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L’11 agosto 2025 potrebbe rappresentare una data spartiacque nella storia recente di Ford: il CEO Jim Farley ha annunciato che la casa di Dearborn svelerà una nuova strategia per l’elettrificazione della gamma, definendola senza mezzi termini una “Model T moment”. Un richiamo simbolico al rivoluzionario lancio della Ford Model T nel 1908: produzione su larga scala, accessibilità economica e trasformazione industriale. Tre elementi che Ford intende riproporre in chiave moderna per affrontare la nuova era dell’auto elettrica.
Farley è stato chiaro: “I nostri veri concorrenti per la prossima generazione di veicoli elettrici non sono più gli altri grandi gruppi occidentali. Sono i cinesi: BYD, Geely, Xiaomi”. Il CEO, che di recente ha guidato quotidianamente una Xiaomi SU7 elettrica, ha elogiato la qualità del prodotto: “fantastica, fatico a restituirla”. Un’ammissione che suona come una sveglia per Ford e per l’intero settore automobilistico americano ed europeo.
Il problema principale? Ford è indietro, non solo nella corsa tecnologica, ma soprattutto nella capacità di produrre EV redditizi e su larga scala come sanno fare i costruttori cinesi.
Per Farley, l’unico modo per competere con la Cina è una trasformazione radicale: “Dobbiamo reinventare la nostra ingegneria, la nostra supply chain e i nostri processi produttivi da cima a fondo.” La nuova strategia punterà a ridurre i costi di produzione, aumentare l’efficienza e l’autonomia dei veicoli, e razionalizzare l’architettura elettronica, sempre più complessa e costosa. Il futuro dell’elettrico Ford non passerà più solo per nuovi modelli, ma per un nuovo modo di costruirli.
Farley ha sottolineato l’importanza delle partnership, in un’industria dove l’innovazione diventa sempre più veloce e la tecnologia si “commoditizza”. L’Ovale Blu non cercherà più di fare tutto da sola, ma collaborerà con fornitori, aziende tech e altre case per sviluppare rapidamente ciò che è diventato standard: batterie, piattaforme, software.
Un altro elemento chiave è il peso delle tariffe doganali. Ford oggi spende oltre 2 miliardi di dollari l’anno a causa dei dazi su componenti importati, retaggio della politica commerciale dell’era Trump. Farley, però, vede una possibilità nella recente riduzione delle tariffe auto dal 25% al 15%: “È un’opportunità. Possiamo giocare la carta del nostro ruolo di grande datore di lavoro negli Stati Uniti per ottenere condizioni migliori.”
La globalizzazione dell’auto è destinata a diventare regionalizzazione, con mercati sempre più regolati da norme locali su emissioni, provenienza dei materiali e produzione. La sfida, per Farley, è epocale e, come oltre un secolo fa con la Model T, Ford vuole riportare l’auto al centro della mobilità popolare, ma declinata in chiave elettrica: piattaforme semplici, processi agili, costi accessibili, profitti sostenibili.
L’annuncio dell’11 agosto non sarà solo una nuova tabella di marcia: sarà la riformulazione del DNA industriale di Ford. Una risposta necessaria in un mondo in cui le Tesla e le BYD dettano legge, mentre i costruttori storici devono decidere se reinventarsi o scomparire.