Tecnica e storia, l'evoluzione dei pistoni (Terza parte)

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Negli ultimi anni importanti sviluppi hanno interessato il disegno di questi componenti
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
14 febbraio 2019

Di recente nei motori a ciclo Otto la diffusione dell’iniezione diretta e della sovralimentazione e la sempre più sentita esigenza di ridurre gli attriti hanno determinato importanti cambiamenti tanto nella geometria e nel dimensionamento dei pistoni quanto nei materiali utilizzati per realizzarli e nei rivestimenti applicati sulle superfici di lavoro.

Il rapporto altezza/diametro è via via diminuito, con significativi vantaggi in termini di leggerezza e di rendimento meccanico. L’attrito risulta minore perché è minore l’area di contatto con la canna del cilindro (e quindi l’estensione dello strato d’olio che il pistone deve “tagliare” quando si muove). Negli anni Cinquanta l’altezza del pistone nei motori automobilistici di serie mediamente era dell’ordine di 1.0 – 1,2 volte il diametro. Negli anni Settanta è passata a 0,9 – 1,0 e hanno iniziato ad essere impiegati i pistoni con sfiancature di alleggerimento all’esterno delle portate per lo spinotto. Grazie ad esse sono diminuiti sia il peso del pistone che quello dello spinotto, che diventava più corto (e quindi era anche meno soggetto a flessioni). All’inizio degli anni Novanta il rapporto altezza/diametro è sceso a 0,75 – 0,86 e la struttura a mantello intero è pressoché completamente scomparsa: i pistoni stavano diventando quasi tutti ad H, come si diceva allora. L’estensione del mantello oltre che in altezza risultava quindi diminuita anche in fatto di estensione circonferenziale. Attorno alla metà degli anni Novanta nella maggior parte di questi componenti il rapporto risultava ormai dell’ordine di 0,70 - 0,80.

Naturalmente la riduzione della altezza, sempre considerata in rapporto al diametro, ha interessato anche i pistoni dei motori da corsa. In quelli di F1 è passato da circa 0,65 (metà anni Settanta) a circa 0,4, nei primi anni Novanta, per raggiungere valori davvero estremi, addirittura prossimi a 0,3, negli anni Duemila.

Per quanto riguarda il disegno, all’inizio degli anni Novanta ci sono stati alcuni esempi di impiego di pistoni “a X”, con parte inferiore del mantello separata da quella superiore e costituita da due pattini di appoggio direttamente collegati alle portate per lo spinotto. Questa soluzione è stata inizialmente proposta dalla AE Borgo ove i componenti che la adottavano venivano chiamati pistoni “matti”.

Per quanto riguarda i componenti destinati ai motori da competizione, sono state largamente adottate portate per lo spinotto esterne alle pareti di collegamento tra i due pattini ai quali era ormai ridotto il mantello. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta per merito della tedesca Mahle si è avuta una importante innovazione. Sono comparsi e si sono rapidamente affermati i pistoni con disegno “box-n-box”. In questo caso vi erano due nervature triangolari di collegamento alla testa del pistone all’esterno di ogni portata, che in pratica controventavano la struttura. Inoltre tra le pareti laterali, che andavano da ciascuna portata al pattino di appoggio alla canna, vi erano due traversini. Si otteneva così un componente che abbinava al meglio robustezza e peso ridotto. Questo disegno si è imposto e domina da tempo la scena, per quanto riguarda i motori aspirati di altissima potenza specifica.

La riduzione dell’angolo tra le valvole ha consentito di impiegare pistoni con un cielo che nella maggior parte dei casi è pressoché piano, pur in presenza di alti rapporti di compressione. Nei motori di prestazioni più elevate, nei quali le leggi del moto delle valvole sono piuttosto radicali, con forti anticipi di apertura e ritardi di chiusura delle valvole e con alzate molto cospicue, di norma sul cielo dei pistoni sono ben visibili degli incavi, praticati in corrispondenza dei funghi delle valvole. Anche se in vari casi possono sensibilmente “sporcare” la geometria della camera (della quale il cielo del pistone costituisce la parete mobile), essi sono necessari per evitare il rischio che in certe situazioni si possano verificare dei contatti tra i componenti in questione. Ciò può accadere attorno al punto morto superiore di fine corsa di scarico, ovvero nella fase di incrocio, quando le valvole sono parzialmente aperte. Quelle di aspirazione infatti hanno già iniziato a sollevarsi dalle sedi mentre quelle quelle di scarico non hanno ancora terminato di chiudersi.

È chiaro che, con una data forma di camera e con un determinato rapporto di compressione, l’adozione di un albero a camme più spinto rende necessari incavi più profondi (nel critico periodo in questione le valvole sono più sollevate). Negli straordinari motori aspirati da 300 CV/litro e 19000 giri/min delle F1 dei primi anni Duemila, per ottenere un elevato rapporto di compressione in presenza di leggi delle alzate assai spinte, buona parte della camera di combustione era costituita proprio dallo spazio creato dagli incavi in questione.

Da quando sulle auto di serie si è andata affermando l’iniezione diretta in molti motori la forma del cielo dei pistoni ha subito una profonda trasformazione. In certi casi infatti si impiegano sistemi wall directed nei quali il getto di carburante finemente nebulizzato emesso dall’iniettore viene deviato proprio dal cielo del pistone; quest’ultimo viene allora dotato di un incavo leggermente decentrato e notevolmente arrotondato che funge da autentico deflettore. Talvolta questa cavità è meno accentuata e viene collocata più centralmente (sistemi air directed). In entrambi i casi la superficie esposta ai gas aumenta, il che tende a far peggiorare il bilancio termico (ovvero il rendimento), ma la cosa è più che compensata dai vantaggi offerti dall’iniezione diretta.

La situazione è migliore con i sistemi jet directed, che negli ultimi anni hanno acquistato una considerevole diffusione. In questo caso si impiegano pistoni aventi nella parte centrale una depressione discoidale ampia ma poco profonda. Buona parte della camera di combustione è ricavata proprio in quest’ultima. Non si deve dimenticare qui che oggi una larga parte dei motori a benzina per impiego automobilistico è sovralimentata…

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