Tecnica e storia: le teste plurivalvole (Prima parte)

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Anni di sviluppo, alla ricerca della soluzione ottimale
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
21 novembre 2019

Fin dagli inizi del motorismo i tecnici hanno dedicato particolari attenzioni al miglioramento della respirazione dei motori. La cosa è logica perché una maggiore quantità di aria immessa nei cilindri a ogni ciclo consente di bruciare una maggiore massa di carburante. Di conseguenza ciascuna corsa di espansione diventa più “vigorosa” (la combustione sviluppa infatti una superiore quantità di energia termica).

Per diverso tempo in quasi tutti i motori di serie sono state impiegate valvole laterali. Poi le distribuzioni ad aste e bilancieri hanno preso il sopravvento e per decenni hanno dominato la scena. In tempi più vicini a noi esse sono state a loro volta sostituite, in maniera graduale, da quelle a uno o due alberi a camme in testa (quest’ultima è la soluzione oggi più diffusa).

Sulle vetture da competizione la storia è andata però diversamente. Quando, all’inizio degli anni Dieci del secolo scorso gli alberi a camme in testa hanno iniziato ad affermarsi è diventato ancora più importante ottenere elevati rendimenti volumetrici agli alti regimi. I tecnici che si chiedevano seriamente se non fosse il caso di impiegare per ogni cilindro un numero di valvole superiore alle classiche due sono diventati allora più numerosi.

Il primo brevetto di una testa a quattro valvole (radiali) risale al 1906. Alcuni casi di soluzioni decisamente anomale, come la Borderaux del 1909 (sei valvole, comandate da aste e bilancieri), dimostrano l’interesse che all’epoca si aveva nei confronti delle soluzioni che consentivano sezioni di passaggio dei gas più ampie.

All’incirca nel medesimo periodo hanno cominciato ad apparire motori da competizione con teste a quattro valvole. La Fiat è stata una pioniera con la sua S 61 monoalbero del 1910 poi evolutasi nella famosa S 74. In questo caso le quattro valvole di ogni cilindro erano parallele. I motori da corsa Benz e Opel, sviluppati più o meno contemporaneamente, avevano essi pure una distribuzione monoalbero e quattro valvole, ma queste ultime giacevano su due piani sensibilmente inclinati tra loro. Il 1912 ha visto la comparsa del rivoluzionario Peugeot da GP disegnato da Ernest Henry, che abbinava quattro valvole per cilindro a un doppio albero a camme in testa e che è stato una autentica pietra miliare nella storia del motorismo, mostrando a tutti la strada.

I primi anni Venti hanno visto il dominio in campo agonistico dei motori da corsa con testa realizzata con lo stesso schema della Peugeot del 1912: bialbero e con quattro valvole per cilindro. Presto però sono entrati in scena i compressori e si è visto che per ottenere tanti cavalli bastava aumentare la pressione di alimentazione; due valvole diventavano allora sufficienti. Le gare hanno iniziato ad essere vinte da motori sovralimentati con distribuzioni di questo tipo e le teste plurivalvole sono rapidamente uscite di scena. Nella seconda metà degli anni Trenta però la Mercedes-Benz per le sue formidabili monoposto con motori a otto (W 125) e poi a dodici cilindri (W 154, W 163) ha nuovamente adottato le quattro valvole.

Tutte le vetture europee da competizione degli anni Cinquanta avevano due valvole per cilindro, con la sola interessante eccezione della Borgward RS 1500 che ne aveva quattro. In questo quadricilindrico in linea, alimentato con un raffinato sistema di iniezione diretta, le valvole erano inclinate tra loro di 64°. I due alberi a camme erano montati, assieme alle punterie a bicchiere, in due alloggiamenti che venivano fissati superiormente alla testa. La potenza di circa 172 CV a un regime dell’ordine di 7500 giri/min ha consentito a questo motore, installato in una Cooper, di conquistare il titolo di Formula Due nel 1958.

Diversa (e realmente “cristallizzata”) era la situazione negli USA, dove per lungo tempo sulle monoposto di Indianapolis si è avuto il monopolio assoluto dei motori Offenhauser. Si trattava di semplici e robusti quadricilindrici con distribuzione bialbero a quattro valvole (inclinate tra loro di 72°), realizzati però con uno schema base che risaliva all’anteguerra. Basta pensare che la testa era in ghisa (per inciso, era realizzata in unica fusione con il blocco dei cilindri) e che questi motori erano a corsa lunga. Appartenevano a un mondo a parte, al quale i nostri costruttori non guardavano certo.

A fare uscire le quattro valvole per cilindro dal dimenticatoio, rilanciandole alla grande, ha provveduto la Honda con le sue straordinarie moto da GP entrate in scena all’inizio degli anni Sessanta e diventate rapidamente grandi protagoniste del mondiale. La prima a impiegare questa soluzione è stata la RC 160 del 1959, che non è mai arrivata in Europa. La vera epopea delle quattro valvole per cilindro è iniziata nel 1961, quando le Honda RC 143 e RC 162 hanno conquistato i titoli iridati nelle classi 125 e 250. Il motore a quattro cilindri di maggiore cilindrata erogava una quarantina di cavalli a circa 14000 giri/min.

Ben presto anche i tecnici del settore auto hanno cominciato a pensare seriamente, per i loro motori da competizione, a distribuzioni di questo tipo. La casa giapponese è entrata in Formula Uno nel 1964 e già l’anno successivo la Coventry-Climax ha schierato anche una versione a 32 valvole del suo V8 di 1500 cm3. Nel 1966 il regolamento è cambiato, portando la cilindrata dei motori di F1 a 3000 cm3. In quella stagione oltre al V 12 Honda RA 273, ha impiegato teste a quattro valvole il bellissimo Eagle (noto anche come Gurney-Weslake) che ha esordito al GP d’Italia. In quest’ultimo, esso pure a 12 cilindri, l’angolo tra le valvole era fortemente ridotto (30°) rispetto alle realizzazioni precedenti. Una scelta tecnica analoga è stata adottata l’anno seguente dal V8 Cosworth DFV (quattro valvole per cilindro con angolo di 32°). Ormai la strada era indicata. Sempre nel 1967 ha adottato quattro valvole per cilindro anche la Ferrari e nella stagione seguente la soluzione è stata impiegata da tutti. Le auto di serie hanno seguito la stessa strada con notevole ritardo: per loro l’autentico boom delle teste a quattro valvole si è avuto solo a partire dagli anni Ottanta.

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