Dakar 2016. “Nani” Roma: «20 Dakar alle spalle, ma il piacere è sempre unico»

Dakar 2016. “Nani” Roma: «20 Dakar alle spalle, ma il piacere è sempre unico»
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Joan Roma, detto “Nani”, è la bandiera del Team X-raid, anzi AXION x-raid Team da quando è arrivato il nuovo sponsor, un mese fa. Vittorioso in Moto (2004) e in Auto (2014) il catalano festeggia il traguardo personale di venti anni e 21 edizioni di Dakar
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
22 dicembre 2015

«Hey, ma qui è tutto nuovo!»

Certo Nani, benvenuto nella nuova pagina web di Automoto.it. Rifacimento totale, nuova veste, buone funzionalità. Come per Moto.it un anno fa. Ti piace?

«Meraviglia! C’è un sacco di luce, aria, spazio. È tutto nuovo?»

Yes, e se ci dai una mano vorremmo riempirlo anche di Dakar.

«Sei fortunato, hai la persona “giusta”. Guarda, proprio in questa edizione festeggio i vent’anni di “fedeltà” alla Dakar. Personalmente, anagraficamente, sono vent’anni di più, ma come sai bene, ti assicuro che sono stati spesi bene. È una grande Corsa, per una grandissima passione. E farò di tutto per disputare una grande edizione!»

In effetti tu sei una bella “fetta” della Storia della Dakar. Hai vinto in Moto più di dieci anni fa, e in auto due edizioni fa. L’hai vista cambiare, la Dakar. Non solo l’area geografica, ma anche la modalità, in parte anche lo spirito. Cos’era la Dakar quando eri ancora… bambino, e cos’è oggi?

«Certo, la Dakar è cambiata molto, inevitabilmente. In Africa era molto diversa, un’avventura di altra natura. In Africa non trovavi mai nessuno sulle piste, eri da solo, correvi da solo in compagnia di te stesso e incontro alla tua avventura. In Sud America accade giusto il contrario. La corsa è molto più veloce, più World Rally Car per le Auto, più Motocross per le Moto, e molta gente. Tanta gente lungo la pista. Non sei mai solo. La corsa adesso è anche più “confortevole”. Tu ti senti più comodo, il bivacco è migliore, e così tante persone lungo le speciali ti danno la sensazione di avere sempre una mano a disposizione. Ecco, la Dakar è cambiata molto sotto questo aspetto».

Dakar all’acqua di rose, allora?

«No. Assolutamente no. La Dakar continua ad essere una Corsa molto dura, la più dura. È una gara molto intensa, e ci sono anche aspetti nuovi e più duri rispetto all’Africa. In Sud America, per esempio, fa sempre molto caldo, e in Africa non era sempre così, oppure molto freddo e in altitudine, una condizione che in Africa non si era mai trovata. Sono condizioni generali già di per sé molto dure, difficili, che mettono alla prova il fisico, la resistenza e, anche… la testa. Continua, questo sì, ad essere una corsa appassionante. Ti dico, ogni volta che parto continuo a sentire delle cose qui nello stomaco, continuo a sentire cose che creano passione. Credo che sia sempre magnifico poter correre la Dakar».

Eppure hai un bel curriculum…

«Eh sì, la prima Dakar l’ho corsa nel 1996. Più di venti anni, ventuno edizioni con la prossima che sta per partire. Ma è ancora un autentico piacere essere qui, ho la stessa voglia che avevo il primo giorno. La Dakar è passione, e non riesco a immaginare come si possa partire senza la motivazione. Credo che quando la sentirò svanire, allora smetterò».

Più di venti anni, ventuno edizioni con la prossima che sta per partire. Ma è ancora un autentico piacere essere qui,

Meno dune, una gamma quindi ridotta di difficoltà, e una 4 ruote motrici, la Mini All4Racing, riconosciuta ormai da tutti, avversari in primis, come auto molto affidabile, la Macchina da battere. Quale è dunque la situazione tecnica di questa Dakar alle porte?

«Come giustamente rilevi tu, ci sarà molta meno sabbia. Ma certamente anche una seconda settimana molto più dura della prima. Questo è un aspetto importante da considerare attentamente. Anche con meno sabbia, se ti capitano due o tre tappe molto dure, anche con meno sabbia sotto le ruote la situazione può diventare molto critica. Dovremo poi stare attenti anche nella prima parte della corsa, con la tappa marathon, una vera marathon con tanto di Parco Chiuso, e le tappe in altura in Bolivia. Quello che può succedere lassù nessuno lo sa veramente, nessuno ha abbastanza esperienza per dirlo e soprattutto per prevenirlo. E poi, come sempre, bisognerà vedere come funziona la logistica. La nostra è una “macchina”, non solo la Mini All4 Racing ma tutto il Team, molto ben collaudata, in effetti. Ma come sai gli imprevisti sono all’ordine del giorno, alla Dakar, e in ogni caso un’organizzazione totale molto efficiente e “rodata” è alla base del successo alla Dakar. Tutti devono essere in gran forma, la Macchina, l’Equipaggio, i Meccanici!»

Molti Piloti che vengono dal WRC. Che ne pensi? E che pensi degli avversari in genere?

«Penso che sia un bene, su tutta la linea. Intanto cresce il numero dei Campioni che partecipano alla Dakar. Poi cresce il livello tecnico della concorrenza. Poi arriva uno come Sebastien Loeb che è un fuoriclasse, un fenomeno e una star conosciuta e riconosciuta anche dai bambini. Un bene per la disciplina l’eco mediatica che ne deriva, un bene per la corsa che il livello cresca continuamente. La Mini è e resta la Macchina da battere, sono d’accordo, ma Peugeot ha fatto un gran lavoro e non bisogna dimenticarsi delle Toyota. Credo che ci saranno una diecina di Equipaggi capaci di lottare per la vittoria, e che sarà una grande battaglia. E questo è anche un gran bene per che vince. Perché, ricordiamocelo, il valore di un successo dipende dal valore degli avversari!»

Permetti dunque che ti si facciano gli auguri, o c’è un protocollo di superstizione che si deve rispettare?

«No, nessun protocollo e nessuna superstizione. Vi ringrazio, ma qui gli auguri li devo fare io a voi. Al nuovo sito web, ai vostri Lettori, a tutti voi. Buon Natale, Buone Feste, Buon Anno nuovo. Parola di “Dakariano”!»

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