La F1 è fallita: perchè?

La F1 è fallita: perchè?
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Paolo Ciccarone
Il 2023 è un'altra dimostrazione del fallimento della F1: ecco cosa l'ha causato
10 maggio 2023

Non è la presentazione stile Made in USA che ha lasciato perplessi, non è la progressiva spettacolarizzazione della F.1 in chiave americana tutta immagine e quattrini e poca sostanza. Il fallimento vero della F.1 sta tutto nelle nuove regole che avrebbero dovuto livellare le prestazioni e garantire quello spettacolo in pista che invece manca. Certo, fra le qualifiche e la gara il gruppo di centro viaggia con distacchi minimi, a Miami a un certo punto erano 13 macchine in meno di un secondo. Poi in gara le cose sono cambiate.

Prendendo spunto dai dati elaborati dal lettore Renato Montefusco, che si è andato ad analizzare i risultati degli ultimi due anni, ecco cosa emerge: delle 27 gare disputate con le nuove auto ad effetto suolo, 22 sono state vinte da Red Bull, 4 da Ferrari e una da Mercedes. Sugli 81 posti teorici disponibili sul podio, solo 5 volte sono stati ottenuti da piloti che non appartenevano ai tre top-team, di cui soltanto 4 da Aston Martin ma conseguiti in queste prime gare, una McLaren a Imola nel 2022. Su 27 qualifiche (escluse gare sprint) solo in 2 occasioni la pole è andata ad un team che non fosse Red Bull o Ferrari. E’ accaduto a Russell con la Mercedes in Ungheria nel 2022 e alla Haas di Magnussen in Brasile sempre nel 2022, frutto di una situazione anomala. Infine in queste cinque gare abbiamo avuto 4 doppiette Red Bull.

Questi sono i dati della rivoluzione voluta dalla FIA e appoggiata da Liberty Media per rompere la monotonia di un regolamento che dal 2014 al 2020 ha visto sempre la Mercedes dominare con qualche sprazzo qua e là di Ferrari e Red Bull, salvo l’anomala stagione 2021 col finale al fulmicotone fra Verstappen e Hamilton. C’era da correre ai ripari e infatti macchine nuove, regole nuove, aggiustamenti in corso d’opera (vedi Baku con gara sprint) e piloti che si lamentano dell’effetto scia, con lunghe colonne in fila indiana senza che sia possibile vedere un sorpasso, non tanto col famigerato DRS quanto almeno in staccata, cosa che se prima era difficile, adesso diventa impossibile perché gli spazi di manovra si sono ancor più ridotto grazie al carico aerodinamico di queste monoposto che è passato dai 1500 kg dell’epoca Schumacher agli oltre 2700 attuali, roba da camion! é qui il vero fallimento della rivoluzione F.1, non è colpa di Red Bull se ha indovinato la strada giusta, come sempre accade quando c’è un cambio di regolamento. Ma di chi ha stabilito nuove regole senza capire bene a cosa si andava incontro. Servivano macchine più larghe? No, inutile specie per alcune piste.

Serviva avere più carico aerodinamico da farle andare più veloci? No, perché i tempi in qualifica rispetto a quelli in gara sono anche di 7 secondi più veloci, ma la gente in tribuna vede lo spettacolo, non percepisce la differenza. A che serve una pole a tempo di record se poi in gara vanno tutti più piano per risparmiare gomme, benzina e alla fine i tempi eroici in cui in gara qualcuno era più veloce delle prove non ci sono più? E’ su questo che si deve lavorare per il futuro ma c’è solo una via: introdurre un sistema di compensazione, il famigerato BOP, balance of performance. Antisportivo, di sicuro, ma correre il rischio che per alcuni anni (quanto ci si impiega mediamente per abbattere un dominio tecnico di un team) si prosegua su questa strada, fa preoccupare. In primis Liberty Media che sta vendendo un prodotto fatto di emozioni, che dopo un po’ svaniscono sapendo già come va a finire. E qui torna in mente Bernie Ecclestone e la sua famosa frase in una stagione noiosa, con un dominio Williams o Ferrari degli anni 90 o 2000: “La F.1? E’ come il sesso. Sai già come va a finire, ma quello che intriga è il corteggiamento e come ci arrivi”. Ovvero, se sai già come va a finire, che almeno i… preliminari siano quelli giusti.

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