Elio De Angelis, 34 anni dopo: il racconto del fratello Roberto. Seconda puntata

Elio De Angelis, 34 anni dopo: il racconto del fratello Roberto. Seconda puntata
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Il 15 maggio del 1986 moriva Elio De Angelis, grande promessa dell'automobilismo italiano. Il ricordo del fratello Roberto in questa intervista esclusiva
15 maggio 2020

Elio De Angelis. Ricorre il trentaquattresimo dal suo ritorno. Sì, dal suo ritorno da dove era venuto. Un luogo, un mondo, nel cielo, dominato dagli angeli. Elio era, è uno di loro. Elio Degli Angeli, appunto. Un mondo dove si può correre e vincere in macchina alla sua maniera. Un mondo dove la velocità è stile, è bellezza, è purezza. Dove le curve si disegnano, si pennellano di traiettorie multicolori, dove i suoni dei motori sono dolci melodie, dove ogni cambiata è una carezza.

Si vedeva, si percepiva, che Elio fosse di un altro mondo. C’erano degli indizi, delle prove inconfutabili: il suo atteggiamento, il suo sorriso, il suo casco da marziano. Ecco, appunto: il suo casco da marziano. Sì, Elio De Angelis è persona troppo grande, troppo superiore per essere campione di questo mondo. Non poteva. Semplicemente perché è un mondo a cui lui non apparteneva.

Abbiamo già avuto modo di leggere la prima parte della piacevole intervista a suo fratello, Roberto De Angelis. Che ci ha raccontato di Elio bambino, dei suoi inizi con le corse, del primo anno in Formula 1 con la Shadow. Proseguiamo quindi a leggere, con estremo piacere, il seguito dell’avventura…

Alla fine del 1979, Elio si accordò con Don Nichols, patron della Shadow, affinché si pagasse una penale per la rescissione del contratto con quel team…

«Sì. A quel punto Elio De Angelis era libero. Lo chiamò Colin Chapman per delle prove al Paul Ricard, dove, all’epoca, la maggior parte delle squadre svolgevano le loro prove invernali. I test erano liberi e il Paul Ricard era la sede di elezione per i test invernali, Montmelò a Barcellona ancora non esisteva. Colin Chapman chiamò, con Elio, anche Nigel Mansell, Eddie Cheever e Jan Lammers, che fu compagno di squadra di Elio proprio alla Shadow nel 79».

«Elio fu subito, nettamente, il più veloce. Sulla vecchia Lotus, che aveva lasciato Carlos Reutemann, che se n’era andato alla Williams, fece un tempone già il primo giorno, dando un secondo e mezzo al secondo più veloce, Jan lammers. Nigel Mansell, poverino, all'inizio non era per nulla a suo agio. Era un ragazzo che mio fratello ha aiutato molto, all'inizio. Poi ha dimostrato di avere imparato bene. E’ maturato anni dopo. All’inizio era un disastro, prendeva 2-3 secondi al giro con la stessa macchina. Ricordo che mio fratello Elio mi diceva proprio: ”Io lo voglio aiutare, questo ragazzo.” Mio fratello era un generoso, proprio un ragazzo generoso, buono, mostrava a Nigel le traiettorie, come doveva farle, gli suggeriva le cambiate, gli diceva dove scalare, dove salire di marcia e tante altre informazioni, così, solo per aiutare il collega. Quella occasione, quel test al Paul Ricard, era servito per decidere chi sarebbe stato la seconda guida di Andretti nel 1980»

Elio vinse alla grande il confronto e Colin Chapman, il blasonatissimo Ferrari d’Inghilterra, prese il velocissimo e promettente pilota italiano sotto la sua ala…

«Fu così che ci fu il debutto di Elio con la Lotus 81, la quale era però una macchina espressione di una Lotus in declino. Già l’anno precedente, con la Lotus 80, la complicatissima monoposto tutta ala che non funzionò mai, si era aperta la clamorosa crisi tecnica della Lotus, con Carlos Reutemann e Mario Andretti, costretti a ripiegare su uno sviluppo della gloriosa Lotus 79».

«Pur con la Lotus 81, monoposto non eccelsa, al Gran Premio del Brasile 1980 Elio riuscì a ottenere un secondo posto. Incredibile per quella macchina, tanto che non riuscirono a ripetere, né lui né Andretti, prestazioni di quel livello per tutto il resto della stagione. Quella Lotus si rivelò macchina da metà schieramento. Elio riusciva ad arrivare, quarto, quinto, sesto, racimolava punti a destra e a manca».

Elio De Angelis sul podio del GP del Brasile 1980
Elio De Angelis sul podio del GP del Brasile 1980

Che rapporto aveva con Colin Chapman?

«Stupendo! Era un secondo papà, era diventato davvero un secondo padre. Eh sì, perché Colin Chapman quando vide arrivare Elio secondo, siccome era tutto meno che stupido e aveva mantenuto la capacità di vedere chi sapeva guidare la macchina da chi non la sapeva guidare, aveva capito il valore di Elio. Si rese conto che, per ottenere il secondo posto in Brasile con quella macchina, bisognava avere dei numeri e quindi lo prese subito sotto la sua ala protettiva e lo stimò molto. Elio si sentiva così molto appoggiato dal patron inglese e fu cosi che si creò un bellissimo rapporto tra di loro. Rapporto di fiducia e stima reciproca.  Purtroppo la scomparsa di Colin Chapman è stato uno degli elementi che ha determinato un esito della carriera di Elio non all'altezza delle sue aspettative e delle sue possibilità. Soprattutto perché, quando Chapman venne a mancare, il Team Lotus andò completamente nelle mani di Peter Warr, il quale era un personaggio completamente diverso da Colin Chapman. Classico inglese molto molto freddo, estremamente calcolatore, che, tra l'altro odiava gli italiani. Ci fu un episodio molto antipatico in cui fece capire ad Elio De Angelis che gli italiani non gli stavano per nulla simpatici, anzi!».

Davvero una persona di una correttezza e trasparenza come Elio, essendo italiano, era anche lui incluso in questa considerazione così negativa, da parte di Warr?

