Formula 1: quanto vale il merchandising?

Formula 1: quanto vale il merchandising?
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Merchandising, una parola inglese per indicare il mercato, le vendite. E in F.1 rappresenta un capitolo importante. Ecco le cifre| <i>P. Ciccarone</i>
  • Piero Batini
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7 gennaio 2013

Merchandising, una parola inglese per indicare il mercato, le vendite. E in F.1 rappresenta un capitolo importante. Nell’incontro col Presidente della Ferrari, Luca di Montezemolo, i dati parlano da soli: 52 milioni di euro incassati nel 2012, di cui 7 milioni solo dalla vendita dei cappellini.

Prodotti e prezzi

Basta frequentare uno dei Ferrari Store in giro per il mondo per capire subito il perché di certe cifre. Uno scarico della F2004 costa 6.000 euro, un pistone della F2002 400 euro, bielle pistone a partire da 600 euro per la F2002, 1.200 euro per la F2003GA, una valvola a 150 euro, 600 per la serie di 4 valvole di un cilindro della stessa monoposto, e poi 160 euro un portacenere che sale a 190 nella versione lusso.

Se invece vi accontentate di 4 valvole di un motore di serie, bastano 475 euro per il set completo, 388 una biella, 255 un pistone, 255 pure per il tappo serbatoio. E non parliamo poi dei modellini o delle magliette e ammennicoli vari. La lista della spesa basta farla allo Store di Milano Malpensa per controprova. E allora, ecco che emerge un dato importante: il merchandising è l’altro Gran Premio, quello che si corre tutti i giorni lontano, o nelle immediate vicinanze, degli autodromi.

Sfida... mondiale

E’ la guerra più sentita, al pari se non di più delle sfide in pista fra i protagonisti della F.1. E come c’è una classifica ufficiale nel mondiale F.1, anche in questo campionato ci sono leader e rincalzi, nello stesso ordine ma con qualche sorpresa. Che la Ferrari sia in testa nella vendita di oggetti marchiati col Cavallino Rampante non è una sorpresa. Lo è scoprire che le “squadre”… in corsa sono due.

I dati del Merchandising in F1 parlano da soli: 52 milioni di euro incassati nel 2012 dalla sola Ferrari, di cui 7 milioni solo dalla vendita dei cappellini


La prima si chiama “Ferrari replica” ed è gestita dalla Puma, società leader nell’abbigliamento sportivo, che consente un giro di affari di 50 milioni di euro all’anno e riguarda tutto l’abbigliamento della Ferrari ufficiale. C’è poi la seconda squadra, la “Ferrari Fans” che con cappellini, magliette e spille permette alla squadra italiana di incamerare un altro giro di affari di circa 10-15 milioni di euro all’anno (quindi nel 2012 c’è stato un calo anche se limitato nel fatturato rispetto agli anni precedenti).

Antagonisti del Cavallino Rampante

In totale sono quasi 65 milioni di euro (senza contare l’indotto ma solo il fatturato nudo e crudo) che issano la Ferrari al primo posto nel mondo delle bancarelle. Subito a ruota c’è la McLaren con un indotto di circa 20 milioni di euro, di cui 12 ricavati dai punti vendita ufficiali e 8 dalle bancarelle in giro per il mondo (soprattutto in Inghilterra grazie ad Hamilton).

La Renault si è difesa in pista ma anche fuori, i francesi resistono bene nei punti vendita in fabbrica e nelle concessionarie, tanto che alla fine il giro d’affari totale è stato nel 2011 di 17 milioni di euro. In grossa crescita la Red Bull, che dai circa 5 milioni di euro del 2009 ha superato la soglia dei 25 negli ultimi anni. Il mercato dell’oggettistica di F.1 vale circa 150 milioni di euro di fatturato, ovvero la cifra che viene spesa per la produzione dei singoli pezzi, cifra che va moltiplicata per tre (e quindi siamo attorno ai 450-500 milioni di euro) calcolando il prezzo finale sulla bancarella.

Falsi? No grazie!

