Area C: le conseguenze a un anno dal via

Area C: le conseguenze a un anno dal via
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Alessandro Colombo
  • di Alessandro Colombo
Si è tenuta nella giornata di venerdì 1 marzo convegno-dibattito volto a esaminare, a un anno di distanza dall’introduzione, i risultati conseguiti da Area C. Svariati i punti di vista tra favorevoli e contrari. Ecco quanto emerso
  • Alessandro Colombo
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4 marzo 2013

Milano, Casa Della Cultura - Ad un anno di distanza dall’introduzione dell’Area C a Milano, si è tenuto nella giornata di venerdì 1 marzo 2013 un incontro tra numerose parti per valutare gli effetti di tale provvedimento. Favorevoli e contrari alla Z.T.L. che è andata a sostituire il vecchio Ecopass (che era una Pollution Charge, al contrario dell’attuale Area C che è invece una Congestion Charge) si sono quindi confrontati per analizzare le conseguenze di una soluzione che divide. Abbiamo raccolto alcuni dei principali interventi per fare il punto della situazione.

Pierfrancesco Maran, Assessore Mobilità e Ambiente del Comune di Milano: «Area C è un provvedimento che ha l’obiettivo di ridurre il traffico in centro dando benefici al resto della città. Specifico il tema traffico perché se è vero che il provvedimento ha portato anche dei benefici ambientali, questi sono stati dovuti alla riduzione del traffico».

«Un provvedimento come Area C però non si può misurare in termini di miglioramento del PM 10 alle centraline. Lo dico anche se poi, se uno guardasse i dati del 2012, noterebbe che nell’ultimo anno i dati delle centraline del PM 10 sono scesi. Sono io però il primo ad ammettere che questo non dipende né dall’Area C né dagli altri interventi che abbiamo attivato in città per ridurre le emissioni, ma principalmente da ragioni climatiche, perché il PM 10 è un dato pressoché omogeno su tutta la Pianura Padana, e quindi non può essere modificato radicalmente e sensibilmente intervenendo su un’area così ristretta come la cerchia dei Bastioni».

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I risultati raggiunti dall’Area C hanno un tasso di oggettività che ritengo debba essere riconosciuto: la riduzione del traffico è stata del 30% circa e il traffico al di fuori dal centro non è andato in tilt come alcuni prevedevano (anzi, i dati ci dicono che vi è stata una riduzione del 7%), inoltre, dal 17 gennaio (2012, ndr.) ed il trasporto pubblico ha incrementato la propria offerta

Black Carbon

«Detto questo, che non vuol dire che non vi siano benefici altrettanto rilevanti, io credo che il tema del Black Carbon sia anche più rilevante del PM 10, però siamo stati abituati negli ultimi 10/15 anni a valutare il PM 10 e quindi io ritengo sia questo il parametro in base al quale possiamo giudicare i risultati ottenuti dall’Area C».

«I risultati raggiunti dall’Area C hanno un tasso di oggettività che ritengo debba essere riconosciuto: la riduzione del traffico è stata del 30% circa e il traffico al di fuori dal centro non è andato in tilt come alcuni prevedevano (anzi, i dati ci dicono che vi è stata una riduzione del 7%), inoltre, dal 17 gennaio (2012, ndr.) ed il trasporto pubblico ha incrementato la propria offerta».

«Naturalmente, essendo un provvedimento che divide, ci sono alcune categorie che non ne hanno tratto beneficio, anzi, si reputano danneggiate e io credo debba essere compito del Comune di Milano cercare di ragionare per incontrare chi si ritiene danneggiato non annullando però gli effetti positivi del provvedimento».

Non solo per il centro

«La riduzione del traffico non deve però essere solo un beneficio di chi abita in centro. Pertanto Area C dovrà estendersi fino alla cerchia della 90/91, ma solo quando Milano avrà le 5 linee della metropolitana completamente attive e in cui saranno attuate anche altre opere pensate per migliorare la mobilità delle aree esterne al centro, tra cui anche la realizzazione di nuovi parcheggi all’esterno della città. Trasporto pubblico ed efficienza della rete ferroviaria al di fuori di Milano dovranno però essere migliorati per giungere a questi risultati».

Crisi commerciale

Associazione Commercianti del Quartiere Brera di Milano: «In seguito all’Area C in centro abbiamo avuto un ulteriore calo dei fatturati (rispetto a prima, ndr). Basta fare un giro a piedi in centro per accorgersi di quanti negozi abbiano chiuso e di quanti stiano chiudendo. La stessa zona di Brera è diventata deserta e triste. Oramai da quella parte della città vi passa pochissima gente e questo calo dei passaggi ha provocato una diminuzione delle attività produttive, in quanto, il calo del fatturato non consente più di pagare certi affitti – che a fronte dell’Area C non sono  diminuiti – e ciò ha portato alla chiusura di numerosi negozi. La situazione è drammatica».