«Sì, il perché lo racconto brevemente in questo episodio. Un caro amico di Elio, Luis Ruzzi, argentino, che, tra l’altro, da un certo anno in avanti, prese a seguirlo in tutti i Gran Premi, una volta venne trattato malissimo da Peter Warr, nel paddock e ai box.  Luis lo andò a dire ad Elio: ”Guarda che Peter Warr ha detto questo questo e quest'altro, è stato molto sgarbato”. Allora Elio andò per chiarire con il manager inglese la questione»

«Peter Warr disse che odiava Luis perché in Argentina un suo caro amico, che partecipo’ alla guerra delle Malvinas, perse una gamba, per colpa degli argentini. Elio, meravigliato, disse che non era molto razionale come comportamento. Ma Peter Warr rispose: ”Io odio anche anche gli italiani, quindi anche te, perché un sacco di inglesi nella Seconda Guerra Mondiale, per colpa degli italiani, sono morti.”  Questo è stato un episodio davvero antipatico. Peter Warr era un uomo freddo, molto calcolatore».

«Quando arrivò Senna, era Peter Warr ormai a comandare completamente il Team Lotus. Il figlio di Chapman era troppo giovane e la moglie non si era mai interessata alle corse. Quindi aveva affidato tutte le responsabilità a Peter Warr, che, all’arrivo di Senna, fece una scelta di fondo fin dall'inizio. Puntò decisamente su Senna, che aveva già dimostrato il suo valore l’anno prima, con la Toleman ed era uno degli astri nascenti della Formula Uno».

«Peter Warr fece un investimento, un calcolo di carattere commerciale economico. Però in maniera subdola, questo e’ stato davvero antipatico! Mio fratello, infatti, aveva firmato un contratto di prima guida e Senna un contatto di seconda guida per la stagione 1985 in seno al Team Lotus. Però Elio non fu mai trattato da prima guida ma fu trattato sempre da seconda guida. Tutte le attenzioni, i mezzi, le cure erano rivolte principalmente a Senna».

«Ciò nonostante mio fratello Elio De Angelis, al quarto Gran Premio 1985, era al primo posto in classifica nel mondiale piloti. Nonostante questa evidenza, il Team Lotus e Peter Warr continuarono a privilegiare Senna».

Il Team Lotus fece questo calcolo, scelse cioè di privilegiare Senna, fermo restando che era un grandissimo pilota e lo ha dimostrato poi dopo, ma mio fratello Elio non sarebbe stato certo da meno se gli avessero dato gli stessi mezzi. Anzi, per certi versi, in gara era più certamente piu’ concreto. Senna, all’inizio, ha fatto tanti errori, uscite di strada in quell’anno…

«Anche perché Senna portò parecchi soldi al team inglese con il Banco do Brasil.  Senna fece un contratto di tre anni, molto vantaggioso dal punto di vista economico per la squadra, perché, all’epoca, naturalmente i piloti giovani pagavano per entrare in Formula 1. O, al massimo, prendevano pochi soldi, mentre mio fratello era già un top driver, quindi già guadagnava bei soldini per quel periodo. Come ingaggio era ai livelli dei vari Lauda, Prost, Piquet, Rosberg etc».

«Il Team Lotus fece questo calcolo, scelse cioè di privilegiare Senna, fermo restando che era un grandissimo pilota e lo ha dimostrato poi dopo, ma mio fratello Elio non sarebbe stato certo da meno se gli avessero dato gli stessi mezzi. Anzi, per certi versi, in gara era più certamente piu’ concreto. Senna, all’inizio, ha fatto tanti errori, uscite di strada in quell’anno…».

«La carriera di Ayrton Senna è stata determinata da questa scelta di fondo molto favorevole a lui, ma assolutamente pregiudizievole per mio fratello Elio De Angelis. Che, ad un certo punto si è sentito tradito dal Team Lotus. Anche perché fu proprio mio fratello Elio De Angelis, un paio di anni prima, a contribuire in maniera determinante a riportare in auge la Lotus, la quale, dopo tre quattro stagioni negative, in cui proponeva in pista delle macchine che non andavano per niente…».

Elio De Angelis con Ayrton Senna nel 1985
Elio De Angelis con Ayrton Senna nel 1985

Ci fu l’avvento di Gerard Ducarouge…

«Fu proprio mio fratello protagonista determinante per l’ingaggio di Ducarouge. Elio, infatti, andò in Francia a parlare con Ducarouge e fu proprio lui a convincerlo ad accasarsi con la Lotus, casa prestigiosa e storica, che aveva bisogno di uno come lui per risollevarsi. Addirittura mio fratello Elio rinunciò ad una parte del suo stipendio per dare quello che mancava per chiudere il contratto con Ducarouge e che la Lotus non voleva dare. Ma Elio sapeva che serviva proprio un ingegnere della competenza e della esperienza del francese per concepire una macchina finalmente competitiva. Infatti, già in 2-3 settimane rese la Lotus di quel momento una macchina che era già molto meglio di quelle di prima. Tanto è vero che mio fratello fece addirittura la pole position a Brands Hatch, proprio nel Gran Premio d’Europa 1983. Fu un enorme passo in avanti rispetto ai precedenti Gran Premi, dove Elio si qualificava solo settimo, ottavo o decimo».

Questo momento di resurrezione ci voleva veramente, perché Elio De Angelis, gia’ con la Lotus 88, quella con il doppio telaio, aveva gia’ trascorso davvero i peggiori momenti della scuderia inglese, che veniva già dal fallimento della Lotus 80 del 1979. Invece, anche le Lotus 88, la geniale monoposto dal doppio telaio, che doveva essere l‘arma totale Lotus, andò come andò…

«Mio fratello Elio fu contento che la Lotus 88 fosse stata squalificata, perché l’aveva provato a lungo e diceva che non andava, era un'idea sulla carta buona, ma che in pratica non sempre idee in teoria buone si rivelano poi tanto buone nel concreto. La macchina davvero non andava».

Nonostante questa brutta situazione, circolavano, su Elio, voci  di interessamenti della Renault e anche degli abboccamenti anche con l’Alfa Romeo. Elio rimase comunque fedele alla Lotus...

