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Il presidente Donald Trump torna a scuotere i mercati con un nuovo colpo protezionistico: dazi al 30% su molte importazioni europee. Ma tra le righe della manovra, una clausola accende le speranze dell’automotive: le auto potrebbero esserne escluse. La notizia, lascia intendere che i nuovi cambiamenti non toccherebbero il settore auto, già soggetto a tariffe preesistenti.
Volkswagen, BMW, Mercedes-Benz e Stellantis, già sotto pressione per la transizione elettrica e vendite in calo, vedono in questa possibile esclusione una boccata d’ossigeno. Pur avendo impianti produttivi in America, restano legati all’export dal Vecchio Continente. Restare fuori dalla nuova ondata di dazi significherebbe evitare un altro colpo ai margini e mantenere prezzi competitivi negli USA. Ma è presto per rilassarsi.
Nonostante l’ipotesi di uno “scudo” per l’auto, le Borse hanno reagito con freddezza. Lunedì 14 luglio, i titoli di Mercedes, BMW, Volkswagen e Stellantis sono scese di un punto. Gli investitori non si fidano della tregua. Sebbene i dazi esistenti resteranno “probabilmente” invariati, tutte le misure “sono soggette a revisione”. La “grazia” potrebbe essere solo temporanea.
Le vetture europee non godono di alcun privilegio doganale negli USA. Al contrario: già oggi scontano una tariffa del 27,5%, frutto delle scelte dell’amministrazione Trump. Una misura che pesa soprattutto sui marchi tedeschi, principali esportatori, nonostante la produzione locale. Un ulteriore inasprimento renderebbe ancora meno sostenibile l’export europeo verso gli Stati Uniti.
L’industria dell’auto si muove tra cauto ottimismo e grande incertezza. L’eventuale esclusione dai nuovi dazi sarebbe un segnale positivo, ma la volatilità delle scelte politiche americane resta una minaccia. Il protezionismo torna a pesare come una spada di Damocle su un settore già fragile. Per l’automotive europeo, la partita è ancora tutta da giocare.