CIR 2018. Due Valli. Uomini e Topi

CIR 2018. Due Valli. Uomini e Topi
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Questa volta ci hanno deluso. Né furbi né intelligenti. Il Due Valli diventa un campo minato. Spuntano testimonianze e immagini di trappole e attentati. Tutti zitti, vigila solo il sottobosco del social sullo sfondo di uno scenario inquietante
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
16 ottobre 2018

Verona, 14 Ottobre. Dell’Ottimo abbiamo già iniziato a dire. Prima di parlare dei buoni vorrei dire dei cattivi. Dei pessimi. Sabato mattina. Campedelli è mancato da 24 ore. “Si dovrà far chiarezza” sulle cause per cui il super motore M-Sport non ha permesso alla Fiesta di finire la prima Speciale del due Valli. È duello tra Scandola e Andreucci.

Ronca. Scandola trova una pietra in traiettoria e fora. Almeno una quindicina di secondi. Più avanti. “Questa volta nessuna pietra, non abbiamo forato.” Nessun dramma, anzi diventa la “Pietra dello Scandola”.

Solo l’inizio. Ultima Santa Trinità, ironia del nome. Paolo Andreucci trova “sassi grossi così dietro a una curva cieca. Per fortuna andavo piano…”

Il rally scorre nervoso tra tensioni e colpi di scena. Chiacchiere. Confidenze. Allarme. Sdegno. Scandalo misto gossip. I colpi di scena finiscono per essere catalogati: “a buon fine”, “mancati”. Sono trappole. Altre pietre, ghiaia, “breccino”, chiodi, tavolette chiodate. Spuntano come funghi e spariscono come scarafaggi. Non una finisce alla berlina al parco assistenza o in sala giuria. Sono sulla bocca di tutti ma non sembrano arrivare alle orecchie che dovrebbero drizzarsi d’ufficio. Una barriera invisibile. Se provi a sussurrarlo ti prendi del maleducato o dell’interessato, in ogni caso un vaffanculo. Inutile gridare, orecchie intasate di cerume, filtro selettivo.

Sono trappole ben realizzate. Sassi inverosimili, “piastroni” sull’asfalto pulito dopo una curva cieca. Chiodi, “tavolette” chiodate sui tagli. Pietre dissimulate tra terriccio, altre pietruscole ed erbetta ingannevoli. Ghiaino in piccole sequenze di macchie artistiche, come sparse da un abile maestro di pala sull’esterno di curve già di per sé insidiose. Che diventano pericolose.

C’è una matrice esperta. Trappole piazzate sui tratti veloci, dove vengono buoni i “tagli” e le traiettorie sono obbligate dalla velocità. Più la gara è “tirata” e più le trappole diventano infallibili. Tanto maggiore l’infallibilità e tanto più grande il rischio di un finale cruento. È il dato di fatto su cui si modella un’ispirazione assassina primitiva, di quel tipo molto ricercato in età medioevale.

Trappole come quelle che gli umani mettono per i topi. Solo che queste sono trappole per gli umani messe lì dai topi. Speciali razze di topi antropomorfi che prosperano nelle fogne dell’omertà. Disumani.

È il particolare scenario su cui talvolta giace, pace all’anima sua, il Rally. E dio dorme (o fa finta di dormire).

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