F1. Perché dopo l’incidente di Bianchi il Circus è ancora troppo spesso tormentato dai suoi fantasmi e dalle sue colpe?

F1. Perché dopo l’incidente di Bianchi il Circus è ancora troppo spesso tormentato dai suoi fantasmi e dalle sue colpe?
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Da quel 17 luglio 2015 la F1 è corsa ai ripari introducendo varie migliorie per la sicurezza. Ma alcune di queste ancora oggi sembrano più un tentativo di ripulirsi la coscienza
18 luglio 2025

Ogni qual volta un pilota perde la vita durante una competizione, è un evento assolutamente peculiare che emotivamente coinvolge tutti, dagli appassionati ai semplici avventori, fino a chi legge o ascolta la notizia per caso. A maggior ragione quando questo accade in Formula 1, l’apice del motorismo sportivo, la risonanza mediatica dell’evento ha un impatto di portata larghissima. È stato così dopo il 1° maggio del 1994, è stato così per tutti quelli che sono venuti prima, è allo stesso modo per chi è venuto dopo. Ma se è vero che sono stati tutti eventi drammatici e che hanno purtroppo scandito le memorie di questo sport, tutti sono stati a loro modo utili alla causa. Ma non si parla solo di sport, quando si verifica una perdita di vite umane la conseguenza diretta è quella di trovare un modo per far sì che non accada più, o perlomeno di limitare al massimo la possibilità che questo si verifichi di nuovo. Di fatto, da roulette con la sorte che erano, le corse automobilistiche sono diventate grazie al progresso tecnologico degli esempi da seguire in fatto di sicurezza, perdendo forse anche una parte di quel fascino intrinseco che sin dai loro albori si portavano dietro. Il rischio però è inevitabilmente sempre presente, per quanto lo sforzo per eliminarlo del tutto sia assolutamente ammirevole, considerare tutte le eventualità è pressoché impossibile. Senna si sarebbe probabilmente salvato se il braccio della sospensione fosse passato un paio di centimetri più in là, una fatalità impossibile da prevedere ma che ha portato ad enormi riflessioni su macchine e circuiti. Da allora, 20 anni in cui la Formula 1 si è cullata nelle sue ritrovate certezze, incidenti anche parecchio gravi risolti sempre con poche o nessuna conseguenza. 20 anni, fino al 5 ottobre 2014, quando una serie assurda di errori e coincidenze ha sgretolato in una sola volta tutte queste certezze portando nuovamente la Formula 1 a ridiscutere le carte in tavola.

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Ma perché l’incidente di Jules Bianchi è stato così determinante per il futuro del Circus? Innanzitutto come detto è successo in un periodo storico in cui morire di Formula 1 era diventato un'eventualità quasi dimenticata, ma soprattutto è stato un concatenarsi di eventi che presi singolarmente non avrebbero dato alcuna conseguenza, ma che tutti insieme hanno avuto il peggiore degli epiloghi. Se è infatti vero che la maggior parte degli incidenti precedenti a quello di Bianchi sarebbero stati probabilmente evitati con monoposto più sicure o meno veloci, quello del francese è stato più provocato da cause esterne che da una vera mancanza della macchina. Tant’è vero che ad esclusione dell’introduzione dell’halo, forse unica grande eredità dell’incidente di Jules, tutti gli accorgimenti per la sicurezza successivi a questo evento sono stati di natura passiva. A cominciare dall’introduzione della VSC, una F1 spaventata da una realtà che non credeva di dover affrontare più, ha ridimensionato tanti suoi aspetti in maniera radicale. Ne sono un esempio le gare in condizioni di bagnato, prima attese come occasioni di grande spettacolo sportivo, ora invece evitate in maniera quasi sistematica rendendo di fatto superflua anche solo la produzione delle gomme full-wet, ridotte a mero elemento di arredo nei box dei team. Non solo, le continue neutralizzazioni operate per sgombrare le vie di fuga da macchine che per anni non sono mai state considerate un pericolo concreto, improvvisamente hanno reso i Gran Premi molto più macchinosi e molto più soggetti ad interruzioni prolungate, anche in situazioni che forse non lo avrebbero richiesto.

Con questo ovviamente non si vuole dire che i cambiamenti in questo senso siano sbagliati, anzi ogni progresso in tema di sicurezza è sempre una cosa giusta, ma la verità è che la F1, per cercare di eliminare il rischio, ha imboccato una strada che suona più come un tentativo di giustificare i propri sbagli e di espiare le sue terribili colpe per gli eventi di Suzuka. Quella che in condizioni normali sarebbe rimasta una banale uscita di strada si è trasformata in un tragico epilogo in un ammassarsi di gravi errori e coincidenze che più che con nuove norme di sicurezza, si sarebbero potuti evitare con il solo buon senso.

Ed è anche per questo che Jules ha un posto speciale nel cuore di tutti. La sua unica colpa è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e la Formula 1, nelle sue responsabilità, continuerà a portare il peso della sua scomparsa, e questo nessuna misura di sicurezza potrà mai correggerlo.

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