Tecnica: rapporto di compressione (Terza parte)

Pubblicità
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Se è variabile, migliora il rendimento
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
19 giugno 2018

Per diminuire i consumi dei motori ci sono due strade da seguire: quella di ridurre al minimo le perdite meccaniche (dovute agli attriti e al pompaggio) e, soprattutto, quella di aumentare il rendimento termico. Per quanto riguarda quest’ultimo, si tratta di far diventare i motori stessi più efficienti come trasformatori di energia. Occorre quindi adottare metodi che consentano di utilizzare meglio il calore sviluppato all’interno dei cilindri dalla combustione della miscela aria-carburante.

Le soluzioni che possono essere utilizzate per raggiungere questo obiettivo prevedono rispettivamente un aumento della corsa di espansione e l’adozione di un rapporto di compressione più elevato.

In questo secondo caso c’è il problema della detonazione, il cui insorgere indica il massimo rapporto di compressione che può essere impiegato (fermo restando il carburante utilizzato). Questo valore-limite varia da motore a motore e, assai notevolmente, a seconda delle condizioni di funzionamento. Con un dato rapporto di compressione geometrico, un motore può detonare quando il pedale dell’acceleratore è premuto a fondo ma funziona senza problemi quando esso è premuto solo parzialmente. La cilindrata del motore resta invariata, ma quando lapertura della valvola del gas è limitata, ad ogni fase di aspirazione la massa di carica che entra nei cilindri è minore di quella che entra quando essa è spalancata.

Nei motori sovralimentati ha una straordinaria importanza la pressione di alimentazione. Al suo crescere, per evitare che si verifichi la detonazione occorre ridurre il rapporto di compressione. L’aria che entra nei cilindri infatti è più densa e la temperatura e la pressione alla fine della fase di compressione (e quindi anche quelle che si raggiungono durante la combustione) sono più alte. Una pressione di alimentazione più alta consente di ottenere una maggiore potenza; diminuendo il rapporto di compressione peggiora però il rendimento termico del motore…

Il rapporto di compressione massimo che un motore può adottare dipende da diversi fattori, tra i quali spicca il carico (cioè il grado di apertura della valvola del gas). Una notevole influenza ha anche il regime di rotazione ed è importante segnalare che nei motori molto veloci si possono adottare rapporti di compressione particolarmente elevati perché è minore il tempo disponibile per lo svolgimento delle reazioni che portano alla detonazione. La Honda alcuni anni fa ha pubblicato un paper nel quale mostra che la richiesta ottanica diminuisce notevolmente mano a mano che nei motori da competizione cresce il regime di rotazione.

Per contrastare l’insorgere della detonazione, fermo restando il carburante impiegato, si può diminuire l’anticipo di accensione ma ciò è svantaggioso per quanto riguarda le prestazioni. Si può cercare di accelerare la combustione e/o di ridurre il percorso della fiamma, ma si tratta di strade che nei motori moderni sono già ampiamente sfruttate. Un’altra possibilità è quella di diminuire la quantità dei gas “residui”, ossia di quelli che rimangono nel cilindro al termine della fase di lavaggio (che come noto ha luogo durante l’incrocio).

L’ideale sarebbe poter avere un rapporto di compressione variabile, in modo da adattarlo alle diverse condizioni di funzionamento. In questo modo si potrebbe adottare un valore molto elevato alle piccole e medie aperture della valvola del gas per ridurlo quindi, portandolo a un valore minore, ai carichi elevati (acceleratore premuto a fondo o quasi), onde non incappare nella detonazione. L’idea non è nuova e da tempo i tecnici stanno studiando e sperimentando varie possibilità per poter raggiungere questo obiettivo.

I sistemi che si possono impiegare per poter cambiare il rapporto di compressione durante il funzionamento del motore sono fondamentalmente sei. Si possono impiegare pistoni con una altezza di compressione variabile, ovvero realizzati in due parti, con quella superiore che può essere leggermente avvicinata o allontanata da quella inferiore. Una casa che ha sondato questa strada è la Mercedes-Benz.

Una seconda possibilità è quella di cambiare il volume della camera di combustione agendo a livello della testa (ci ha lavorato ad esempio la Ford).

Una terza strada è quella che prevede un lieve spostamento del gruppo formato dalla testa più la bancata dei cilindri rispetto al basamento (ove si trova l’albero a gomiti). Nel 2000 la SAAB ha realizzato un interessante prototipo nel quale lo spostamento in questione veniva ottenuto facendo ricorso a un fulcro e, sull’altro lato del gruppo testa-cilindri, a una serie di bielle vincolate a un albero ausiliario munito di perni eccentrici. Quest’ultimo poteva cambiare la sua posizione angolare, il che permetteva di fare inclinare di 4° il blocco stesso modificando quindi la posizione nella quale i pistoni si venivano a trovare una volta arrivati al punto morto superiore. Il rapporto di compressione poteva così variare, passando da 14 a 8. La casa svedese ha realizzato un motore a cinque cilindri di questo tipo, sovralimentato da un compressore volumetrico Lysholm, che ha fornito risultati molto interessanti ma che non è uscito dallo stadio di prototipo.

Una ulteriore possibilità è quella di spostare i supporti di banco; questa strada è stata ad esempio imboccata dalla Caterpillar. Un altro schema prevede di utilizzare bielle con lunghezza variabile. Sia la Porsche che la FEV (che tra breve dovrebbe essere in grado di fornire componenti di questo tipo alle case automobilistiche) di recente si sono impegnate in questa direzione. La variazione della distanza tra gli assi dei due occhi della biella viene ottenuta utilizzando a una bussola eccentrica inserita nel piede. A causarne la rotazione, modificando il suo posizionamento angolare, provvedono due pistoncini alloggiati nel fusto della biella e mossi dalla pressione dell’olio. Alle due posizioni limite della bussola corrispondono due diversi interassi testa-piede e quindi due rapporti di compressione differenti.

Il primo motore di serie con rapporto di compressione variabile è stato realizzato dalla Nissan ed è stato inizialmente impiegato sulla Infiniti VC-Turbo da poco entrata in produzione. In questo caso la strada seguita dai tecnici è completamente diversa. Ne parleremo prossimamente.

Pubblicità