«Con l’Alfa Romeo ci fu piu’ che un abboccamento, prima che ci andasse Andrea De Cesaris. Poi fu scelto De Cesaris perché Andrea aveva un legame con la Marlboro. Il padre era un grossista della Marlboro, perciò esistevano tra loro dei rapporti che andavano al di là dell’aspetto sportivo. La casa di sigarette era, come è noto, sponsor anche dell'Alfa Romeo, oltre che della McLaren. Fatto sta che mio fratello rimase alla Lotus. Con l’Alfa Romeo ci furono contatti ancora prima di andare alla Lotus. In quel periodo, durante i primissimi passi della carriera di Elio, soprattutto nei primi due tre anni di Formula 1, ci furono contatti anche con la stessa Ferrari. Infatti. più volte Marco Piccinini si fece avanti con Elio De Angelis. Ci furono colloqui per accasarsi alla Scuderia Ferrari. Prima che ci andasse Michele Alboreto, c'era stato un ritorno di colloqui a più riprese tra Elio e la Scuderia Ferrari. Ma non si e’ mai addivenuti ad un accordo concreto, una volta per un motivo, un’altra volta per un altro».

Peccato davvero per questo mancato accordo, perché sarebbe stato veramente bello vedere Elio De Angelis in rosso…

«Beh, in effetti al posto di Alboreto ci poteva essere Elio. In ogni caso Alboreto è stato un ottimo pilota».

Elio De Angelis con Michele Alboreto
Elio De Angelis con Michele Alboreto

Assolutamente! Elio De Angelis su Lotus e Michele Alboreto su Ferrari in testa alla classifica del campionato del mondo di Formula 1, dopo quelle prime quattro gare del 1985!

«Certo, primo Elio, secondo Alboreto, poi ad un certo punto, dal Gran Premio del Canada, Michele superò Elio in classifica. Pensi che nel Gran Premio del Canada, Elio fece la pole position e la Lotus gli mise, per la gara, il motore che aveva usato Senna nel Gran Premio di Detroit, motore che partiva già spompato! Senna aveva il motore nuovo e a Elio montarono un motore già usato. Ricordiamo che i motori di allora erano unità molto delicate, rompevano spesso. Erano motori turbo che duravano giusto un gran premio, si sapeva, dato che erano motori super spinti. A ciò si aggiunga che, evidentemente, il Team Lotus aveva anche problemi economici, poiché non disponeva di mezzi illimitati. Per cui, nonostante la pole position di Elio, misero un motore nuovo a Senna, che poi, oltre tutto, ebbe un guasto. Quindi, Senna ruppe il motore. Ed Elio fece tutta la gara con un motore spompato. Resse i primi 10 giri, 15 giri in testa, poi il motore, già molto usurato, non ce la fece più…»

Elio come visse questa situazione così avversa, così a lui sfavorevole?

«Male, davvero male. Perché lui si è sentito tradito. Peter Warr lo conosceva, quindi Elio non si aspettava niente di buono da lui. Però da Gerard Ducarouge, che riteneva fosse un suo amico, non se l’aspettava. Elio  poteva vantare dei meriti nei confronti di Ducarouge, perché Ducarouge era, ad un certo punto, fuori dal Circus. Fu riportato in Formula 1 da mio fratello, per di più in una scuderia prestigiosa, come era il glorioso Team Lotus.
Invece, in barba ai meriti e alla riconoscenza che il Team Lotus gli avrebbe dovuto, Ducarouge fece lo stesso gioco di Peter Warr. Già al Gran Premio di Francia, al Paul Ricard, il Team non fece disputare le prove a Elio De Angelis il venerdì. Solo Senna provava. A mio fratello, infatti, fu permesso di disputare solo le prove ufficiali. Da quel momento lui ebbe la conferma di quello che era la politica della Lotus di quell'anno».

«Era molto abbattuto, per questo trattamento. Molto abbattuto perché Elio credeva molto nei rapporti umani, nella amicizia, di cui si sentiva pure orgoglioso. Lui era rimasto alla Lotus, nonostante, per due anni di seguito, Frank Williams gli avesse proposto un contratto. Elio fece un gravissimo errore: per ben due volte, nel 1984 e nel 1985, a pari condizioni economiche, mio fratello, per una questione di orgoglio, in quanto si sentiva portatore della bandiera della Lotus, rimase con la squadra che fu di Chapman. E. quantunque fosse venuto a mancare il suo amico Colin, disse tra sé e sé: “No, io sono una persona leale, io voglio rimanere alla Lotus, perché voglio vincere il campionato del mondo con la Lotus!"».

«Invece ci fu questo clamoroso volta faccia della Lotus nel 1985. Elio soffrì molto questo atteggiamento, anche moralmente. Questa, per lui, fu davvero una una grande delusione».

Era tutta una cosa di Peter Warr, o fu orchestrata anche dallo stesso Ayrton Senna?

«La mia personale opinione, anche se, naturalmente, io mi senta ancora oggi strettamente coinvolto nella questione, è che Senna fosse perfettamente consapevole di questo gioco della Lotus. Naturalmente non lo si può biasimare, da questo punto di vista, perché gli faceva davvero gioco. Senna era perfettamente consapevole di queste decisioni a suo favore. Quello che io addebito a Senna è di non essere stato limpido, ecco. E’ stato un po' troppo subdolo, perché lui non perdeva occasione di dire che lui, Senna, era la seconda guida del team, e che era Elio De Angelis la prima guida. In realtà Ayrton era ben consapevole che, avendo portato tutti i soldi del Banco do Brasil, avendo stabilito rapporti molto stretti, di vicinanza con Peter Warr, sapeva bene che invece le cose non stavano come asseriva. Formalmente la prima guida era Elio, ma, nella realtà dei fatti, era lo stesso Senna, invece!».

