Dakar 2020. Goodbye America?

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Piero Batini
  • di Piero Batini
Apparentemente sì. Il secondo trapianto del Rally di Thierry Sabine, alla perenne ricerca di terreni vergini e fertili, sarebbe cosa fatta. Arabia Saudita. Smantellata la logistica sudamericana, è aria di fronda al vertice del Rally. Che altro? Ci vorrebbe…
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
6 marzo 2019

The Dark Side Of The Moon, 5 Marzo 2019. Dico la verità. Indiscrezioni e anticipazioni non mi smuovono l’anima. Per niente. A meno che non si tratti di Dakar. In questo caso ritrovarsi nel bollitore delle previsioni più fantastiche, tutti gli anni, immancabilmente di questi tempi, è eccitante. Droga Dakar? Forse. È come un gioco, un modo di scommettere. Anche con sé stessi mettendo alla prova presunte capacità di vedere lontano o pretendendo di ficcare il naso nel futuro.

Le moto alla Dakar 2019
Le moto alla Dakar 2019

Un “dettaglio” mi era sfuggito. O meglio, quando è affiorato era troppo importante e troppo poco verificato per poter essere preso sul serio. La notizia è che ASO, Amaury Sport Organization, la Società organizzatrice del Rally e proprietaria del Marchio Dakar, ha riportato a casa tutto il materiale della logistica sudamericana. Svuotati i magazzini dove erano custoditi mezzi e strumenti utili da un anno all’altro per oltre due lustri. Operazione in grande, o parziale ma fortunato, segreto. Fine del bluff. I presupposti del traghettamento della Dakar dal Sud America smettono di essere fantasie.

La Dakar in Sud America sara' solo un lontano ricordo?
La Dakar in Sud America sara' solo un lontano ricordo?

Goodbye America, eccezionale piattaforma geografica, emotiva, di supporto… Sì, un bel supporto. Fondamentale. Di passione, di Pubblico, di soldi. 11 anni e undici edizioni di Dakar, un quarto della sua Storia!

In poco più di un mese dalla fine della 100% Perù spariscono dal Continente le tracce operative persistenti della Corsa. Probabilmente qualcosa è partito già durante la 41ma edizione, e questo spiega la sensazione di Dakar “economica” che si ricavava qua e là a partire dai giorni delle verifiche di Lima, in contrasto con altre “spese” evidenti, come le nuove infrastrutture del bivacco.

Vuol dire che la decisione di finirla lì in Sud America era già stata presa, e con quella anche quella relativa alla nuova destinazione? Probabile. Quindi qualcuno già sapeva, e in questo caso faceva il doppio gioco, volente o nolente. Etienne Lavigne, per esempio.

I magnifici paesaggi della Dakar 2019 in Peru'
I magnifici paesaggi della Dakar 2019 in Peru'

Lavigne nervoso. Perché nervoso? Perché doveva stare al gioco e mentire, nascondere la verità conosciuta di un così importante cambiamento? No, a questo genere di menzogne di carattere “politico”, quindi non gravi, il “Boss” era abituato. A meno che sapesse già di far parte di quel cambiamento epocale. È una pulce nell’orecchio che parte dal Sud America insieme a quella del “leak” dello smantellamento della logistica. È non è la sola. Un transatlantico di pulci. Avanti.

Di colpo i contorni della “fiaba orientale” di una Dakar d’Arabia diventano più realistici. Arabia Saudita, possibilmente insieme a un paio di Paesi “satelliti”, papabili Giordania, Oman, un po’ meno il dirimpettaio Egitto di cui si parla con insistenza. Di fiabesco resta il “canone”, 15 milioni all’anno per cinque anni, che per me è clamoroso. Richiama alla memoria il Gatto e la Volpe da una parte e un Pinocchio dall’altra. A meno che si sbagli a definirlo “canone” e che sia una “rata”, un quinto di 75 milioni. Ancora l’ordine di grandezza di un grosso affare, ma possibile se chi acquista può disporre con leggerezza di risorse pressoché illimitate. E questo sarebbe un cambiamento ancor più grosso del secondo trasferimento transcontinentale dell’Opera di Sabine.

I rider in azione nel corso della Dakar 2019
I rider in azione nel corso della Dakar 2019

Calma. Torniamo un attimo indietro e ricapitoliamo. Via dall’America, approdo in Asia, diciamo Arabia, via Etienne Lavigne. Della Dakar originale resterebbe solo il Nome. E un Progetto da sviluppare in uno scenario geografico, sociale, culturale totalmente diverso e nuovo. Senza nessun riferimento storico sul campo. Un’altra pulce che baila nell’orecchio. Ma se Lavigne… chi alla guida della Dakar 2020 numero 42 (contando anche quella annullata)? Xavier Gavory, l’attuale responsabile delle relazioni con i Concorrenti e di fatto braccio destro di Lavigne? Gavory ha fatto un gran bel lavoro, non ci sono dubbi, per fare bene il quale, tuttavia, è gradito un profilo più discreto. Il suo. E allora, chi ci mette la faccia e il carisma necessari per ricucire i brandelli di storia nel nuovo Progetto? Ancora una figura dalla super immagine, Peterhansel – magari! – o Al Attiyah, considerando il presupposto geografico? Di nuovo Marc Coma? l’Asso catalano, coautore della più bella Dakar sudamericana insieme a Tiziano Siviero, ci ha messo molto del suo ma poi ha detto ciao, staccato il cordone ombelicale e cambiato mestiere. Ci vorrebbe un uomo di provata esperienza. Un uomo con un legame, di esperienza o storico. O tutt’e due. Più indietro nel tempo? Hubert Auriol, no, René Metge, neanche, Africa Race e punti interrogativi. Pulci sudamericane nell’orecchio. David Castera?

Tempi di gran lavoro per Yann Le Moenner, ottimo CEO di ASO. Noi ci fermiamo qui. Per poco. Certo non c'è molto tempo! Finisce che se ne riparla l'anno prossimo.

Al-Attiyah e la Toyota, vincitore anche della Dakar 2019
Al-Attiyah e la Toyota, vincitore anche della Dakar 2019

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