Usare WhatsApp e gli abbaglianti per segnalare un posto di blocco: occhio alle sanzioni

Usare WhatsApp e gli abbaglianti per segnalare un posto di blocco: occhio alle sanzioni
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Sebbene alcuni tribunali non abbiano dichiarato reato la condivisione di informazioni, per esempio via WhatsApp, non è lecito secondo il CdS fare gli abbaglianti quando non serve e usare strumenti che limitino il pubblico servizio
3 gennaio 2022

Qualcuno la domanda se la pone, giustamente: in strada, segnalare un posto di blocco delle forze dell’ordine è legale? Indipendentemente che sia fatto all’antica, con un “colpo di abbaglianti” o tramite sistemi digitali (vedi WhatsApp). Più di una sentenza recente sembra dire che sì, è possibile segnalare ad altri la presenza di un controllo senza commettere reati.

La logica però, insieme alla lettura di alcune norme, farebbe pensare che avvisando del posto di blocco si leda un pubblico servizio, talvolta necessario alla comunità (non solo per dare multe agli automobilisti). Occorre quindi valutare caso per caso, prima di dire che è normale condividere informazioni sui posti di controllo dove operano le pattuglie.

Tutte le recenti sentenze che non hanno sanzionato chi diceva ad altri dove si trovava una pattuglia appostata, riguardavano il metodo dei gruppi WhatsApp. Dove i contatti sono stati verificati come limitati e nemmeno tutti transitanti in zona. Quindi dove la segnalazione, di fatto, non ha turbato o fermato l’attività di controllo.

Nonostante l’apparente innocenza del fatto e queste (poche, per ora) sentenze, in realtà segnalando un posto di blocco si violano comunque delle norme del CdS. Con sanzioni varie, se si inquadra ad esempio l’uso abbaglianti come esterno a quello consentito. Arrivando fino a tremila euro di multa la confisca dello strumento con cui si segnala (es. il telefonino).

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