Quindi Ayrton Senna millantava questa questa cosa: che pur essendo seconda guida del Team Lotus, era riuscito, solo grazie alla sua estrema abilità di pilota, ad essere più veloce della prima guida Elio De Angelis, praticamente…

«Tante volte non aveva bisogno neppure di dirlo, ma lo faceva chiaramente intuire. Di fatto, lui doveva mettersi in mostra. Il gioco della squadra, quell'anno, fu quello. Essendo il Team Lotus consapevole di non avere una macchina per poter vincere il campionato del mondo, perché purtroppo il motore Renault in prova aveva tanti cavalli, tanto è vero che Senna quell'anno fece addirittura 7 pole position, invece Elio solo una o due non ricordo, forse addirittura una sola, in Canada, ma, in gara, il motore non era cosi competitivo. Per cui, alla Lotus, avevano fatto una scelta strategica: loro dovevano mettere in risalto le doti di Senna».

«Per cui cosa hanno fatto spesso? Prendiamo il Gran Premio di Imola. In quella occasione Ayrton Senna era incavolato nero, almeno faceva finta di esserlo, non lo so, perché la Lotus diede ad Elio il motore nuovo della Renault. Era un motore sperimentale, appena costruito dalla Renault stessa, che consumava un po' di meno di quell'altro, anche se era meno potente. Scelsero di darlo ad Elio, nonostante le rimostranze vere o presunte di Senna, Elio in quella occasione non fece che da tester per la Renault. Lui, che avrebbe dovuto essere la prima guida del Team! Il motore nuovo, infatti, non garantiva alcuna affidabilità, ma Elio vinse quel Gran Premio! Senna, dal canto suo, decise di andare col boost al massimo sapendo di non arrivare, perché, quando partì per il Gran Premio, sapeva che avrebbe finito la benzina, in quanto il motore Renault nella sua versione precedente era sì collaudato, ma molto più assetato rispetto ai regolamenti dell’epoca, molto sfidanti in fatto di consumi di carburante. Senna partì in testa, sapendo però di non poter concludere la gara. Ma, come previsto, a 3 giri e mezzo dalla fine, è rimasto senza benzina. Però Senna fece una gran figura, dimostrando di andare più forte di De Angelis. Certo: con 100 cavalli più del motore di Elio, non era difficile….»

Elio De Angelis e Ayrton Senna ad Imola nel 1985
Elio De Angelis e Ayrton Senna ad Imola nel 1985

Peccato, in quell’occasione, non aver potuto festeggiare la vittoria di Elio sul circuito, dove eravamo presenti, perche’ la comunicazione è avvenuta solo dopo la squalifica di Prost, quando si era gia’ intrapreso il viaggio di ritorno a casa…

«Senna, anche in quella occasione, puntava tutto sulla pole position. Lui, ripeto, fece 7 pole position quell’anno. Ayrton puntava tutto su quel giro, perché tanto sapeva che non avrebbe mai potuto vincere alcun gran premio, con quel motore e quella formula che ne penalizzava il troppo consumo di carburante. Ayrton vinse il Gran Premio del Portogallo. Ma sotto l'acqua fu tutto un altro discorso. Quel Gran Premio Elio arrivò quarto, perché aveva una gomma sgonfia. E questo fatto gli successe per altre 6 volte durante il campionato 1985. Non era una cosa comune, il fatto che si ripetesse così spesso».

Probabilmente si trattò di qualche cerchio difettoso…

«No, non erano fatti naturali».

Dice che erano fatti orchestrati dalla Lotus, che facevano parte della strategia di cui parlavamo prima?

«Sì, tanto è vero che mio fratello disse al suo amico Luis Ruzzi, da un certo Gran Premio in poi, dopo che questo fatto gli era già accaduto due tre volte, e a lui non era mai successo così tante volte nei precedenti campionati, Elio disse al suo amico Luis di piantonare, per favore, la sua macchina».

E quindi poi si scoprì qualcosa oppure no?

«No, non si scoprì niente, ma Elio corse metà del campionato questo terribile dubbio».

Incredibile. Chi erano i campioni a cui più Elio De Angelis si ispirò?

«Elio aveva nella sua vita due fari: uno era Jim Clark, l'altro era Lauda Niki Lauda. Lui ammirava molto Niki Lauda, infatti lo ha dimostrato con lo stile con il quale ha sempre gareggiato in Formula 1. Stile con il quale dimostrava che la velocità non necessita di essere scorretti. Mentre, invece, ci sono stati, e ci sono dei piloti ancora oggi, che ritengono che le due cose vadano insieme. Uno di questi, per esempio, era Senna. La sua capacità, la sua velocità, la sua grinta sono indiscutibili. Però sono anche indiscutibili sono state delle sue gravi, gravi scorrettezze».

Anche nei confronti di Elio?

«Sì, anche nei confronti di Elio».

Del resto, Roberto, in Formula 1 dobbiamo ammettere di avere visto spesso emergere gente che di scrupoli ne aveva veramente pochini…

«Beh, che io sappia in Formula 1 non era mai successo quello che accadde a Montecarlo nel 1985, quando Senna con la Lotus 97T fece la pole position. Erano i tempi in cui c'erano le gomme da qualifica che duravano un solo giro. Ebbene Senna, dopo che aveva segnato il miglior tempo, tornò ai box, cambiò le gomme, mise gomme da gara, ed entrò in pista per fermare gli altri. A Montecarlo è facile fermare gli altri».

Non è stato il solo. Mi sembra che poi, negli anni successivi, questo comportamento abbia trovato emuli…

«Eh, sì. Schumacher qualche volta ha ecceduto pure lui. È stato un comportamento borderline. Invece Elio, devo dire che aveva uno stile molto diverso. Lui non è mai stato scorretto, perché lui riteneva, e secondo me a ragione, che se hai la possibilità di vincere, vincerai, se non fai dei grossi errori. Se la macchina non ti consente di vincere, tu non vincerai. Inoltre Senna faceva dei zig-zag incredibili non far passare gli avversari. Tra l'altro, con i regolamenti attuali, che allora non c'erano, oggi lui non avrebbe potuto fare tutte le cose che allora ha fatto. Senna era avvezzo a cambiare direzione più volte».

Senna ha avuto con screzi con Alboreto e non solo con lui..

