F1, Brawn: «La mancanza di diversità comincia dal basso»

F1, Brawn: «La mancanza di diversità comincia dal basso»
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Ross Brawn, direttore sportivo della F1, riconosce la mancanza di diversità nella categoria, definendo le critiche mosse da Lewis Hamilton «molto valide». Cosa propone Brawn per risolvere la situazione?
9 giugno 2020

Il fatto che la Formula 1 sia dominata da anni da Lewis Hamilton non deve ingannare: sebbene il campione indisturbato degli ultimi anni sia nero, il Circus è un ambiente in cui a farla da padrone sono uomini bianchi. Mentre il mondo intero, dopo la morte di George Floyd, si accorge di quanto il razzismo, specie violento, sia molto più comune di quanto si possa ingenuamente pensare, Hamilton sta usando con intelligenza la propria voce per far capire quanto lavoro serva per cambiare le cose, a cominciare dal suo sport. Ci è voluto un accorato appello da parte del sei volte campione del mondo di F1 per indurre alcuni suoi colleghi a condannare il razzismo violento e per far sì che la F1 stessa mandasse un segnale chiaro sull'argomento tramite i propri canali social.

Il messaggio, però, sembra essere stato recepito anche dalla dirigenza della stessa F1, Ross Brawn in testa. Il responsabile sportivo della categoria ha definito «decisamente valide» le critiche mosse da Hamilton, e ha spiegato che la F1 da tempo si sta impegnando per cambiare l'ambiente. «Noi della F1 ci siamo resi conto da qualche anno che vogliamo rafforzare la diversità, sia internamente, come azienda, che esternamente. Abbiamo iniziato a lavorarci tempo fa. Abbiamo riflettuto sul fatto che la ragione per cui non c'è maggiore diversità in F1 comincia dalle radici dello sport, dalla scuola, con l'interesse per scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Con il progetto Formula 1 in Schools, siamo riusciti a coinvolgere ragazzini con background diversi tra loro. Ad esempio, il 40% delle persone coinvolte nel programma sono ragazze; è un buon punto di partenza».

Per cambiare la situazione, riconosce Brawn, serve un lavoro capillare, che parta dalla base di utenza dei kart, categoria da cui comincia la carriera di chi approda in F1. «Stiamo cercando di capire come supportare i livelli base del motorsport, per coinvolgere più bambini nel mondo dei kart sin da piccoli. La F1 è un ambiente meritocratico. Dovrebbe essere sempre così, il migliore vince. Non si può forzare nulla. Quello che possiamo fare è dare maggiori opportunità alle minoranze per entrare nel motorsport, non solo come piloti, ma anche come ingegneri». I tempi sono maturi per far sì che la F1 non sia dominata da uomini bianchi? Solo il tempo ce lo dirà.

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