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In seguito all’Area C in centro abbiamo avuto un ulteriore calo dei fatturati (rispetto a prima, ndr). Basta fare un giro a piedi in centro per accorgersi di quanti negozi abbiano chiuso e di quanti stiano chiudendo


«E’ ovvio che il Comune abbia bisogno di soldi – perché poi l’Area C è una tassa “per far cassa” – ma se nelle casse del Comune alla fine entra meno liquidità perché le attività chiudono allora è inutile. Noi chiediamo quindi la diminuzione della fascia di orario in cui Area C è in vigore (e per l’abbattimento dell’inquinamento chiediamo anche la revisione delle caldaie)».

Andrea Trentini, Ricercatore dell'Università degli Studi di Milano: «Si sta cercando di spostare la motivazione di Area C sulla riduzione del traffico. Naturalmente si chiama Congestion Charge non a caso, cercando di diminuire un pochettino il peso del vantaggio in termini di inquinamento, perché per legge è possibile fare le Z.T.L. nei centri cittadini solo a fronte di una emergenza di inquinamento. Se questa non sussiste infatti, la Z.T.L. si configura semplicemente come un pedaggio».

Al di sotto delle soglie d'allarme

«Per ogni inquinante esistono dei metodi di misura standardizzati e delle soglie che vanno rispettate. Ogni inquinante ha dei metodi di valutazione delle soglie diversi. Se si osservano i dati sul benzene, si può notare che a partire dalla fine degli anni ’90 questo è stato ampiamente al di sotto della soglia. Per quanto concerne invece il biossido di azoto la soglia d’allarme è 200, livello questo raggiunto una sola volta tra il 1987 ed il 1988. E’ dagli anni ’90 quindi che anche questo dato è al di sotto della soglia d’allarme».

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Per ogni inquinante esistono dei metodi di misura standardizzati e delle soglie che vanno rispettate. Ogni inquinante ha dei metodi di valutazione delle soglie diversi. Se si osservano i dati sul benzene, si può notare che a partire dalla fine degli anni ’90 questo è stato ampiamente al di sotto della soglia

 

«Polveri sottili: la soglia del PM10 dal ‘90/’95 si è sostanzialmente stabilizzata. Il grafico mostra andamenti altalenanti dovuti al fatto che il livello sale d’inverno e scende in estate (conseguenza dei riscaldamenti, ndr). Passando invece all’Ozono la soglia non si è mai superata da quando i dati sono stati resi disponibili, ed anche per il monossido di carbonio la soglia 10 non si è mai raggiunta, idem per il biossido di zolfo. Ergo l’inquinamento è sostanzialmente un falso problema, nel senso che è sì un qualcosa di cui ci si deve preoccupare, ma è sostanzialmente una “non emergenza” e se non siamo in una situazione di emergenza, di conseguenza, la motivazione della salute per l’Area C crolla. Per quanto concerne invece l’interno dell’Area C, i grafici mostrano infatti che non c’è nessuna differenza tra dentro e fuori la stessa, ed anche il Black Carbon in sé non è un pericolo in quanto il suo valore dovrebbe essere 350 volte superiore a quello misurato in questo momento a Milano».

Ing. Enrico De Vita – Editorialista di Automoto.it: «I fautori dell’Area C e l’assessore hanno introdotto il problema del Black Carbon. Questo composto viene misurato in nanogrammi. Un nanogrammo è 1.000 volte meno di un microgrammo. Un microgrammo è 1.000 volte meno di un milligrammo. Un milligrammo è 1.000 volte meno di un grammo.  Stiamo ponendo l’attenzione su una sostanza che è misurata, appunto,  in nanogrammi, cioè in quantità che sono al limite della misurabilità scientifica.  Abbiamo visto che  a Milano il benzene, sostanza molto più pericolosa del black carbon, è da molti anni al di sotto delle soglie limite. Bene, quanto ce n’è?  Siamo a meno di 6-7 microgrammi al metro cubo, quindi da 500 a 1000 volte di più del carbonio nero.. Pertanto stiamo prendendo un abbaglio se additiamo un pericolo per una sostanza  presente in quantità piccolissime, quasi insignificanti».