«Lui ha avuto screzi con tutti. Con mio fratello no, perché mio fratello era un tipo tranquillo, difficile che litigasse con qualcuno. ma lui ha litigato con Piquet, ha litigato con Prost, ha litigato con Alboreto, ha litigato con Mansell, ha litigato con tutti!».

Elio aveva nella sua vita due fari: uno era Jim Clark, l'altro era Lauda Niki Lauda. Lui ammirava molto Niki Lauda, infatti lo ha dimostrato con lo stile con il quale ha sempre gareggiato in Formula 1. Stile con il quale dimostrava che la velocità non necessita di essere scorretti

Ebbe da dire anche con Schumacher, in quella famosa occasione della ramanzina a Magny Cours nel 1992…

«Quell’episodio adesso non me lo ricordo perché poi noi, per un lungo periodo, non abbiamo più seguito la Formula 1 per evidenti motivi. Però, insomma, Senna è stato è stato un pilota fortissimo con una grinta eccessiva, che travalicava la necessità, il comportamento sportivo. Sportività che doveva essere comunque tenuta sempre presente. Incredibilmente poi, Elio e Ayrton sono stati accumunati da due grandi disgrazie, questa grande sfortuna di averci rimesso la vita, entrambi per un incidente tecnico».

Volevo chiederle: come andò nel 1982 in Austria? Lei c’era?

«Io non c'ero, stavo al mare. Abbiamo seguito la corsa da una casa al mare che ci fu prestata, perché da casa nostra, al mare, non si riusciva a vedere la televisione. Allora c'è stata prestata una casa dove la televisione si poteva vedere e ci trasferimmo, tutta la famiglia, in quest'altro appartamento. È stata una gioia incredibile, perché, finalmente, dopo tre anni di grandi difficoltà, di attesa, ci fu quella vittoria emozionantissima. Elio era partito settimo. I motori turbo erano super favoriti in quel circuito. Un po’ c'è stata fortuna, perché tutte e 6 le macchine turbo ruppero e Elio era il primo dei concorrenti con motore aspirato. Rosberg, che partiva sesto, fece un errore subito, al primo giro, dove perse parecchi secondi. Fu l'anno in cui poi Rosberg vinse il campionato mondiale. Rosberg aveva una macchina migliore di quella di Elio. Infatti ci fu un tratto di gara in cui Rosberg recuperava ad Elio circa mezzo secondo a giro».

«A ciò si aggiunse che, all’ultimo giro, Elio sbagliò una cambiata. Sul rettilineo dopo la chicane, Elio sbagliò la cambiata dalla quarta alla quinta e questo permise a Keke Rosberg di avvicinarsi passando da 2 secondi di distacco a 1 secondo. Elio fece tutto il giro con dietro Rosberg che voleva assolutamente passare, forte di una Williams nettamente superiore alla Lotus, ma Elio fu bravo a non scomporsi e a riuscire a tenerlo dietro. Fu così che arrivarono appaiati sul traguardo. È stato molto emozionante. Mio fratello era raggiante, perché, finalmente, era riuscito a vincere il suo primo gran premio. Era da tempo che aspettava quel momento! Poi, però, purtroppo, la macchina negli altri negli altri circuiti, che avevano caratteristiche diverse, non era altrettanto veloce. Fece pochi altri piazzamenti interessanti (arrivò tre volte quarto, in Belgio, Canada e Inghilterra ndr). Successivamente, nel 1983, ci fu l'avvento del motore turbo fornito dalla Renault. Con una macchina completamente sbagliata dal progettista Martin Oglivie, che collaborò con lo stesso Chapman. La Lotus 93T era una macchina grossa, pesante, mio fratello l’ha soprannominata “la mucca”. “La mucca”, in quanto era una macchina grossa, che rollava in curva. Elio la chiamava “mucca”, proprio per quel suo atteggiamento pesante, dondolava nelle curve! Fu l’insuccesso di quella macchina che poi indusse mio fratello a cercare alternative tecniche: si interessò, ripeto, lui stesso per l’ingaggio di Gérard Ducarouge nello staff tecnico Lotus».

Come erano i contatti tra di voi? Eravate più voi a seguire lui o lui a tornare spesso a casa?

«Lui aveva sempre qualcuno di noi ai Gran Premi, o io, o mio fratello più piccolo, Andrea, oppure mio padre, comunque qualcuno di noi c’era sempre. Poi c’era il suo amico Luis Ruzzi che lo seguiva in tutti i gran premi».

L'arrivo al photofinish di Elio De Angelis nel 1982 in Austria
L'arrivo al photofinish di Elio De Angelis nel 1982 in Austria

Elio ci teneva, quindi, ad avere sempre qualcuno di voi vicino a lui, nelle varie trasferte…

«Beh, noi ci parlavamo spesso, perché, sa, io ero il più vicino a lui come età: abbiamo solo un anno e tre mesi di distanza, siamo cresciuti insieme, poi abbiamo corso insieme go-kart, eravamo molto vicini. Si può dire che Elio sembrava corresse in macchina da solo, ma in realtà era come se fossimo sempre in 3 o 4 dentro la sua macchina! Scambiavamo sempre opinioni, io andavo spesso a vederlo sul circuito, per verificare da fuori come si comportava la macchina, davo ad Elio anche delle indicazioni su di lui e sugli altri. Sui tempi e gli intertempi suoi e quelli degli altri. Poi lui ci spiegava le difficoltà alla messa a punto della macchina… Era un vivere prove e gara in maniera sempre molto diretta. In ogni caso, Elio ci teneva sempre molto a rientrare a Roma, a casa, appena gli impegni glielo consentivano».

