapest, la Trattoria Toscana? “Avevo voglia di vedere l’est, sono venuto qui e mi sono trovato bene”. Altro che Firenze, insomma. E nei giorni del Gran Premio se vi capita di passare da quelle parti, potreste incontrare anche i piloti italiani di F.1. Sempre che non abbiate problemi al cambio, coi taxi o con la polizia locale.

Siate elastici e mettete tutto in conto, anche questo fa parte delle esperienze in giro per il mondo. Se invece volete il brivido del proibito, al Terzo Cerchio, da Sergio, si mangia benissimo all’italiana. Cosa c’è di diverso? E’ che qua Rocco Siffredi fa i casting con le attrici per i suoi film.

 

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