Autostrade, Luciano Benetton: «Siamo parte lesa»

Autostrade, Luciano Benetton: «Siamo parte lesa»
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L’imprenditore delle autostrade chiede di fermare quella che definisce una «campagna d’odio» contro la sua famiglia
2 dicembre 2019

Con Atlantia sempre di più nell’occhio del ciclone per le indagini sulla mancata manutenzione dei viadotti e pare sempre più vicina alla revoca della concessione, a prendere la parola è Luciano Benetton, il membro più in vista della famiglia veneta che è azionista di maggioranza del colosso delle autostrade.

Benetton ha inviato una lettera ai principali quotidiani nella quale chiarisce la posizione della sua famiglia su quanto accaduto dal crollo del Ponte Morandi in poi: «Trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco: nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30% di Atlantia che a sua volta controlla Autostrade», puntualizza l’imprenditore trevigiano.

Che aggiunge: «Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l'opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa. Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avallare la definizione di un management - prosegue Benetton - che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto (scomparso nell’ottobre del 2018, ndr) che, per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell'azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture».

Poi la difesa: «Non cerco indulgenza per Autostrade, chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni».

«Leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere», puntualizza l’imprenditore veneto.

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