Elio ha avuto modo di imparare anche a suonare il pianoforte…

«E’ una passione che Elio ha avuto fin da ragazzino, gli piaceva soprattutto suonare musica sua. Componeva direttamente lui stesso la sua musica. Elio era quasi un autodidatta, perché lui ha fatto solo qualche anno di pianoforte classico da ragazzino, poi, ad un certo punto, si stancò di suonare il pianoforte classico e prese a suonare musica leggera e soprattutto a comporre. Ci sono ormai, su internet, diversi filmati di Elio che suona. Elio De Angelis suonò anche durante il famoso sciopero in Sudafrica nel 1982, dove tutti i piloti si erano radunati in un capannone per manifestare contro la federazione e Balestre, il suo presidente. C’era un pianoforte e mio fratello si mise a suonare. Suonò anche in diverse altre occasioni pubbliche. Gli fu chiesto di suonare diverse volte in Germania, dove spesso era invitato, essendo Elio fidanzato con una ragazza tedesca, Ute. Ragazza bellissima, carinissima, con la quale siamo tuttora in contatto. Con Ute ci sentiamo, ci facciamo gli auguri, fa parte della famiglia. In Germania Elio era molto era molto famoso, forse più in Germania che in Italia, perché in Italia, lei sa, la Ferrari la faceva un po' da padrone, dal punto di vista dell'interesse del pubblico. I piloti italiani venivano in secondo piano. Invece Elio in Germania aveva una grande rinomanza e spesso viene invitato in occasione di Festival, presentazioni, dove, a volte, gli hanno fatto suonare il pianoforte».

Elio De Angelis al pianoforte
Elio De Angelis al pianoforte

Signor De Angelis, se la sente di parlare dell’incidente fatale del Paul Ricard?

«Sì. Elio andò al Paul Ricard subito dopo il Gran Premio di Montecarlo 1986, anno in cui era passato alla Brabham, con la famosa BT55, detta “la sogliola”. Quella Brabham era una macchina inguidabile, assurda. Elio andò alla Brabham, sapendo di andare una scuderia di primo piano, dove poter vincere il campionato del mondo, visto che alla Lotus la situazione era cambiata a suo danno. Fu stipulato un accordo con Ecclestone, con un contratto da prima guida Brabham per il 1986. Elio sperava davvero di andare a vincere il campionato del mondo, perché la Brabham aveva sempre rappresentato una squadra vincente. Purtroppo, invece, quell’anno Gordon Murray si inventò una macchina rivoluzionaria, che però si rivelò sbagliata completamente. La Brabham BT55 era una macchina non solo sbagliata, ma anche pericolosa. Mio fratello Elio lo capì subito quanto la macchina potesse essere pericolosa e me lo disse già quando la vide alla presentazione. Ed Elio questo me lo ribadì non solo durante la presentazione, ma anche dopo la prima prova che fece in pista, credo a Snetterton, in Inghilterra. Disse proprio: ”Questa è una macchina pericolosa!” La macchina, infatti, aveva delle reazioni su strada anomale, una macchina sbagliata. Era una macchina lunghissima, per poter permettere di installare il motore BMW per traverso. Inoltre era una macchina concepita molto bassa, per abbassare il più possibile il baricentro e per avere un aerodinamica molto efficiente».

«Gordon Murray aveva ipotizzato di posizionare il motore 4 cilindri BMW, che aveva i cilindri verticali, coricato su un fianco, per traverso. Però questo ha comportato necessità una decisa tecnica di allungare la macchina, che risultò di passo molto lungo, dove i pesi erano mal distribuiti. La distribuzione dei pesi era, ed è, uno degli elementi fondamentali perché una macchina funzionasse bene. Ma sulla Sogliola erano distribuiti male e la macchina non andava, nemmeno a calci!».

«Tra l'altro presentava problemi con il motore che non rendeva adeguatamente, perché, messo per traverso, per quanto lo adattassero, facendo delle modifiche direttamente alla BMW, nel tentativo di farlo funzionare correttamente, anche inclinato. Ma inutilmente: non rendeva come avrebbe dovuto rendere. Quindi, il motore in posizione innaturale, ma soprattutto deficienze di telaio, rendevano la BT55 una macchina sbagliata e Elio mi disse che era una macchina pericolosa. Questo perché aveva delle reazioni inaspettate».

«Tendeva ad andare fuori traiettoria, perdeva l'aderenza d'improvviso. Tanto che Elio mi disse: “Io posso fare qualsiasi modifica alla macchina, posso pure rivoltarla completamente, ma qualsiasi cosa io faccia, la macchina fa sempre lo stesso identico tempo sul giro!”».

Era praticamente una partita persa…

«Durante quel Gran Premio di Monaco, dove lui aveva, tra l’altro, un motore che non funzionava bene, Elio si qualificò ultimo in griglia. Il motore BMW non voleva saperne, aveva un problema tecnico che non riuscirono a risolvere, tanto che in gara Elio patì, in ultima posizione, staccato dal gruppo. Subito dopo il GP di Monaco, erano in programma delle prove, organizzare della Pirelli al Paul Ricard, giusto tre giorni dopo Montecarlo. Dopo quella gara Elio era molto abbattuto. Era così abbattuto, che ricordo un lungo colloquio con lui. Era veramente sconfortato, deluso da com'era andata nel 1985, costretto ad andarsene via dalla sua Lotus, e ora, quando puntava al mondiale 1986 con una squadra avente il potenziale per vincerlo, si rendeva conto che era invece un anno buttato, con una macchina completamente sbagliata e questo lo stava molto demoralizzando. Elio, in quel colloquio con me, era molto molto demoralizzato, tanto che ipotizzava addirittura, tra le varie ipotesi, di abbandonare la Formula 1. Io gli dissi che avrebbe potuto fare qualsiasi scelta: noi di famiglia lo avremmo appoggiato in tutto e per tutto. Elio condivideva molto con noi le sue scelte, le sue decisioni».

«Dopo il gran premio di Montecarlo era veramente abbattuto. E allora io, per tirarlo un po' su, gli dissi che, se fosse andato lui a fare le prove al Paul Ricard, lo avrei accompagnato, per tenerlo su moralmente, per prendere gli intertempi, suoi e quelli degli altri piloti. A quelle prove avrebbe dovuto partecipare Riccardo Patrese, per la Brabham, ma Elio gli chiese se avesse potuto partecipare lui, per tentare di risolvere alcuni dei numerosi problemi che aveva la sua Brabham BT55. Riccardo acconsentì».

«Poi è successo quello che è successo. Io c'ero».

