Formula 1: tra sacro e profano

Formula 1: tra sacro e profano
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Paolo Ciccarone
Moltissimi i piloti credenti. Da Senna ai suoi tempi a Gutierrez e Perez oggi. Ma come si fa per correre con i santini nell'abitacolo? | <i>P. Ciccarone, Monza</i>
7 settembre 2014

Visto il lavoro che fanno è facile che qualche pilota si rivolga a una entità superiore, a volte però si esagera come è il caso dei due messicani della F.1, Gutierrez e Perez.

Il primo aveva l’abitudine, o meglio la mamma, di riempire l’abitacolo della sua F.BMW con santini e immagini varie, poi una volta arrivato in F1 gli hanno proibito di farlo, oltre a non essere professionale (secondo il team) non dà una buona immagine al pilota stesso.

Perez era la fotocopia e anche in questo caso era la mamma a riempire di immagini sacre tutto lo spazio disponibile. La religione, comunque, è un fatto molto personale e anche se ora gente come Hamilton si dichiara credente al punto da farsi tatuare sulla schiena un enorme crocifisso (fa paura  a dire il vero) o Senna in passato aveva le visioni mistiche durante le gare, resta il dato di fatto che molti sono credenti ma non lo ammettono in pubblico.

Fatto sta che il divieto di mettere immagini e santini, o addirittura statuette, è stato aggirato in maniera incredibile. Si fa tanto per risparmiare peso e poi si aggiungono oggetti?  Le immagini di santi e madonne sono infatti finite dietro il sedile, nascoste alla vista dei media ma ben presenti per garantire la protezione necessaria.

Non si fanno nomi, ma pare che ci sia stata una discussione con uno dei piloti in questione, perché una statuetta di una madonnina si era incastrata! La tradizione di avere santini in passato aveva contagiato altri piloti, Alesi ne aveva una nel casco, Kubica una medaglietta nella scarpa (e con quello che gli è successo, sarebbe il caso di sapere che santo è visto che finora ha funzionato alla grande!).

Anni fa anche Ghinzani, ai tempi in cui correva in F.3, aveva una immagine di Papa Giovanni sul cruscotto della sua monoposto. Era una di quelle magnetiche in uso negli anni 70 e il pilota bergamasco, specie quando arrivava lungo alla seconda curva di Lesmo (che all’epoca si faceva in pieno e col guard rail a filo a proteggere gli alberi) usava parlare all’immagine del pontefice: “Juan, pensaghe ti perché an va fò insema” ovvero Giovanni pensaci tu perché qua andiamo fuori tutti e due!

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