Focalizzare i problemi

«Nel ’92 un ricercatore dell’Istituto di Sanità lanciò un allarme simile: la marmitta catalitica è cancerogena.  In realtà all’interno del catalizzatore sono presenti da  2 a 3 grammi di palladio e platino, che nel giro di 2-300.000 km vengono in buona percentuale  trasformati in composti metallorganici del platino e fuoriescono nell’atmosfera. L’emissione è pari, quindi, a un centomillesimo di grammo di platino ogni km. Il ricercatore faceva rilevare che i composti metallorganici dei metalli nobili sono mutageni, tant’è vero che vengono usati per la cura dei tumori. Tutto vero, ma guardiamo le quantità in gioco. Quanti composti di platino produce la marmitta?  Ripeto, 2-3 grammi in tutta la vita della marmitta, che cioè si trasformavano in composti metallorganici nel giro di 2-300.000 km. Di benzene – senza marmitta catalitica – se ne emettevano 2-3 grammi ogni chilometro! Quindi quantità 100.000 volte superiori e 100.000 volte più pericolose».

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Oggi abbiamo a Milano una media annua di PM10 che è analoga a quella di tante metropoli europee, siamo attorno a 50 microgrammi/m3.  Purtroppo l’ARPA (l’agenzia regionale per l’ambiente) non sottrae alle sue misurazioni il fondo naturale

Fattori che influenzano le rilevazioni

«Vorrei ora evidenziare come si è modificato nel corso degli anni l’inquinamento da traffico. Prendiamo il PM10 a Milano in Viale Liguria: nel  1978  avevamo una media annua di 175 microgrammi al metro cubo. Ancor prima, nel ’68 tale valore a Milano superava i  400 microgrammi al metro cubo (e si chiamavano polveri sottili). Le auto diesel non c’erano ancora. Di chi la responsabilità allora? I rapporti ufficiali, fra i quali quello dell Stazione Sperimentale Combustibili di San Donato spiegavano che il 95% delle polveri sottili era dovuto al riscaldamento domestico».

«Oggi abbiamo a Milano una media annua di PM10 che è analoga a quella di tante metropoli europee, siamo attorno a 50 microgrammi/m3.  Purtroppo l’ARPA (l’agenzia regionale per l’ambiente) non sottrae alle sue misurazioni il fondo naturale. ”Fondo naturale” significa che non è vero che tutto il particolato è emesso dal riscaldamento e dal traffico. Quando vengono sabbiati i marmi del  Duomo di Milano si immettono nell’aria delle micro-particelle che sono leggere, come le PM10. Quando sulle auto di Milano dopo una pioggia troviamo che l’auto si è colorata di giallo vuol dire che quella è polvere del deserto che è giunta fino a noi volando assieme alle nuvole. Probabilmente si tratta di un PM 8 e non più grande di esso. Quando a Massa Carrara l’anno scorso si superò la soglia delle polveri sottili per 100 giorni, bloccarono il traffico a tutte le auto diesel. Ma quelle polveri erano composte per il 98% da marmo bianco».

«Infatti la legge impone agli amministratori di prendere provvedimenti, ma poiché non si poteva bloccare l’estrazione del marmo si fermò il traffico. In  Italia non siamo attrezzati per distinguere tra sorgenti naturale e sorgenti biologiche e quindi misuriamo e includiamo tutto. Milano ha un’altra aggravante: quella di avere condizioni meteorologiche che provocano l’inversione termica, ovvero più caldo in quota che in basso, motivo per il quale le polveri sottili rimangono per terra finché non piove. Perché città come Genova e Venezia, pur avendo industrie, hanno la metà delle polveri di Milano? Perché metà delle polveri nel loro caso cadono in mare. Le polveri che restano per terra vengono risollevate dagli pneumatici influenzando per l’80% il dato rilevato dalle centraline. Per quanto riguarda gli altri inquinanti rileviamo che rispetto al ’90 i valori emessi dagli scarichi delle auto sono scesi di 8 volte grazie alla marmitta catalitica».

Conclusioni

Da quanto emerso dalla conferenza è possibile quindi osservare come l’applicazione di una Congestion Charge abbia portato comunque gli interessati a riflettere in termini di Pollution Charge per valutarne l’efficacia, rendendo quindi l’impatto ambientale il parametro principale per osservarne gli effetti sortiti in un anno di attività nonostante il provvedimento sia nato con lo scopo di ridurre il traffico all’interno del centro cittadino.

Effetti che devono però essere analizzati con attenzione, in quanto il provvedimento è “giovane” e variegato nei suoi aspetti, e quindi anche nelle conseguenze. Tanto è stato fatto e molto è ancora da fare, certo è che per garantire l’efficacia di un provvedimento così complesso nei suoi aspetti, infrastrutture e servizi dovranno essere implementati, senza peraltro dimenticare di strizzare l’occhio anche a residenti e commercianti di tale area. Come a dire insomma che ambiente e uomo dovranno ancora una volta trovare un punto d’accordo per coesistere. (E)Mission Impossible?

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