Componentistica italiana in difficoltà, Non solo Covid e Fiat: ecco cosa sta succedendo

Componentistica italiana in difficoltà, Non solo Covid e Fiat: ecco cosa sta succedendo
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La pandemia schiaccia una filiera già in rallentamento: calo volume e timori sia per ordinativi esteri (Stellantis inclusa ex-Fiat) sia per occupazione. La speranza sono i powertrain elettrificati made in Italy ma i più lavorano ancora su motori diesel
24 novembre 2020

Prendiamo spunto dai numeri e dagli interventi giunti oggi con l’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2020. Un’indagine realizzata da Camera di commercio, ANFIA e CAMI. Si parla di produzione parti per auto, dalle più banali e facilmente realizzabili ai veri e propri sistemi che sono parte fondamentale, costosa e determinante per un’auto di oggi. La pandemia ha solo velocizzato un processo di ristrutturazione in corso. Il Piemonte, storico luogo di produzione automotive, continua ad essere protagonista con oltre il 33% delle aziende e il 38% del fatturato nazionale, ma il mercato internazionale è negativo. Le speranze per le aziende italiane sono quelle di innovare: il 29,5% dichiara di posizionarsi principalmente sul mercato dei nuovi veicoli con motorizzazioni elettrificate, per ritagliarsi un ruolo internazionale. Non è facile, occorre investire. Sono due le grandi incertezze. Primo capire i tempi della ripresa di domanda e produzione, non scontata e non immediata. Secondo Stellantis, un vero elemento chiave per molte aziende italiane. PSA e FCA presentano sovrapposizioni in progettazione, in produzione e composizione della loro filiera. Cosa accadrà e chi sarà nel caso ridimensionato? Le evoluzioni ci sono insomma, nella filiera, ma in qualche nazione pesano maggiormente che da noi investimenti pubblici e privati, per creare quella eccellenza richiesta dalle Case che traina poi l’intera filiera.

164mila addetti

Anche se siamo solo guidatori o passeggeri, di auto estere, dobbiamo da italiani fare un gran tifo per la nostra componentistica. Tocca poi indirettamente anche il mondo del commercio di ricambi e riparazioni, assistenza tecnica e persino accessori, se il Paese forte delle componenti siamo noi piuttosto che Francia, Polonia, Ungheria o addirittura Cina. Non dormono quindi sonni tranquilli, i lavoratori dei spesso tanto applauditi componentisti italiani. La concorrenza asiatica e anche europea dell’Est è forte mentre la domanda è in calo, forse ridimensionata ancora per anni rispetto al 2018. Nel 2019 infatti la domanda mondiale di autoveicoli è scesa del 4,5%.

Il 2020 con la pandemia vede cali a oggi del 29% per l’Europa, mentre a livello mondo si presume di chiudere a -17% se va bene. L’Italia è data per 1,4 milioni di volume nuove auto, come già molti e noi su queste pagine avevamo preventivato, a inizio pandemia. Se la produzione a livello mondiale cala già ora di 11 milioni di autoveicoli, rispetto al 2019, le previsioni per l’immediato non sono rosee e nemmeno per i prossimi anni. Accanto alle tradizionali categorie in Italia abbiamo aziende anche di motorsport, infomobilità e mobilità elettrica. L’universo della componentistica automotive italiana conta 2.198 imprese, oggi. Fatturato complessivo 49,2 miliardi, numero di addetti pari a 164.305. Insomma, una buona fetta di attività che però vede cali già dal 2018, per tutte le categorie, in particolare i sistemisti e modulisti. Si salvano al momento le sole attività di Engineering & Design.

Occhio alle stelle

L’evoluzione del rapporto di dipendenza tra i produttori di componenti italiani e l’ex-gruppo Fiat, FCA ora Stellantis, mostra una riduzione. Relativa, dato che sono il 73% le imprese che hanno il gruppo, direttamente o indirettamente, nel portafoglio clienti. Per oltre un terzo delle aziende il fatturato da vendite ad FCA rappresenta oltre la metà dei ricavi. In Piemonte, otto imprese su dieci hanno prodotto parte del proprio fatturato grazie alle relazioni con FCA. Per la maggior parte delle imprese le nozze FCA-PSA rappresentano un’operazione favorevole per lo sviluppo. Domina invece la percezione dei rischi lo spostamento del baricentro verso l’estero. Con preoccupazione di vedere ridotti i volumi di fornitura in Italia.

Internazionalizzazione e Nuovi Trend

In leggero aumento la quota di imprese che esportano (74,9%) così come l’incidenza del fatturato estero rispetto ai ricavi (40,9%). L’Europa rimane la prima area di destinazione con Germania, Francia e Polonia fra i primi mercati. Il 29,5% dei rispondenti all’indagine ha individuato nei veicoli elettrici o ibridi il posizionamento principale, un valore elevato, influenzato anche dai nuovi modelli FCA. La maggior parte dei rispondenti converge però ancora sul diesel (59,4%) ed è solo il 6% di aziende che indicato di essere posizionata prevalentemente su powertrain elettrificati o ibridi.

Da segnalare che è quasi raddoppiato il numero di componentisti che ha partecipato a progetti di riduzione delle emissioni dei motori a combustione interna (da 11,2% a 20,5%).

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