Silk Way Rally 2017. È subito Peugeot. Loeb. “Peter”, Despres

Silk Way Rally 2017. È subito Peugeot. Loeb. “Peter”, Despres
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Loeb, Peterhansel e Despres nell’ordine al termine della prima tappa del Rally attraverso Russia, Kazakhstan e Cina. 9.500 km in 14 Tappe, poco più di 4.000 di Prove Speciali. Rally spettacolare e magnifico, ma alternativa per ora debole alla Dakar. Mancano le Moto
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
8 luglio 2017

Mosca, 8 Luglio 2017. Nuvoloni, spessi e minacciosi tra Mosca e Tcheboksary, la città sul Volga dove termina la prima tappa del Silk Way Rally 2017. Oltre 700 chilometri d’un fiato con una corta Speciale, appena 61 di “mise en jambes”. Tranquilli, dopo il “riscaldamento”, arriveranno gli impegni più seri, ora si trattava di mettere a terra il lungo lavoro di preparazione di Team, Macchine e Camion, del Rally stesso che giunge alla settima edizione, seconda del Silk Way Rally 2.0. Dopo le cinque corse tra il 2009 e il 2013, infatti, il Rally è andato in letargo per due anni ed è tornato tutto nuovo, dall’immagine agli uomini della Direzione, dagli obiettivi all’organizzazione della Corsa. Soprattutto nuovi il supporto di sponsor come Gazprom, l’appoggio del governo russo e la benedizione di Putin, sebbene il presidente sia in questi giorni impegnato nel testa a testa del primo incontro con l’omologo americano Trump.

Senza mezzi termini sono i presupposti di obiettivi smisuratamente ambiziosi. Intanto il SWR ha praticamente fatto fuori l’avanzante Rally cinese, il pur bello Grand China Rally, e non è un mistero che il Silk Way della nuova generazione intenda infilarsi nel pochissimo spazio dell’olimpo dei Rally-Raid, da quarant’anni interamente occupato dalla Dakar. In seconda battuta, l’alternativa “ragionevole” sarebbe quella di condividere uno spazio allargato su due continenti asiatico e sudamericano. Per questo il Rally è passato sotto una nuova direzione che fa capo a Vladimir Chagin, il leggendario Mister Kamaz di sette vittorie alla Dakar dal 2000 al 2007, e Fred Lequien, niente di meno e niente di più che il “vecchio” braccio destro di Etienne Lavigne, il Direttore della Dakar.

La settima edizione inizia dunque con una “tripletta” Peugeot. Nell’ordine Sébastien Loeb e Daniel Elena, sulla nuova 3008 DKR “Maxi”, Stephane Peterhansel e Jean-Paul Cottret, Cyril Despres e David Castera, questi ultimi due Equipaggi alla guida della 3008 DKR dominatrice della Dakar 2017. Despres parte con il numero 100 del Detentore, avendo vinto l’edizione dello scorso anno aggiungendo così il primo Rally in Auto all’infinito curriculum di Motociclista. Per la cronaca manca il “Quarto” del Dream Team Peugeot, Carlos Sainz. Ma El Matador è tradizionalmente impegnato nella Baja Aragon, e poi ha già vinto due volte al Silk Way, le prime due.

Dopo la festa inaugurale della Piazza Rossa e degli impianti del Loujniki a Mosca, una tappa niente affatto “cruciale”, appena indicativa. Un po’ di fango, qualche pozzanghera e lunghi rettilinei scivolosi, su un tracciato-prova del tutto privo di insidie, sono solo un’introduzione “discorsiva” alle caratteristiche ben più impegnative sul fronte dei terreni e del clima che il Rally incontrerà sul cammino che porta a Xi’An. Solo per scrupolo e per sicurezza Luc Alphand, ambasciatore e “logistico” di immagine chiara del Rally, ha fatto una nuova ricognizione prima di lanciare l’avvio della corsa.

100% terra sul lungo percorso, ma Prova speciale facile e scorrevole solo a tratti sorprendente, sono le condizioni ideali per un Pilota che è stato 9 volte Campione del Mondo WRC e per una Macchina che ha la “birra” necessaria per fare la differenza. Con… qualcosa di più che è oggetto, appunto, del lungo test in gara.

A vincere la prima tappa è dunque la 3008 DKR evoluzione, la cosiddetta “Maxi”. Pilotata da Loeb, è l’ormai consueto step evolutivo della macchina della Dakar appena… vinta in vista della Perù-Bolivia-Argentina che verrà. Poche le modifiche sostanziali, in pratica l’invisibile restringimento della flangia di immissione dell’aria, che per regolamento passa da 39 a 38 millimetri, e un più evidente allargamento della carreggiata e della larghezza totale che passa dai 2.200 ai 2.400 millimetri, dieci centimetri per parte che fanno della 3008 DKR una Macchina più “quadrata”. Stesse caratteristiche di performance del motore, V6 doppio turbo da 340 cavalli “dichiarati” e 800 Nm di coppia, stesso schema di “ciclistica” basata su un telaio in tubi e un “velo” di carrozzeria in composito e, sempre ufficialmente, stesse misure di geometrie delle sospensioni. Rispetto alla 2008 DKR prima maniera sono stati fatti passi da gigante, soprattutto nel passaggio dalla versione “Original” alla 2008 vincitrice della Dakar 2016. Ora i tecnici della squadra guidata da Bruno Famin battono la strada dell’ottimizzazione di una formula dimostratasi largamente… imbattibile. Certamente per questo si è provato in tutti i modi a mettere il bastone tra le ruote della Peugeot (le speciali e gigantesche magnesio da 17 pollici gommate BFGoodrich).

A vincere la prima tappa è dunque la 3008 DKR evoluzione, la cosiddetta “Maxi”. Pilotata da Loeb, è l’ormai consueto step evolutivo della macchina della Dakar appena… vinta in vista della Perù-Bolivia-Argentina che verrà

La concorrenza alle Peugeot, su un fronte generale non stratosferico di 34 Macchine e 21 Camion, è rappresentata dalle formazioni Mini All4Racing, a Yazeed Al-Rahji e Bryce Menzies le nuove John Cooper Works, e Toyota, che schiera Christian Lavieille e Yong Zhou ma non, per esempio, Al-Attiyah, Roma o De Villiers.

Sulla “Two Wheels Drive” di fatto e di nome l’italiano Eugenio Amos insieme al francese Sébastien Delaunay, Pietro Cinotto e Fulvio Zini sono invece su un Razor di Marco Piana, anch’egli in gara-assistenza volante con una Land Cruiser.

Tutto ancora da fare. 14 tappe attraverso Russia, Kazakhstan e Cina, giornata di riposo a Urumqi e arrivo a Xi’an previsto per il 22 luglio. Per ora è pioggia e fango, tra non molto le controverse strade della Via della Seta, poi le dune del Gobi, il caldo atroce, la navigazione “stellare” e l’intrigante senso di solitudine delle sconfinate distese inabitate, o quasi. In questo senso il Silk Way torna alle origini del Rally-Raid ed è ben più emblematica Avventura.

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