Purtroppo mio fratello poteva essere salvato. Non fu salvato perché i commissari del circuito non avevano le tute ignifughe, avevano dei pantaloncini corti e avevano dei piccoli estintori per cui non potevano intervenire efficacemente per spegnere il fuoco che si era sprigionato

«Purtroppo mio fratello poteva essere salvato. Non fu salvato perché i commissari del circuito non avevano le tute ignifughe, avevano dei pantaloncini corti e avevano dei piccoli estintori per cui non potevano intervenire efficacemente per spegnere il fuoco che si era sprigionato. Purtroppo la sfortuna è stata che, ad un certo punto, mio fratello era ripartito per fare dei giri con oltre tre quarti di serbatoio pieno di carburante, al fine di verificare il comportamento della macchina con il peso. Purtroppo l’alettone posteriore si staccò nella curva più veloce del circuito. Con il pieno di carburante, l'incendio è stato inevitabile e i commissari non erano attrezzati per poter spegnere l'incendio. Altrimenti mio fratello si sarebbe salvato. Se solo avessero spento l'incendio. Dopo l’incidente di mio fratello, da lì la federazione decise che, anche per le prove private, era necessario mantenere gli standard di sicurezza previsti per i Gran Premi. Inoltre l'anno dopo fu abolito il motore Turbo, perché questi motori avevano decisamente troppa potenza: in prova erano arrivati ad avere oltre 1000 cavalli».

Elio De Angelis, dunque, ci lasciò in quel frangente. Convengo con lei che, anche oggi, Elio sia un pilota ricordato poco rispetto a quanto si meriterebbe… Questo potrebbe essere un'occasione per riparlarne di Elio e per invitare anche chi di dovere a ricordarlo, come si converrebbe per il campione che è stato e che è!

«Devo dire che ci sono stati, in questi anni, molti giornalisti che lo avevano conosciuto lo stimavano per quello che lui era, come pilota e come uomo. Hanno fatto, nel tempo, articoli per ricordarlo, devo dire senza nessun nostro intervento come famiglia, perché noi, per molti anni, ci siamo completamente eclissati per il dolore, dovuto alla mancanza di Elio da questo mondo»

«Successivamente, 3 anni fa, siamo diventati amici con il figlio di Ludovico Scarfiotti, con cui già ci si conosceva da ragazzini. Scarfiotti mi propose di organizzare un Memorial, che lui aveva già iniziato a fare due anni prima per ricordare il padre. Quell'anno mi propose di farlo per ricordare Elio. E quindi due anni fa organizzammo insieme questo Memorial Elio De Angelis nelle Marche, zona di origine del pilota Ludovico Scarfiotti. E’stata una bellissima manifestazione, dove sono riuscito a far venire le Lotus di Elio sia la 88B, che non ha mai corso, e la 91 con cui lui vinse il Gran Premio d'Austria. Siamo riusciti a farla andare sul lungomare, sulla Adriatica. Io guidavo la pace car, davanti, che era la Porsche 928S di Elio, che io ancora possiedo, ero con mio figlio Luca, Dietro avevamo la Lotus Formula 1, la 88B, guidata dall'amico Emanuele Pirro. Il quale correva con noi in go kart, all'epoca. C’era poi Beppe Gabbiani che guidava la Ralt RT1 di Elio. Io feci portare le due Lotus e le due macchine di Formula 3 di Elio».

Sono davvero felice di sentire da lei ricordata questa manifestazione! Pensa di poterla ripetere?

«Beh, quello è stato un fatto un po' unico. Non se n’è più parlato di ripetere questo evento, che avvenne a Potenza Picena. L'anno scorso l’amico Andrea Lignani, nella organizzazione di una manifestazione che avvenne a Imola, propose un ricordo di Elio in una conferenza stampa. In quell'occasione ci fu una gara di Formula 1 d'epoca. Io promossi un premio in onore di Elio, consegnai una targa, un'opera d'arte al vincitore della gara delle Formula 1 storiche. Comunque ho in mente di organizzare di altre cose».

«C'era stata una proposta di saluto, un'idea bella, secondo me, ma non siamo riusciti a realizzarla, con l'amico Lino Ceccarelli. Avrei voluto fare un Trofeo De Angelis, ma lo farò! Lo farò! Avrei voluto, avrei gradito, pensavo che sarebbe stato bello che ci fosse un patrocinio da parte dell’A.C.I., ma non è stato possibile per motivi probabilmente politici. Perché sembra che, alla federazione internazionale non fossero favorevoli, in quanto sostenevano che farlo per un pilota non rispettasse gli altri piloti scomparsi».

In quale categoria lei riterrebbe di proporre e assegnare il Trofeo De Angelis?

«In Formula 1. Io desideravo farlo con il patrocinio A.C.I., perché, alla fine, potesse essere assegnato il Trofeo Elio De Angelis in occasione della premiazione del Gran Premio d’Italia a Monza. Questa cosa è saltata per una non adesione della federazione internazionale e, soprattutto, dell’A.C.I. Ciò non toglie che si possa organizzare privatamente la cosa».

Certo organizzare premiazioni in Formula 1 è sempre molto complicato.

«Noi volevamo che il pilota premiato venisse alla zona A.C.I. a ritirare il suo premio, con diretta televisiva».

Il premio a chi andava assegnato? Al pilota più combattivo?

«Avremmo assegnato il premio al pilota che avesse raggiunto il massimo punteggio secondo certi criteri, non necessariamente doveva essere quello che vinceva il campionato. C'erano dei criteri: correttezza, velocità, risultato finale, eccetera. C’erano diversi parametri. Io ci tenevo molto che uno dei parametri fondamentali, fosse la correttezza del pilota».

«Il criterio, la linea guida del premio doveva essere il binomio: velocità e correttezza. Questa è una cosa che io vorrei fare, non solo per ricordare Elio, ma per ricordare tutti i piloti italiani. Che invece non vengono ricordati! Ne abbiamo avuti tanti di grandi piloti italiani sia campioni del mondo che non campioni del mondo».

