Hunt-Sheene: genio e sregolatezza

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  • di Claudio Pavanello
L’accoppiata Hunt-Sheene rappresenta l’apoteosi di un modo di concepire lo sport motoristico che probabilmente non vedremo mai più
  • di Claudio Pavanello
13 settembre 2012

Nell’Ottobre 1976 Barry Sheene, fresco campione del mondo 500cc, raggiunse l’amico James Hunt in Giappone.
Il pilota della McLaren si stava acclimatando per la ultima gara del mondiale, quella che  gli assegnerà il titolo dopo il rifiuto di Lauda di correre sotto il diluvio.

 

Le cronache riportano che durante i quindici giorni di permanenza all’Hilton Hotel, le stanze dei due inglesi furono visitate da 33 hostess della British Airways, e da un numero imprecisato di giovani ragazze giapponesi. 

 

Magari non è del tutto vero, ma sicuramente è verosimile, essendoci anche testimonianze molto credibili, ad esempio quella di un giovane Patrick Head, su come la preparazione di Hunt al grande evento, accompagnato dal suo amico motociclista, fosse quantomeno poco convenzionale. 

Apoteosi di un modo di concepire lo sport

L’accoppiata Hunt-Sheene, personaggi che se fossero nati qualche secolo prima avrebbero avuto tutte le caratteristiche per entrare nel novero dei leggendari corsari inglesi alla Francis Drake, rappresenta nella storia delle competizioni qualcosa di spettacolare, l’apoteosi di un modo di concepire lo sport motoristico che probabilmente non vedremo mai più.


Tra i due piloti c’erano tre anni di differenza (Hunt, più anziano, era del ’47) ed una lunga serie di similitudini, che partono dal loro grande fascino, passano attraverso una lunga serie di anticonformismi e vizi, per terminare nella purtroppo prematura scomparsa, beffardamente dovuta a banali cause naturali dopo essere sopravvissuti  a botti spaventosi.


Hunt in Italia non gode di grande popolarità, essendo il pilota che ha impedito a Lauda l’impresa leggendaria di vincere il mondiale pochi mesi dopo avere ricevuto l’estrema unzione. Un po’ l’omaggio che gli ha dedicato Raikkonen a Montecarlo, replicandone il casco, ma soprattutto il film di prossima uscita firmato da Ron Howard sulla stagione 1976 (in cui l’inglese avrà l’azzeccato volto di Chris Hemsworth, già protagonista di Thor) dovrebbero ravvivarne la popolarità.

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Una bellissima immagine ritrae Hunt e Sheene insieme, in un momento di relax

James Hunt

Dell’Hunt pilota si possono individuare tre fasi: gli inizi, caratterizzati da incidenti spettacolari che gli valsero l’appellativo di “hunt the shunt”, sostenuti finanziariamente dall’eccentrico Lord Hesketh. Gli anni ’76-’77 in McLaren, dove si dimostrò magari non un fuoriclasse, ma un eccellente  pilota ed un degno campione del mondo.

Gli anni ’78-’79 di un declino molto peggiore della inconsistenza delle monoposto che si trovò a pilotare, culminati con il ritiro istantaneo al GP di Montecarlo, rinunciando di punto in bianco al contratto milionario della Wolf. Questa ultima fase si aprì probabilmente a seguito della scomparsa di Peterson a Monza: Hunt, che si prodigò nelle operazioni di spegnimento della Lotus in fiamme, perse uno dei suoi migliori amici nel circus, e con esso probabilmente la voglia di divertirsi guidando.

Barry Sheene

Per Sheene fu diverso, non smise mai di divertirsi in moto, ritirandosi solo nel 1984, due anni dopo un incidente pazzesco a Silverstone, dove si fratturò le gambe che dovettero essergli ricostruite con 27 pezzi di metallo tra viti e placche. Già nel 1975 si era rotto tutto quello che era possibile rompersi in un terribile incidente  a Daytona. “Sex is champion’s brekfast”: questo adesivo campeggiò a lungo sulla tuta di Hunt, e rappresentava una filosofia di vita. Sulla sua biografia vengono calcolate in circa 5.000 le donne con cui ebbe una relazione, due delle quali divennero brevemente e malvolentieri mogli.

Sex is champion’s brekfast: questo adesivo campeggiò a lungo sulla tuta di Hunt, e rappresentava una filosofia di vita. Sulla sua biografia vengono calcolate in circa 5.000 le donne con cui ebbe una relazione, due delle quali divennero brevemente e malvolentieri moglio


Sheene condivideva la stessa passione per le donne, e sicuramente ha avuto un numero di relazioni che un essere umano maschio medio neppure si immagina; contrariamente al collega, per il quale, secondo un amico giornalista: «L’aspetto emozionale del rapporto con una donna era assolutamente sconosciuto», aveva però un forte legame con la bellissima, intelligente e tollerante moglie Stephanie, ex playmate, da cui alla fine tornava sempre.

