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Di fronte alla tendenza globale del downsizing, della standardizzazione tecnologica e dell’omologazione stilistica, Mazda continua a distinguersi per scelte tecniche e progettuali radicali. Basti pensare ai motori aspirati Skyactiv, alla leggerezza della MX-5 o, soprattutto, al motore rotativo, simbolo stesso dell’indipendenza ingegneristica del marchio giapponese.
Sebbene il primo motore rotativo in commercio sia stato quello della NSU Wankel Spider del 1964 – e non di una Mazda – è proprio la casa di Hiroshima ad aver intuito, sviluppato e mantenuto in vita questa tecnologia così affascinante quanto complessa. La prima Mazda con motore rotativo fu la Cosmo Sport 110S del 1967: elegante coupé che montava un birotore da 982 cm³ capace di 110 CV. Un’auto fatta da appassionati per appassionati.
Ma cosa rese il rotativo così speciale da essere adottato (e difeso) per oltre cinquant’anni da un solo costruttore?
Rispetto a un motore a pistoni tradizionale, il rotativo presenta numerosi vantaggi:
Compattezza e leggerezza: la struttura semplice e l’assenza di pistoni e bielle lo rendono facilmente posizionabile, con ottima distribuzione dei pesi.
Rapporto peso/potenza favorevole: grazie alla sua architettura, riesce a sprigionare molta potenza in poco spazio.
Funzionamento fluido e silenzioso: non avendo parti reciprocanti, genera meno vibrazioni e consente un’erogazione di potenza continua.
Il ciclo di combustione del rotativo – un triangolo che ruota dentro una camera ellittica generando tre camere di scoppio – combina le fasi del quattro tempi in un ciclo continuo ad ogni giro del rotore, rendendolo simile, per erogazione, a un due tempi.
Ovviamente, non tutto è oro ciò che luccica. I problemi di affidabilità – in particolare la rapida usura delle guarnizioni dei rotori – hanno portato quasi tutti i costruttori ad abbandonare questa soluzione. Mazda no. L’ingegner Yamamoto rivoluzionò il motore introducendo guarnizioni in lega di grafite e alluminio, migliorando sia la resistenza che la coppia ai bassi regimi.
Grazie a questi aggiornamenti, il rotativo ebbe un enorme successo commerciale: negli anni ’70, oltre 100.000 Mazda rotative circolavano nel mondo. E non solo sportive: Mazda sperimentò il rotativo anche su pickup (il mitico REPU – Rotary Engine Pickup), autobus e persino carro attrezzi.
La consacrazione internazionale del rotativo avvenne nel 1991, quando la Mazda 787B vinse la 24 Ore di Le Mans. Fu (ed è ancora oggi) l’unica vittoria di un’auto con motore rotativo in questa leggendaria competizione. Il suo motore R26B, un quattro rotori aspirato da oltre 900 CV, è rimasto nella storia per il suo suono “ultraterreno”.
Ma è con la RX-7, in tutte le sue versioni (FB, FC, FD), che il rotativo è entrato nei cuori degli appassionati. Coupé a due posti secchi, design filante e prestazioni coinvolgenti hanno reso questa sportiva un’icona assoluta tra anni ’80 e ’90. Alla RX-7 subentrò la RX-8 nel 2003, dotata del motore Renesis: ancora un birotore da 1.3 litri, evoluto in efficienza e potenza (fino a 235 CV), racchiuso in una carrozzeria con portiere posteriori “suicide” e layout più votato alla praticità.
La produzione della RX-8 si è conclusa nel 2012, sancendo il momentaneo addio del rotativo alla produzione di serie. Ma Mazda non ha mai rinunciato davvero alla sua icona tecnologica. Nel 2023 il rotativo è tornato… con una funzione completamente nuova.
La MX-30 e-Skyactiv R-EV segna una svolta: il motore rotativo non è più collegato alle ruote ma funge da range extender. Un generatore compatto (883 cm³, 75 CV) che entra in funzione solo per ricaricare la batteria da 17,8 kWh. A muovere l’auto restano i motori elettrici, capaci di 170 CV complessivi. In questo sistema ibrido in serie, il motore termico lavora in modo ottimizzato, riducendo consumi ed emissioni. La MX-30 può percorrere fino a 110 km in elettrico puro, mentre il serbatoio da 50 litri estende l’autonomia per i viaggi lunghi.
Mazda ha trasformato il rotativo da una curiosità ingegneristica in un simbolo della propria indipendenza progettuale. Mentre il mondo inseguiva mode e tendenze, Mazda ha preferito percorrere strade più ardue, ma coerenti con la sua visione: costruire auto per chi ama davvero guidare.