I piloti italiani vengono ricordati poco, perché, come al solito, ci perdiamo spesso a parlare, e a sparlare tante volte, solo di Ferrari, che, naturalmente fagocita emozioni ed interesse del pubblico

«Per carità! E’ giusto parlare di Ferrari perché è diventato ormai un mito però non ci si può dimenticare dei piloti, perché le macchine senza i piloti non vanno!».

Esattamente. Assolutamente. Piloti italiani che hanno fatto la storia…

«E che, tante volte, troppe volte, ci hanno lasciato la pelle…».

Noi ricordiamo Elio e lo ammiravamo proprio per il suo essere persona buona, persona corretta, trasparente. Non fa niente se poi in Formula 1 vincono sempre quelli che giocano di sotterfugio. La vita non è fatta, non deve essere fatta di di questi giochetti, di queste dietrologie, ma è invece bello seguire l'esempio di persone, di campioni come Elio.

«Purtroppo la Formula 1 è uno spettacolo. E’ diventato sempre più uno spettacolo. Per cui il Villeneuve della situazione, quello che faceva le più grandi mattane, è diventato più importante, magari, di un pilota più concreto, più corretto che faceva sicuramente risultati migliori. Perché Villeneuve stava una volta fuori una volta dentro il circuito. Ha rotto più macchine lui, alla Ferrari, di chiunque altro! Però questa è diventata un po' la legge di questo sport che è quasi più uno spettacolo che non uno sport. Per cui, se lo spettacolo è anche quello di sfasciare le macchine, andare fuori pista, va bene così! Elio aveva un'altra idea riguardo a questo sport: lui voleva arrivare più avanti possibile alla fine del Gran Premio».

Questo senza allargare troppo i gomiti, cercando di essere sempre corretto.

«Sì, nei limiti del possibile. Quando lui poteva, cercava di battersi, ma sempre nei limiti della correttezza! C 'è stato un GP, quello del Portogallo 1985 con la Lotus, vinse Senna, dove Elio era secondo. Ed è stato secondo per mezzo Gran Premio. Dietro Elio c’era Prost, che lo voleva superare a tutti i costi. Elio avrà fatto 15 giri dalla parte interna del rettilineo per evitare che il professore lo potesse superare. Ad un certo punto Prost si è girato sul rettilineo, su una pozzanghera d'acqua. Senza riuscire a passare Elio, nonostante fosse più veloce. Questo per dire che comunque Elio correva, era veloce, faceva i suoi interessi sulla pista, ma sempre entro i limiti della correttezza».

Correttezza che lo ha sempre contraddistinto, che quella caratteristica per la quale gli abbiamo voluto bene e per la quale gli vogliamo bene anche oggi.

«Un'altra cosa che Elio pensava, a cui teneva moltissimo, era arrivare alla fine del Gran Premio. Lui riteneva, secondo me a ragione, che in due ore di gara, se avevi una macchina per stare davanti, stavi davanti. Se, invece, avevi una macchina che non poteva stare davanti, prima o poi ti avrebbero superato.In partenza Elio era sempre molto accorto. Se lei guardasse le partenze di mio fratello, nonostante lui abbia spesso guadagnato posizioni in partenza, non s'è mai intruppato con nessuno, in partenza, mai!».

«In talune occasioni, preferiva magari perdere due o tre posizioni, ma uscire indenne dalla prima curva. Oggi quanti piloti si comportano così? Ci sono piloti importanti, senza fare nomi, che aspirano a conquistare il campionato del mondo, dato che guidano una macchina importante, che, a volte, si ammucchiano alla prima curva. Questo non è ammissibile per un pilota di livello che vuole puntare al campionato del mondo! Meglio perdere tre posizioni!».

«Allora: capisco Montecarlo è un unicum, dove è fondamentale sfilare bene in partenza, perché poi i sorpassi sono estremamente difficili; puoi stare anche tutta la gara dietro e non supererai, anche sei più veloce. Ma questo vale solo a Montecarlo. In tutti gli altri gran premi, se sei più veloce, prima o poi, passi! E non vale la pena perdere la gara per recuperare una posizione. Oppure non perderne una, o due, o tre in partenza e rischiare di fare un incidente».

Elio De Angelis aveva anche queste doti di grande lucidità, oltre che di velocità e correttezza…

«Lui si comportava così per scelta. E’ per questo che Elio ammirava molto Jim Clark e Niki Lauda. Perché li riteneva dei piloti molto veloci, però corretti e molto consistenti. Erano calcolatori che sapevano fino a quale punto rischiare e qual era il limite del rischio, oltre quale il rischio diventava irrazionale». 

E quindi non valeva la pena...

«E quindi non valeva la pena»

Questo Roberto De Angelis. Ambasciatore, in questo mondo, del fratello Elio, che, chissà come, chissà perché, avrebbe voluto vincere, lui, il campionato del mondo su questa terra. Terra che non gli apparteneva, ma che evidentemente avrebbe voluto migliore. Vincendo il campionato del mondo di F.1 avrebbe dimostrato che non c’è necessariamente bisogno di essere stronzi e figli di buona donna per poter emergere, per poter primeggiare. Avrebbe dimostrato che anche lui, Elio Degli Angeli, loro rappresentate in questo mondo, avrebbe potuto vincere, battere tutti in maniera leale, limpida, con la correttezza e l’onestà. Solo con la purezza della velocità. Sono sicuro che poi ce l’avrebbe detto, ce l’avrebbe fatto notare. Che sono la lealtà, l’integrità, la correttezza, l’onestà, le qualità fondamentali, necessarie all’essere umano per esistere, coesistere, per sorridere. Lo voleva fortemente, Elio Degli Angeli, vincere su questa terra. Si vestì a lungo di nero, quasi ad accentuare il contrasto con la sua anima, con il suo cuore. Si vestì di nero perché anche gli angeli gli permettessero di stare quaggiù e provarci, provarci forte a rendere questo mondo meglio di quanto sia davvero.

Poi, forse, capì. Che non ci sarebbe stato rimedio. Non c’era speranza. Si vesti infatti di bianco, in quel 1986. Era il segnale. Che gli angeli l’avessero richiamato. Che l’avessero invitato a non soffrire più. E ad andare a vincere, le gare e i campionati, lassù.

Beppe Magni

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