E’ una fetta enorme di quattrini che la F.1 è riuscita a incanalare evitando il fenomeno dei falsi. E’ un lavoro durato una decina d’anni, con l’accordo di tutte le squadre e le autorità locali, ma alla fine alla F.1 è riuscito quello che al mondo della moda di classe non è ancora riuscito. Con un accordo raggiunto con le società di produzione (moltissime sono cinesi, ma ce ne sono anche in Turchia) tutti gli oggetti di F.1 hanno un ologramma inserito all’interno, cosa che permette di scoprire subito eventuali falsi.

Nelle immediate vicinanze degli autodromi esistono controlli ferrei sui pezzi venduti, per cui proporre dei falsi è praticamente impossibile


Nelle immediate vicinanze degli autodromi esistono controlli ferrei sui pezzi venduti, per cui proporre dei falsi è praticamente impossibile. Anzi, al proposito c’è un accordo con gli organizzatori per consentire la vendita degli oggetti del desiderio dell’appassionato: le bancarelle nelle vicinanze degli autodromi sono autorizzate alla vendita pagando una cifra che varia dai 2.500 ai 6.000 euro a week end.

I numeri di un GP

Diciamo che a Monza, Valencia e Barcellona si sta attorno a una cifra minima di 4.500 euro per incassi che possono variare dai 20 ai 35.000 euro a gran premio. Questo negli anni al top, l’ultimo GP di Monza ha visto una drastica riduzione dei punti vendita che, per accedere all’interno della struttura, dovevano pagare alla All Sport (la società svizzera di Ecclestone che gestisce queste cose) la cifra di 22.000 euro per i 3 giorni dell’evento.

A Monza sono rimasti in pochi a vendere e gli incassi non hanno coperto le spese… Nonostante il costo da pagare a Pat McNally (il boss della All Sport) il vantaggio di vendere in un autodromo si chiama guadagno: vendere all’interno di un autodromo ha permesso anche incassi dai 50 ai 140.000 euro! Questo nei circuiti e nei Paesi dove la crisi non si è fatta sentire. La ragione è molto semplice: nelle aree vip ospitalità, spesso i frequentatori sono invitati e non pagano i 2.500 euro al giorno di ingresso, per cui possono spendere più soldi per cappellini, magliette o altri ricordi dell’evento.

Interessante anche la classifica delle società che gestiscono questo mercato. Le più famose sono la Brandand (inglese) di proprietà di David Richards (boss della Prodrive) che controlla Lewis Hamilton e il post vendita McLaren, poi c’è la spagnola Pricesport che gestisce il marchio Ferrari Fans mentre la Puma gestisce Ferrari Replica (nei punti vendita si possono trovare anche gli scarichi di un motore F.1 a 6.000 euro o la replica del volante a 2.200 euro…), poi ci sono i turchi della TARS (che gestivano Fernando Alonso e trattavano con Felipe Massa, Hamilton e Raikkonen) la Media Merchandising è tedesca e curava la BMW, sta puntando alla Mercedes, ma c’è anche una società italiana, la ARS che seguiva Renault e alcuni pezzi di Fernando Alonso (cappellini).

Unica nota negativa: il mercato è in calo. Da quando Schumacher vinse il primo mondiale con la Ferrari (nel 2000 furono venduti 500.000 cappellini contro i 10.000 attuali) ad oggi c’è stato un calo di vendite del 45 per cento e la tendenza è ancora in atto

Vendite in calo

Unica nota negativa: il mercato è in calo. Da quando Schumacher vinse il primo mondiale con la Ferrari (nel 2000 furono venduti 500.000 cappellini contro i 10.000 attuali) ad oggi c’è stato un calo di vendite del 45 per cento e la tendenza è ancora in atto. Anche se ci sono poche eccezioni, niente sembra far pensare a un cambio in tempi brevi.

Sarà l’effetto recessione, ma anche la mancanza di personalità dei piloti attuali. Ayrton Senna, scomparso nel 1994, vende più cappellini di Giancarlo Fisichella, (200 mila euro di fatturato) nell’anno in cui è passato alla Ferrari (2009). Ovvero, un campione scomparso da 15 anni vale più di un pilota della rossa in attività. I misteri del merchandising…

I gadget più venduti

1.Cappellino 30 milioni di euro (primo quello Ferrari, con Alonso poi quello di Vettel, Hamilton)
2. Maglietta T Shirt (3 milioni di euro)
3. Maglietta Polo (2 milioni di euro)
4. Felpe (1,5 milioni euro)
5. Portachiavi, mouse tappetini per computer
 

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