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Enzo Ferrari, in una delle sue iconiche citazioni, era solito dire che il secondo classificato altro non è che il primo degli ultimi. Esagerato in certi termini, ma altrettanto corretto in altri. Alla fine, il vincitore è quello che si prende gli onori della gloria, il trofeo più bello e il posto negli albi d’oro, ma è anche vero che spesso un risultato meno prestigioso o di rincalzo può entrare nella storia se ottenuto sotto certe condizioni. Chiedere ad un certo Nicolas Hülkenberg, che per un terzo posto, prima di domenica 6 luglio, avrebbe fatto carte false.
Un podio di Hülkenberg prima di GTA VI. D’altronde 37, quasi 38 anni, e 239 Gran Premi senza mai essere riuscito a stappare lo champagne lo hanno reso un vero e proprio meme ricorrente, sinonimo di qualcosa che probabilmente non vedremo accadere mai, ma al contempo gli hanno permesso di conquistare l’affetto del pubblico che lo ha acclamato tra i suoi beniamini spingendone la rincorsa, e che domenica ne ha celebrato l’arrivo al terzo posto come se fosse una vittoria. Perché vedere un uomo di 37 anni padre di famiglia e professionista consumato quasi spaesato nel momento della premiazione e assolutamente estraneo ai riti del retro-podio di fronte a colleghi più giovani ha fatto una grande tenerezza, così come l’immagine della figlia che per la prima volta dalla TV vede il papà su un podio del Circus. Ma ci ha anche ricordato ancora di come la Formula 1 sia fatta prima di tutto di uomini, che siano gli strateghi del box Sauber, o Max Verstappen che dopo una gara da dimenticare è stato il primo a congratularsi con Nico per il risultato, o dello stesso Hulk, capace di condurre una gara perfetta in una giornata in cui tanti colleghi sono incappati in errori e ritiri. In un terzo posto d’altronde si può nascondere più di quello che si veda all’apparenza e in questo caso una medaglia di bronzo può anche valere più di una medaglia d’oro. Perché un terzo posto racchiude in sé tutta l’essenza di Nico pilota: mai superstar, mai campione macina-record ma alfiere leale sempre composto e sempre al servizio del team, una carriera mai sotto i riflettori ma sempre all’insegna del lavoro sodo e del massimo impegno, quasi sempre su macchine da metà griglia e da piazzamenti a punti. Perché a volte bastano anche un terzo posto e un piccolo trofeo di LEGO per essere felici.
Così come la sua prima e unica pole position, sprazzo di un talento mai messo in discussione ma forse troppo sottovalutato, anche il suo primo podio è arrivato in condizioni anomale, dove intelligenza e solidità hanno fatto la differenza più della velocità pura, portandolo a compiere un’impresa fuori da ogni pronostico in una stagione che per la Sauber suona già quasi di rinascita, in attesa della nuova linfa di Audi.
In Formula 1 si sa i treni passano una volta o possono non passare proprio e per Nico come per tanti altri il treno dei grandi non è mai, o forse non ancora, arrivato. E anche se non ha mai indossato le vesti del top driver, in quelle del gregario ha sempre dimostrato una solidità fuori dal comune, lontano dalle glorie dei grandi campioni a suo modo è comunque stato un grande protagonista della F1 degli ultimi 15 anni.
Una vita da mediano, anni di fatiche e botte, vinci casomai i Mondiali.
O conquisti un podio, casomai.