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Chi prova per la prima volta un’auto elettrica attraversa un momento quasi surreale. Si preme l’acceleratore e la vettura scivola in avanti con naturalezza, ma manca ciò che per decenni ha definito l’esperienza di guida: il rumore. Il motore non vibra, lo scarico non brontola, il cambio non si fa sentire. È un movimento che sembra più vicino al volo che alla meccanica, un’esperienza tanto affascinante quanto disorientante.
Questo silenzio è diventato l’emblema della mobilità del futuro. Per molti rappresenta un valore assoluto, un comfort sconosciuto ai motori termici, una calma che riduce stress e fatica. Per altri, invece, è una mancanza. Il rombo del motore è sempre stato un linguaggio emotivo, un segno distintivo, un messaggio di presenza sulla strada. La sua assenza costringe tutti, guidatori e costruttori, a ripensare non solo la tecnologia, ma anche la percezione stessa dell’automobile.
Il punto è che il silenzio non è neutro, ma è un terreno nuovo che richiede risposte precise, perché modifica la sicurezza, le abitudini e perfino l’immaginario collettivo.
Le auto elettriche sono silenziose per ragioni strutturali: il motore elettrico riduce al minimo vibrazioni e attriti, l’assenza di combustione interna elimina gran parte del rumore e persino i componenti secondari, se progettati in modo efficiente, contribuiscono a creare un ambiente acustico quasi ovattato.
Tutto ciò ha effetti immediati sul comfort, perché viaggiare con meno rumore significa affaticarsi meno e percepire la strada in modo più morbido. Tuttavia, nasconde anche aspetti critici: le persone che camminano in strada, in particolare chi ha difficoltà visive o uditive, faticano a sentire l’arrivo di un veicolo elettrico. Questo ritardo percettivo aumenta il rischio di incidenti nelle manovre a bassa velocità. Anche chi è al volante sperimenta un cambiamento sensoriale, perché la velocità non viene più accompagnata da un riferimento acustico immediato e diventa quindi più difficile regolarsi in modo istintivo.
Per risolvere queste criticità, l’Unione Europea ha introdotto l’AVAS, un sistema sonoro obbligatorio sui veicoli elettrici e ibridi di nuova produzione a partire dal 2021. Il suo compito è semplice: rendere udibile l’auto fino a circa 20 chilometri orari. Ma ciò che doveva essere una soluzione puramente tecnica si è rapidamente trasformato in una nuova sfida creativa.
Ogni casa automobilistica ha iniziato a sviluppare una propria voce sonora. Hyundai ha scelto toni futuristici che ricordano la fantascienza, BMW ha coinvolto il compositore Hans Zimmer per creare suoni che evocano modernità e potenza, Renault ha collaborato con Jean-Michel Jarre per definire un timbro unico, che fosse allo stesso tempo rassicurante ed elegante. Altri marchi, come Mercedes e Lucid, hanno deciso di lavorare con team interni specializzati nel sound design, definendo identità acustiche che richiamano filosofia del brand e posizionamento di mercato.
Il risultato è un panorama sonoro del tutto nuovo, in cui ciò che si sente non è più rumore prodotto dalla meccanica, ma una sorta di firma audio progettata con cura.
La progettazione acustica dell’auto elettrica si è trasformata in un campo creativo a sé, in cui ingegneri, musicisti e sound designer lavorano fianco a fianco. Un’accelerazione può essere accompagnata da una progressione armonica che suggerisce fluidità, una partenza può creare una lieve tensione melodica, una frenata può dissolversi in un effetto morbido, quasi impercettibile.
Il suono non è più un effetto collaterale, ma diventa un linguaggio che racconta la personalità del brand. Se un tempo bastava ascoltare un V8 per intuire la natura dell’auto, oggi la stessa funzione la svolge un suono sintetico che, pur non provenendo da pistoni e valvole, riesce comunque a trasmettere carattere e unicità.
Il futuro dell’acustica automobilistica sarà ancora più sofisticato: non si parla più solo del suono esterno, pensato per la sicurezza, ma anche di quello interno, che diventa parte dell’esperienza del viaggio. Alcuni marchi stanno sperimentando profili sonori personalizzabili che il conducente può selezionare a seconda dell’umore o del percorso. Altri stanno introducendo paesaggi sonori dinamici che reagiscono al movimento, creando un effetto quasi musicale durante la guida.
Le vibrazioni dell’abitacolo vengono calibrate per restituire una sensazione fisica di accelerazione che in assenza del rumore meccanico mancherebbe del tutto. Alcuni modelli esplorano l’idea di usare suoni ambientali per ridurre la stanchezza nei lunghi viaggi, integrando armonie soffuse che accompagnano l’attenzione senza disturbarla.
Per molti appassionati, il rumore del motore è sempre stato una parte fondamentale dell’identità dell’auto. Era un modo per riconoscere un modello, per percepirne la potenza, per provare emozioni legate a un mondo fatto di scoppi, vibrazioni e adrenalina. Il passaggio al silenzio crea inevitabilmente un senso di perdita, come accade ogni volta in cui un simbolo di un’epoca lascia spazio a qualcosa di nuovo.
Tuttavia, ogni trasformazione culturale porta con sé nuovi linguaggi. Il silenzio non sostituisce il rumore, ma lo reinterpreta, diventando un valore per chi cerca comfort, un segno di modernità per chi ama la tecnologia, un richiamo alla fluidità per chi guida in città. L’auto elettrica non rinuncia al suono, lo ricostruisce in modo più consapevole, meno aggressivo e più coerente con la sensibilità contemporanea.
Le città del futuro saranno accompagnate da suoni meno invasivi e più curati, e ciò che oggi appare come una mancanza diventerà un tratto distintivo di una mobilità più attenta, più meditata, più umana.
Questo percorso è appena iniziato, e quando parleremo delle auto elettriche sportive, scopriremo un mondo ancora più interessante, perché il concetto stesso di rumore e di potenza sta vivendo una trasformazione radicale.