CIR 2018. Due Valli. Andreucci. Andreussi. “Casa” Peugeot. Festa

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Piero Batini
  • di Piero Batini
Paolo Andreucci, Anna Andreussi Campioni. Chiaro che quando arriva all’ultimo minuto, il Titolo è più sentito. Ma quante storie dietro alle ansie dell’ultima, quanta tensione sotto le tende di Peugeot Sport Italia e nell’abitacolo della 208 T16 R5! Poi, Festa
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
17 ottobre 2018

Verona, 15 Ottobre. Quell’ultima Prova Speciale sembrava scritta nel miele. Prima così viscosa, lenta da sembrare che avrebbe trattenuto lì la Macchina per il resto del tempo, poi dolcissima, liberatoria.

Non saprei dire se c’è un massimo e un minimo alla gioia derivante da un successo sportivo, ma se così è, la felicità dell’ultimo traguardo di Verona, sotto il quale è passata in un attimo l’intero Rally e l’intera, difficilissima stagione, può essere presa come riferimento dell’insuperabile.

Troppe storie, dal mattino e dall’inizio dell’anno. Dato per spacciato dopo gli zeri di San Marino, Roma e Adriatico, e per… vecchio all’inizio dell’anno quando aveva annunciato che non avrebbe smesso di correre per nessuna ragione al mondo. Vita difficile per il numero 1 Paolo Andreucci, inseguito dagli avversari e dagli anni, eppure così refrattario ad arrendersi agli uni e agli altri.

Rimettere tutto al centro del tavolo quando hai sbancato la Storia è come scommettere sull’eternità, cercavano di far capire all’Andreucci del decimo Titolo provando a metterlo su un bivio, è un atto di presunzione e una sfida, in fondo, che non vale più granché. Quello che non capivano loro è che non erano né la matematica dei primati né il fuoco dell’ambizione a spingerlo sull’autostrada della continuità. Paolo Andreucci era, ed è, spinto dalla potenza della passione, dallo stesso, travolgente e indomabile calcio di cavalli vapore di quel giorno di un quarto di secolo fa quando è salito per la prima volta su una Macchina da Corsa e, chiudendo lo sportello, ne ha fatto la sua Macchina del Tempo.

Verona ci ha steso sopra uno strato di incertezza fuori misura. Facile per i Campioncini come Damiano De Tomaso, già Campione Junior e poi Campione 2 Ruote con una 208 della Peugeot Sport Italia “School”, o come Giorgio Cogni, per quanto avvicinato da Stefano Martinelli comunque imbattibile con una Swift Suzuki. O per uno come Andrea Crugnola, che aveva la grande speranza appesa a un filo e comunque era già riconosciuto e certificato Campione Asfalto, così come lo era Nicolò Marchioro già Italiano Terra.

Non facile, niente affatto, per Paolo Andreucci e per Anna Andreussi, un Campionato già vinto due volte, a Roma e all’Adriatico, e tutte e due le volte buttato via, una stagione per tre quarti in fuga solitaria e un finale, improvvisamente, da inseguitori. Non facile per la Squadra di Peugeot Sport Italia, per i tecnici di FPF Racing, i famosi Lions, per tutti quelli che, pur bravi e collaudati, si ritrovano a dover tenere insieme la baracca e a far rispettare il patto tra l’Anima e la Meccanica quasi come se fosse la prima volta.

Paolo Andreucci al Rally Due Valli
Paolo Andreucci al Rally Due Valli

Il rosario delle speciali non aiuta. Fuori uno, il candidato più difficile e incostante, rallentato l’altro, improvviso leader di fine stagione e finalista in casa. Velocissimo ma ininfluente, inutile, quello là in cima show ma non di cartello, e caparbiamente, ma con poche speranze, quell’altro ancora, bravo, ma più avanti, c’è tempo. Insomma, in verità non c’è più nessuno, l’ultima del CIR dell’anno è una gara solitaria della Peugeot 208 T16 Campione in carica, con i Campioni Italiani in carica a bordo. Tutto nelle mani di quell’ultracinquantenne inafferrabile e negli ingranaggi di quella Macchina sempre da sempre da battere.

Quello che è successo a San Marino, a Roma o a Cingoli negli ultimi attimi può sempre, ancora succedere. Non c’è regola statistica forte abbastanza da impedirlo. Di fatto c’è un giorno intero per scambiare inavvertitamente una certezza con una dolorosa disfatta. Questa è l’equazione irrisolvibile della tensione. Andrà in un modo o nell’altro. Cerchiamo dunque di farla andare nel modo migliore.

Giù Speciali, una dopo l’altra, e quella cosa strana, di cui abbiamo già riferito. Da fermo Andreucci è molto critico, sembra fustigarsi sacrificalmente per allontanare la scarogna o per tenere una parte da inconsolabile insoddisfatto. In movimento Pilota e Macchina mettono le ali in silenzio. È il rombo lontano che racconta della perfetta sintonia con gli elementi e con gli obiettivi, che tutto va bene, benissimo.

Passa così tutto un giorno di alti e bassi. I bassi a lato della vicenda centrale, gli alti al centro della scena. Tutto va bene.

L’ultima Prova Speciale. Ultima ansia, ultima frecciata sugli asfalti veronesi. Che ci vuole? Niente. E invece è come da capo un’altra volta. Del resto non è cambiato niente rispetto al mattino. Tutto quello che poteva succedere in un giorno, e che è successo in una stagione, può capitar di nuovo in quei dodici punto cinquantotto chilometri dell’ultima, anzi anche nell’ultimo metro dell’ultima Tregnago. Gola secca e palmi sudati. Sono i segni dell’ansia, della tensione incontrollabile. Idiotissima perché è tutta dentro chi sta… fuori, esterna alla Macchina, non influisce sui fatti. Neanche li condiziona. Dentro l’abitacolo della 208 T26, infatti, regna il grande controllo, e poi se i palmi sono sudati ci sono i guanti per stringere infallibilmente il volante.

No, stai a vedere un cavolo, andiamo pianino, portiamo a casa questa Macchina, questo Rally, questa stagione. E arriva l’ultimo metro

Quei sassi in mezzo alla curva, in traiettoria, porca put… stai a vedere... No, stai a vedere un cavolo, andiamo pianino, portiamo a casa questa Macchina, questo Rally, questa stagione. E arriva l’ultimo metro.

Era tutto silenzio. Ora è festa al parco di assistenza, festa in Piazza Bra dove magari si aspettavano altro e sono un po’… tesi. Festa dopo inzuppati e puzzolenti di champagne. Festa con i tifosi, i fans, lo “staff” che viene da lontano. Dall’inizio della Storia che sembra non poter aver fine.

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