Covid-19: dopo la crisi aumenteranno le vendite di auto benzina e Diesel?

Covid-19: dopo la crisi aumenteranno le vendite di auto benzina e Diesel?
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Daniele Pizzo
Per Deloitte imprese e governi europei, costretti a sostenere i consumi, dovrebbero allentare le restrizioni sulle motorizzazioni tradizionali, che rappresentano ancora più del 90% del mercato
15 aprile 2020

Lo scoppio della pandemia di Coronavirus ha sconvolto moltissimi settori: tra i più colpiti c’è certamente quello del mercato dell’automobile, che negli ultimi mesi ha fatto registrare cali da ecatombe rispetto al periodo pre-crisi.

E’ stato un effetto abbastanza prevedibile, perché in tempi di incertezze e preoccupazioni la tendenza naturale dei mercati è quello di rimandare a tempi migliori gli acquisti che possono essere rimandati, in particolare quelli ad alto impatto sui budget di singoli ed aziende, come quello di veicoli.

Dinanzi ad un terremoto sulle vendite che nel mese di marzo ha toccato un -85% in Italia e un andamento non dissimile nel resto del mondo, adesso è il momento di interrogarsi sui tempi della ripresa e su quali cambiamenti nelle dinamiche commerciali si assisterà dopo la fine del “lockdown” globale.

A fornire alcune stime sono gli analisti di Deloitte, per i quali a livello globale si prevede quest’anno un crollo della produzione di veicoli leggeri pari a circa 11 milioni di unità, dagli 88,9 milioni del 2019 ai 77,9 milioni per l’anno in corso. Si prevede un calo della produzione pari a -2,219 milioni di unità nel Nord America e -2,956 milioni in Europa. Per tornare ai livelli precedenti, si ipotizza, serviranno almeno dai 4 ai 6 mesi.

Un effetto per certi versi inatteso, sempre secondo Deloitte, potrebbe essere quello della ripresa della domanda di automobili benzina e Diesel, che nella UE nei mesi precedenti la pandemia aveva già conosciuto una forte contrazione per effetto delle politiche restrittive sulle motorizzazioni tradizionali decise a Bruxelles.

Ora che però diventa vitale da sostenere i consumi, la musica infatti potrebbe cambiare: «È ragionevole prevedere che, in ragione del peso del settore Automotive sull’economia europea e degli sforzi finanziari già messi in campo dalla BCE per sostenerla, i vincoli ambientali debbano venire allentati per poter rimettere in moto la macchina industriale», scrive Deloitte.

Per rivitalizzare il mercato dopo il crollo dei volumi, imprese e governi saranno probabilmente spinti a puntare sulle auto più popolari, motorizzate a benzina e Diesel, che nel 2019 hanno rappresentato in rispettivamente il 58.9% e il 30.5% delle vendite sul mercato europeo.

 

«Con il crollo delle vendite, non è immaginabile una penalizzazione dei modelli benzina o Diesel che hanno maggior mercato. Inoltre, l’incertezza dell’effettiva ripartenza dei produttori asiatici di batterie e componenti elettrici potrebbe compromettere la supply-chain e la capacità produttiva dei veicoli elettrici in Europa», commenta Giorgio Barbieri, Partner Deloitte e responsabile italiano per il settore Automotive.

Fra le possibili soluzioni ipotizzabili, spiega una nota, «vi è lo slittamento temporale dei target di almeno uno o due anni, che consentirebbe alle imprese di ritrovare l’ossigeno di cui hanno bisogno per tornare poi ad investire in innovazione», dal momento che «Il mantenimento degli attuali vincoli emissivi di CO2 e delle relative sanzioni rappresenterebbe un ulteriore colpo inferto alle finanze dei produttori, con conseguenze lungo la value-chain (breve-medio periodo) e in termini di investimenti futuri in innovazione e sviluppo (medio-lungo periodo) essenziali per l’evoluzione della mobilità elettrica, con possibili ripercussioni anche occupazionali e quindi sociali».

Da Moto.it

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