Formula 1: la guerra tra team? Soltanto una questione di soldi...

Formula 1: la guerra tra team? Soltanto una questione di soldi...
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Paolo Ciccarone
La guerra che in Formula 1 vede contrapposti la Ferrari e altri sette team si basa su questioni prettamente economiche. L'analisi del nostro inviato Paolo Ciccarone
9 marzo 2020

Sette contro tutti, non è il titolo di un film western ma quanto sta accadendo in F.1. A una settimana dal via mondiale, a Melbourne domenica prossima, sette squadre hanno fatto fronte comune contro la Ferrari, sospettata di aver barato nella passata stagione, e contro la FIA, la federazione internazionale, perché dopo aver eseguito svariati controlli sul motore della rossa, alla fine non solo non è giunta a una conclusione, ma ha pure scritto in un comunicato di aver raggiunto un accordo confidenziale con la Ferrari a conclusione della vicenda. Se qualcuno cerca lo spirito sportivo in questa discussione, farà bene a chiuderlo a chiave in un cassetto e buttare la chiave. Perché tutta la vicenda, a sette giorni da un mondiale incerto per le limitazioni internazionali sul coronavirus, verte attorno ai soldi.

Le sette squadre, capeggiate dalla Mercedes di Toto Wolff e con il supporto della Red Bull di Helmut Marko, dopo aver avanzato dubbi e sospetti sul motore della Ferrari, che nella seconda parte della stagione 2019 ha sorpreso tutti (con sei pole e tre vittorie di fila) si aspettavano una squalifica. Cosa che avrebbe comportato una distribuzione a cascata dei soldi. La Ferrari, infatti, oltre ai 90 milioni di dollari ricevuti per la posizione nella classifica generale, ha un altro bonus derivante dalla presenza costante a tutte le stagioni del mondiale. Il totale, secondo fonti inglesi, è di circa 200 milioni di dollari. Dividere questa cifra per le squadre rimanenti tranne la Mercedes che non avrebbe un guadagno pratico ma solo politico, garantirebbe a squadre come la Red Bull e Alpha Tauri (il team junior) di incassare cifre variabili fra i 40 e i 50 milioni di dollari. E di fronte a tutto questo denaro, lo sport, la sportività e tutto il corredo ad esso legato, vengono dimenticati. L'ultima classificata, la Williams, potrebbe avere un bonus ulteriore di altri 15-20 milioni di dollari e capite perché non ha esitato a firmare il documento anti Ferrari?

Il presidente della FIA, Jean Todt, ha ricevuto il plauso del Consiglio Mondiale della federazione e quindi l'invito a proseguire sulla linea dura di contestazione alle squadre ribelli. Il promotore, Liberty Media, a fronte di una crisi di gare (il GP Cina è saltato, le altre sono a rischio da un momento all'altro) vede una ombra sulla regolarità e serietà del campionato, visto che sono le stesse scuderie a dirlo in un documento scritto. Bernie Ecclestone, l'ex gestore della F.1, da Londra ha detto una cosa lampante: "Il documento della FIA fa capire che la Ferrari non ha rispettato in pieno le regole, facendo divampare l'incendio. Ai miei tempi scoppiavano spesso dei focolari, ma mi sono sempre adoperato per fare il pompiere".

Se qualcuno decidesse di mettere mano al portafoglio, dando più soldi alle 7 squadre ribelli, come d'incanto tornerebbe la pace. Chi paga? Un altro mistero

Ovvero, manca una figura capace di mediare i diversi interessi in campo. In tutto questo passa in secondo piano il risultato delle prove invernali, in cui la Mercedes ed Hamilton hanno mostrato di avere un passo superiore ai rivali, con una Ferrari che, come dice il responsabile della GES, Mattia Binotto, non va in Australia con la speranza di vincere in quanto c'è ancora molto da fare. E visto che Mercedes ha stupito tutti con lo sterzo ad apertura variabile, chiamato DAS, la battaglia si accenderà anche su questo particolare che alcuni ritengono irregolare (vedi Red Bull pronta a fare reclamo a Mercedes, quindi col fronte dei magnifici 7 già pronto a spaccarsi), ma autorizzato dalla FIA per questa stagione, salvo vietarlo dal 2021.

Anno in cui cambieranno i regolamenti, si dovranno stabilire nuove modalità di divisione dei premi (che quest'anno sono stati di poco oltre 2 miliardi di dollari di incasso per il promotore) e decidere la governance del mondiale. Alla luce di quanto deve accadere in futuro, le discussioni sul passato e le accuse alla Ferrari, che da sola genera oltre l'80 per cento dell'interesse sulla F.1 a livello mondiale, appaiono strumentali e con un grosso vizio di forma. Ovvero, se qualcuno decidesse di mettere mano al portafoglio, dando più soldi alle 7 squadre ribelli, come d'incanto tornerebbe la pace. Chi paga? Un altro mistero di una F.1 alla ricerca dell'identità perduta. Non resta che aspettare i primi responsi della pista in Australia. Ammesso che fili tutto liscio anche lì.

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