Anas-FS: rivoluzione o colosso con piedi d’argilla?

Anas-FS: rivoluzione o colosso con piedi d’argilla?
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Via libera dell’Antitrust alla fusione tra Anas e Ferrovie dello Stato: nasce un maxi-gruppo, chiamato a gestire un patrimonio di oltre 44.000 km fra autostrade e reti ferroviarie. Ma non mancano i motivi di preoccupazione...
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
24 gennaio 2018

«Questo matrimonio s’ha da fare, amen!»: con la benedizione dell’Antitrust, è ormai definitiva l’unione tra Anas, che gestisce strade regionali e provinciali, nonché alcune tratte autostradali, e Ferrovie dello Stato, operazione voluta dal Governo ed approvata prima della fine dello scorso anno.

Nasce così un colosso senza pari in Europa, chiamato alla co-gestione di un patrimonio di oltre 44.000 km di infrastrutture, tra strade, autostrade e rete ferroviaria, percorse ogni anno da milioni di persone e di veicoli; due aziende che contano ad oggi circa 81mila dipendenti e potranno investire ben 108 miliardi di Euro nei prossimi dieci anni.

Sembrerebbe una buona notizia, ma è lecito porsi la domanda: davvero la fusione tra due colossi pubblici monopolisti del settore dei trasporti porterà vantaggi concreti a noi cittadini?

La situazione, malgrado gli Osanna intonati alla fine della cerimonia di matrimonio, è decisamente complicata, perché entrambi gli sposi portano in dote un patrimonio non certo raccomandabile: le ferrovie, malgrado la vetrina sfavillante dell’Alta Velocità, possiedono una rete in pessime condizioni per quanto riguarda i servizi ai pendolari; autostrade e strade regionali non stanno meglio sia quanto a manutenzione sia quanto a incidenti – malgrado, sulle prime, gli aumenti automatici dei pedaggi, che puntuali scattano ad ogni inizio d’anno, non riescano a elevarle ai requisiti minimi delle grandi arterie europee, e - sulle seconde - gli scarsi controlli provocano incidenti e ondate di critiche quando crolla un cavalcavia senza che alcuno abbia lanciato l’allarme.

Qualcuno ha usato l’immagine di due zoppi che provano a camminare insieme: ma è altrettanto onesto riconoscere che sia Anas sia Ferrovie non potevano continuare a operare come in passato, seguendo le vecchie logiche. Quanto è stato scoperchiato in Anas sugli appalti, sulla corruzione, sulle posizioni di potere, indica chiaramente che è giunto il momento di cambiare, uomini, mentalità e spirito di squadra. Lo stesso vale per le Ferrovie, ove l’immobilismo regna ancora sovrano.

Tuttavia, le due aziende unite possono contrarre una malattia pericolosa: il gigantismo, che in Italia induce febbri da corruzione, malaffare ed uso disinvolto del denaro, specie se pubblico. Solo uomini di grande valore, professionalità e integrità possono combatterla e vincerla. E sappiamo che già in Anas sono sulla buona strada: si parla di obiettivi strategici comuni, come la manutenzione coordinata dei circa 10.000 km di strade e ferrovie che corrono parallele che potrebbe generare importanti risparmi.

Ma la voce più importante è come investire al meglio i soldi che verranno dallo Stato e come produrre benessere e remunerare il capitale. Voce, quest’ultima, gradita agli azionisti delle rispettive aziende.

Le due aziende unite possono contrarre una malattia pericolosa: il gigantismo, che in Italia induce febbri da corruzione, malaffare ed uso disinvolto del denaro, specie se pubblico. Solo uomini di grande valore, professionalità e integrità possono combatterla e vincerla. E sappiamo che già in Anas sono sulla buona strada

Le difficoltà sono numerose: la stessa storia delle due aziende, che non godono proprio della fama di grande efficienza, rende problematico creare economie di scala. D’altro canto la gestione di interi settori vitali dell’economia in posizione di monopolio relativo, provoca squilibri e tentazioni, come in passato è successo per l’IRI. E questa operazione gli somiglia in modo preoccupante, soprattutto perché rimette la gestione dei trasporti dell’intero Paese - questione invero strategica come poche - alla valutazione di soggetti di fatto privati, esautorando dalle sue competenze il Ministero di Infrastrutture e Trasporti, che come accade in tutta Europa dovrebbe essere il programmatore pubblico, insieme al Ministero dell’Economia che mette a disposizione le risorse. A quanto possiamo intuire, invece, le esigenze di mobilità e trasporti del Pese, anziché essere indicate dal Ministero dei Trasporti, verranno “suggerite” dalla neonata grande azienda pubblica: operazione delicata, ora che le elezioni sono alle porte.

Saprà resistere alle pressioni delle lobby, alle manovre della malavita organizzata, agli interessi privati?

Qui si innesta un altro elemento di preoccupazione: poiché Anas, autostrade e Ferrovie sono già fuori dal perimetro della Pubblica Amministrazione, i relativi debiti rimarranno al di fuori della contabilità dello Stato. E sarebbe davvero un peccato se tutto si risolvesse in una semplice operazione di ingegneria finanziaria per nascondere alla Ue i nostri buchi.

Intanto, FS Italia - Anas ha una sua struttura dirigenziale: il CdA è composto da Ennio Cascetta (presidente), Gianni Vittorio Armani, Cristiana Alicata e le nuove consigliere Vera Fiorani e Antonella D’Andrea. Il Consiglio di Amministrazione, che resterà in carica fino all’Assemblea di approvazione del bilancio del 2020, ha nominato Gianni Vittorio Armani nel ruolo di amministratore delegato e direttore generale della Società.

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