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Sheene con la moglie Stephanie

Una vita segnata dai vizi

Altri vizi che i due ampiamente condividevano, ovvero fumo ed alcool (infiniti i filmati dell’epoca che li ritraggono al termine di una gara a farsi passare sigarette e alcolici), erano più estremi in Hunt, solito ubriacarsi con molto maggiore frequenza e spintosi fino a sperimentare droghe molto pesanti (testimone di eccezione Max Mosley che si vide offrire una striscia di cocaina).

 

Prima di una gara era per lui quasi un rito vomitare per sentirsi meglio; non aveva problemi neppure ad urinare contro il guard rail  sulla linea di partenza di fronte alle tribune affollate.


In un video del 1977 c’è tutto James Hunt: si schianta contro un muretto, esce zoppicante dalla sua McLaren e sferra un gran destro ad un commissario che lo vuole portare al sicuro; poi si riprende e si scusa con il malcapitato. Una cosa che Sheene, dal carattere molto meno lunatico, non avrebbe mai fatto, così come presentarsi a ritirare il premio di campione del mondo in smoking e scarpe da ginnastica o portare il cane a mangiare nel migliore ristorante di Londra.

 

Entrambi si impegnarono per portare maggiore sicurezza nelle corse

La stampa inglese comunque amava in uguale misura questi due campioni così belli, spiritosi e sempre ricchi di battute. Entrambi adoravano le Rolls Royce (specie Barry) ed entrambi erano imprevedibilmente impegnati nel cercare comunque una maggiore sicurezza nelle corse: Sheene si attirò antipatie criticando il Tourist Trophy e contribuendo a farlo escludere dal mondiale. Hunt andrò oltre e fu talmente onesto, nella gara che avrebbe potuto assegnargli il titolo, nel votare per annullarla data l’estrema pericolosità del Fuji sotto la pioggia.

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Hunt  non era per nulla egoista, tanto che fu lui a procurare a Gilles Villeneuve il debutto con la McLaren nell’ultima gara del ’77

 

Un'altra cosa da dire riguardo Hunt è che non era per nulla egoista, tanto, cosa passata inosservata nel trentennale della morte di Villeneuve,che fu lui a procurare al canadese il debutto con la McLaren nell’ultima gara del ’77. Gilles lo aveva battuto ed impressionato in una gara in Canada, e lui ritenne di dover intercedere in McLaren per dargli una opportunità nel GP di Gran Bretagna ’77, dove si mise in luce con il migliore giro nel warm up. Senza Hunt forse non ci sarebbe stato Villeneuve. Del resto James godeva della stima dei suoi colleghi, a cominciare dal suo rivale per antonomasia, Niki Lauda, con cui aveva condiviso anche un appartamento nel periodo della F.3; l’austriaco ebbe sempre parole di stima verso Hunt, definendolo  «Un eccezionale pilota, ed il più carismatico pilota mai apparso in Formula 1.»

Barry era il più avveduto e affidabile dei due

Nel suo ugualmente sincero anticonformismo, Barry era in generale più avveduto ed affidabile, non a caso fu lui a gestire in maniera più oculata il proprio patrimonio dopo il ritiro. E non a caso, nonostante le moto fossero di gran lunga meno popolari della F.1, ottenne quel titolo di Baronetto che la Regina non si azzardò a concedere ad Hunt.

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Sheene non smise mai di divertirsi in moto, ritirandosi solo nel 1984, due anni dopo un incidente pazzesco a  Silverstone, dove si fratturò le gambe

 

Tutti e due finirono a fare i commentatori, ed anche in questo caso James si dimostrò nei quindici anni in BBC a fianco di Gordon Murray più caustico e meno diplomatico.

 

Proprio il celebre giornalista inglese, richiesto di un paragone tra i due campioni disse: «A Barry non puoi che volere bene da subito; per James devi metterci un po’ di tempo per capire che è un uomo strano ma veramente buono e generoso.»

 

«Certo che ho paura di morire –sostennero più o meno entrambi in delle interviste – perché qui mi diverto moltissimo!» : purtroppo invece Hunt ci ha lasciato nel 1993 per un infarto su cui nessuno ha voluto poi indagare più di tanto, mentre Barry nel 2003 dopo una lunga lotta contro il cancro, la stessa malattia che si era appena portato via il suo amico George Harrison.

Senza Hunt forse non ci sarebbe stato Villeneuve. Del resto James godeva della stima dei suoi colleghi, a cominciare dal suo rivale per antonomasia, Niki Lauda

 

«When playboy ruled the world» è un bellissimo documentario della BBC che trovate nel testo e che consigliamo di guardare a chi vuole affiancare a questo articolo delle assai più significative immagini e riscoprire al meglio un periodo in cui per dirla alla Stirling Moss «i piloti dopo una gara correvano a cercarsi delle ragazze, non come oggi che vanno subito in TV a ringraziare la Vodafone!» 

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